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giovedì, 28 gennaio 2010

È MORTO SALINGER

jd-salingerJerome David Salinger è morto oggi, 28 gennaio 2010, a Cornish, nel New Hampshire. Aveva 91 anni. Era nato a New York il 1° gennaio del 1919.
Celebre per il suo romanzo di formazione “Il giovane Holden” (The Catcher in the Rye), pubblicato nel 1951 (e divenuto libro-simbolo di diverse generazioni), Salinger era noto anche per la sua vita caratterizzata dal grande isolamento volontario (una sorta di “auto-reclusione”, secondo qualcuno). Una vita, la sua, sempre tenuta lontana dalle luci dei riflettori.
Pochissime le immagini disponibili, altrettanto rare le interviste rilasciate nel corso della sua particolarissima carriera da scrittore.
Il suo ultimo scritto - un racconto – apparve sul “New Yorker” nel 1965. Da allora, più nulla.
Secondo una specie di leggenda metropolitana, Salinger avrebbe lasciato, in una cassaforte, diversi dattiloscritti di romanzi inediti che avrebbero dovuto vedere la luce dopo la sua morte.

Vi domando:
Avete mai letto “Il giovane Holden”?
Che ricordo ne conservate?

Dedico questo spazio, alla memoria di questo grande e peculiare scrittore.
A voi, se volete, il compito di riempirlo con commenti, pensieri, notizie e considerazioni.
Massimo Maugeri

——–

AGGIORNAMENTO DEL 1° febbraio 2010

Vorrei approfondire i temi tracciati su questo post…
Nei giorni scorsi vi avevo chiesto di riempirlo con commenti, pensieri, notizie e considerazioni (e vi ringrazio per l’ampia partecipazione). Adesso, invece, vorrei soffermarmi sulle ragioni del successo de “Il giovane Holden“.
Mi chiedo (e vi chiedo)
Perché, a vostro avviso, questo romanzo è penetrato in maniera così forte nell’immaginario collettivo di intere generazioni?

Poi vi riporto questa frase di Antonio Scurati, estrapolata da questo articolo pubblicato su “La Stampa“: “non ho mai trovato molti motivi per appassionarmi al Giovane Holden ma ho, invece, avuto numerose occasioni di soffrirne gli eredi. Certo, l’epigonia è da tempo un problema universale, e non si può imputare agli archetipi i loro epigoni, ma con i maestri della levità il problema degli epigoni si fa particolarmente pesante“.
Cosa ne pensate?

Sull’inserto Domenica de Il Sole 24Ore di ieri (cfr. pag. 34), Rick Moody sostiene che “l’ultima parte del lascito di Salinger è sicuramente il suo silenzio. (…) Per alcuni questo silenzio è stato irritante, ma dal mio punto di vista è stato parte della spiritualità che contrassegna la sua opera più recente. È stato rispettoso, esteticamente coerente e riservato.”
Che ne pensate?

E – rimanendo al domenicale del Sole – dal suo contrappunto, Riccardo Chiaberge domanda: “Salinger sarebbe mai diventato un autore di culto, un’icona del Novecento, se avesse pubblicato non uno, ma dieci o venti romanzi come John Updike o García Márquez?”
Secondo voi?

Qui in basso, il servizio di Federica Borrelli su Rai Tre.

Massimo Maugeri


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Scritto giovedì, 28 gennaio 2010 alle 20:01 nella categoria EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.

136 commenti a “È MORTO SALINGER”

Ci tenevo ad aprire un piccolo spazio per ricordare lo scrittore statunitense J. D. Salinger, morto oggi, 28 gennaio 2010, a Cornish, nel New Hampshire.

Postato giovedì, 28 gennaio 2010 alle 23:27 da Massimo Maugeri


Come ho scritto sul breve pezzo che leggete sul post, oltre a essere famoso per il romanzo “Il giovane Holden” (1951), libro-simbolo di diverse generazioni di lettori, Salinger era noto anche per la sua vita caratterizzata dal grande isolamento volontario.

Postato giovedì, 28 gennaio 2010 alle 23:29 da Massimo Maugeri


Pochissime le immagini disponibili. Quella che vedete, infatti, (la più recente a disposizione) una celebre immagine “rubata” in un supermercato.

Postato giovedì, 28 gennaio 2010 alle 23:30 da Massimo Maugeri


Secondo una leggenda metropolitana, Salinger avrebbe lasciato, in una cassaforte, diversi dattiloscritti di romanzi inediti che avrebbero dovuto vedere la luce dopo la sua morte.
Vedremo!

Postato giovedì, 28 gennaio 2010 alle 23:31 da Massimo Maugeri


Vi domando:
Avete mai letto “Il giovane Holden”?
Che ricordo ne conservate?

Postato giovedì, 28 gennaio 2010 alle 23:31 da Massimo Maugeri


Ecco… come vi dicevo, dedico questo piccolo spazio al ricordo di questo grande e peculiare scrittore.
A voi, se volete, il compito di riempirlo con commenti, pensieri, notizie e considerazioni.

Postato giovedì, 28 gennaio 2010 alle 23:32 da Massimo Maugeri


Ti sembrerà strano,caro Massimo,sembrerà strano a tutti voi,ma non ho mai letto ‘Il giovane Holden’…eppure la notizia della morte di Salinger mi ha colpita perchè alla fine,dopo aver studiato la letteratura americana e la letteratura ‘giovanile’,il suo Holden è diventato quasi uno di famiglia..mi sembra di conoscerlo da sempre..forse è il momento di conoscerlo davvero..

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 00:15 da Antonella Leogrande


http://www.marialuciariccioli.splinder.com
Leggete cosa ho scritto qualche minuto fa. Brava Antonella, forse è il momento di conoscere veramente Holden Caufield…

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 00:31 da Maria Lucia Riccioli


Non solo ho letto il giovane Holden, quando io ormai tanto giovane non ero già più e, soprattutto, lontano da ogni iniziazione, ma quasi una quindicina d’anni fa girai con un gruppo di giovani filmaker un corto da un altro racconto di Salinger, Un giorno ideale per i pescibanana, il cui protagonista maschile era un giovane e ancora sconosciuto Stefano Accorsi, pre Maxibon!

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 00:44 da alessandra frabetti


Ho letto tutte le opere di Salinger. Su di lui ho scritto oggi un post sul mio blog. Mi permetto di segnalarne il link (http://nottedinebbiainpianura.blogspot.com/2010/01/jd-salinger.html), ringraziando Massimo Maugeri per aver ricordato il grande scrittore americano.

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 01:28 da Angelo Ricci


[...] Il seguito di questo articolo: È MORTO SALINGER [...]

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 01:42 da È MORTO SALINGER


Ho letto “Il giovane Holden”. E’ un libro che mi ha lasciato un segno … Salinger coglie l’inquietudine dei giovani che cercano la propria strada, lo smarrimento, le sfide … l’atteggiamento di contestazione che caratterizza l’adolescenza…Non scorderò mai il discorso del protagonosta sulla “taglia del proprio cervello”…Quest’opera mi ha commosso tanto, trasmettendomi tante emozioni. E’ un capolavoro !

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 07:29 da Gheta


il ricordo non è ricordo ma presente ,l’inquietudine giovanile è una benedizione perchè fintanto che esiste ,significa che i nostri giovani sono pensanti e non ‘pazienti’ con doppia diagnosi psichiatrica ,vale a dire disturbi menteli di tipo organico ,procurati da abuso di droghe : spesso interrogati su questioni banalmente semplici non riescono a tenere il filo logico di una risposta non complessa quindi…
viva il giovane holden ! e grazie Salinger!

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 07:59 da teresa tofani


“Il giovane Holden”…
L’ho letto pochi anni fa, cioè da vecchio o quasi, nell’antica, eroica traduzione di Adriana Motti, che mi ha reso quella storia così deliziosamente inattuale, e mi ha messo nella disposizione d’animo di chi affronta un romanzo storico… La ribellione – non cercata, non programmata, ma spuntata così, come un frutto spontaneo dell’età – di Holden alla società e ai riti dei grandi, e al modello di bravo ragazzo che i grandi vorrebbero imporgli, mi ha commosso. Ho amato subito quel girare a vuoto di Caulfield, quell’esprimersi per iperboli, quel cinismo un po’ costruito, sbrigativo, e il bisogno sotterraneo di conferme, la ricerca scontrosa di affetti, l’insinuarsi del sospetto che vi sia un “dopo” con cui fare i conti, non solo un “durante”… C’è l’adolescenza in quel suo modo di fare, c’è tutta, a parte le differenze di gergo – l’adolescenza dei miei tempi, certo, anche quella vissuta in provincia, anche nella periferia di una provincia.
Ma rispetto all’adolescente afasico e ciondolante di oggi, Caulfield mi sembra dotato di un’eloquenza visionaria, e il suo bighellonare da un incontro all’altro mi suona quasi epico. (Ecco perché avevo trovato incongrua e un po’ frivola l’idea tirata fuori da qualcuno, forse Baricco, di ritradurre “Il giovane Holden” per adeguarlo linguisticamente ai nostri tempi: non è solo questione di lingua).

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 08:45 da Claudio Morandini


(Santo cielo, ho scritto il commento in un modo poco salingeriano… Angelo Ricci sul suo blog ha saputo invece rendere omaggio anche allo stile di Salinger, riproducendone il ritmo e i tic. Bravo, Angelo!)

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 08:50 da Claudio Morandini


Pensa Massimo, ero convinta che Salinger non fosse già da tempo tra noi. La sua presenza prescinde dalle spoglie mortali.
L’ho letto tardi, ma posso dirti che l’attualità del libro è sorprendente. E tanto più si percepisce fastidio o insofferenza per quel personaggio tanto maggiore è la proiezione che stiamo facendo su di lui. E’ uno di quei libri che ci permette di fare molte considerazioni sia di carattere puramente letterario che psicologico.
un abbraccio
Liz

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 09:25 da Liz


che brutta notizia..il libro della mia adolescenza..mi spiace, davvero tantissimo..
Che fine fanno le anatre del Central PArk quando il laghetto ghiaccia, di inverno?

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 09:38 da Maria Rosaria Mollicone


Il giovane Holden è stata una lettura importante della mia gioventù, lo ricordo ancora e in omaggio a Salinger credo lo rileggerò ora, in età matura e sono certa, nonostante il tempo trascorso, troverò ancora tra le righe quella meravigliosa inquietudine che mai come oggi dovrebbe aiutare a costruire dentro noi stessi il coraggio della consapevolezza.

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 09:50 da Lorenza Bonomi


E’ soprendente come il giovane Holden mantenga una sua freschezza dopo tutti questi anni. Ed è altrettanto sorprendente che interessi ancora i giovani delle generazioni attuali.

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 10:40 da Vincenzo


Quando un autore riesce a produrre un libro che travalica i confini del tempo, è un grande autore. Salinger è un grande autore. Rispetto ai suoi lettori, ai lettori del suo libro più famoso, la sua dipartita non cambierà nulla.

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 10:41 da marisa venturini


[...] Giornale e Libero ne scriveranno sicuramente, ma della notizia della morte di J.D. Salinger non c’è traccia in prima [...]

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 11:01 da Comunicava anche senza un cellulare | Bruno Murgia


Meravilgioso Il giovane Holden e molto attuale,unico nello stile e immortale.Sono felice di dire che è stato uno dei primi libri “importanti” letto da mia figlia,qualche anno fa,all’età di 12 anni,apprezzatissimo da lei tanto che ne ha voluto parlare ampiamente nella tesina di esame di terza media.Perciò lo consiglierei a tutti i ragazzi.Sapete tutti che uno scrittore aveva scritto il sequel del giovane Holden ed è stato bloccato nella pubblicazione del libro perchè Salinger non ha voluto?Che ne pensate? E’ lecito secondo voi che qualcuno possa andare ad intaccare il mito di un romanzo storico assumendosi il diritto di prendere una storia e un personaggio famoso e scriverci su?Come se io oggi mi svegliassi e decidessi di raccontare di Renzo e Lucia vecchi e con i nipoti che giocano in cortile….Ho parecchie perplessità….saluti a tutti.

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 11:12 da francesca giulia


Onore e gloria al grande Salinger, che riuscito a lasciare una traccia indelebile nel mondo della letteratura con un solo libro.
Io ho letto Il giovane Holden da ragazzina e m’era piaciuta assai la figura di questo libero pensatore un po’ sopra le righe, mi ci sono identificata subito. Poi l’ho riletto da adulta, e da mamma. E, oltre a me, ci ho rivisto i miei figli. Sarà per questo sapersi riciclare generazionale che questo romanzo non morirà mai.
Buon riposo, J.D.

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 11:14 da Simonetta Santamaria


Massimo permettendo,vi metto un link sull’argomento sequel,se vi va leggetelo e dite cosa ne pensate ,sono molto curiosa di sapere i pareri altrui.
http://generazionexsarasamori.ilcannocchiale.it/2009/09/08/usa_no_al_sequel_del_giovane_h.html

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 11:17 da francesca giulia


Quando lessi il Giovane Holden avevo solo 15 anni…Ricordo l’insistenza nel ripetere di essere triste e solo, infelice. Ricordo l’identificarmi in lui con la semplicità di chi sta ancora in superficie ma sente già di essere arrivata tanto a fondo.
Ricordo un passaggio : ” Quasi tutte le volte che qualcuno mi fa un regalo finisce che mi rende triste.” Una di quelle frasi che poi negli anni ti risuonano in testa tante volte e tante volte vorresti prendere in prestito, una di quelle che esprime perfettamente qualcosa che sai di provare anche tu ma che meglio non poteva essere espressa. Ricordo una copertina bellissima …

GIN A BODY MEET A BODY
COMING THROUGH THE RYE
GIN A BODY KISS A BODY,
NEED A BODY CRY?

E poi chi dopo aver letto di Holden non ha iniziato a chiedersi dove vanno le papere d’inverno quando i laghetti dei giardini gelano??

“Eccezionale.
Se c’è una parola che odio è eccezionale. E’ talmente fasulla.”

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 11:19 da Missi


Se n’è andato un grande. Il giovane Holden l’avrò letto almeno tre volte. Caro Massimo, vorrei citare qualche passo per ricordarlo. Sarebbe bello se lo facessero anche gli altri..

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 11:30 da Margherita


IL GIOVANE HOLDEN – L’INCIPIT

“Se davvero avete voglia di sentire questa storia, magari vorrete sapere prima di tutto dove sono nato e com’è stata la mia infanzia schifa e che cosa facevano i miei genitori e compagnia bella prima che arrivassi io, e tutte quelle baggianate alla David Copperfield, ma a me non mi va proprio di parlarne. Primo, quella roba mi secca, e secondo, ai miei genitori gli verrebbero un paio di infarti per uno se dicessi qualcosa di troppo personale sul loro conto”.

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 11:31 da Margherita


IL GIOVANE HOLDEN – (capitolo XV)

“Voglio dire che ho lasciato scuole e posti senza nemmeno sapere che li stavo lasciando. È una cosa che odio. Che l’addio sia triste o brutto non me ne importa niente, ma quando lascio un posto mi piace saperlo, che lo sto lasciando. Se no, ti senti ancora peggio.
Accidenti ai quattrini. Finiscono sempre col darvi una malinconia del diavolo”.

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 11:33 da Margherita


Malinconia, tanta..
Scrivo istintivamente ciò che musicalmente associo al
sempre-giovane Holden:un brano di Jackson Browne che si intitola
RUNNIN’ ON EMPTY…
L’inquietudine dei giovani di ieri, così come Salinger la rappresenta e quella
di oggi, se pure in diversi contesti..sempre uguale.
Marlene

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 12:06 da Marlene


Grazie tante a Massimo
per il Ricordo e l’Omaggio ad un Maestro indimenticabile.

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 12:08 da Marlene


IL GIOVANE HOLDEN – (capitolo XXII)

“Ad ogni modo, mi immagino sempre tutti questi ragazzi che fanno una partita in quell’immenso campo di segale eccetera eccetera. Migliaia di ragazzini, e intorno non c’è nessun altro, nessun grande, voglio dire, soltanto io. E io sto in piedi sull’orlo di un dirupo pazzesco. E non devo fare altro che prendere al volo tutti quelli che stanno per cadere nel dirupo, voglio dire, se corrono senza guardare dove vanno, io devo saltar fuori da qualche posto e acchiapparli. Non dovrei fare altro tutto il giorno. Sarei soltanto l’acchiappatore nella segale e via dicendo. So che è una pazzia, ma è l’unica cosa che mi piacerebbe veramente fare. Lo so che è una pazzia”.

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 12:15 da Margherita


IL GIOVANE HOLDEN – (capitolo XII)

“È tutto. Odio vivere a New York e via discorrendo. I tassì, e gli autobus di Madison Avenue, con i conducenti e compagnia bella che ti urlano sempre di scendere dietro, e essere presentato a dei palloni gonfiati che chiamano angeli i Lunt, e andare su e giù con gli ascensori ogni volta che vuoi mettere il naso fuori di casa, e quegli scocciatori sempre lì, da Brooks, e la gente che non fa altro”.

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 12:16 da Anonimo


IL GIOVANE HOLDEN – (capitoloIII)

“Io sono il più fenomenale bugiardo che abbiate mai incontrato in vita vostra. È spaventoso. Perfino se vado in edicola a comprare il giornale, e qualcuno mi domanda che cosa faccio, come niente gli dico che sto andando all’opera. È spaventoso”. (capitolo III)

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 12:17 da Margherita


IL GIOVANE HOLDEN – (capitolo III)

“Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l’autore fosse tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira”.

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 12:18 da Margherita


L’anonimo di un paio di commenti prima ero sempre io

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 12:19 da Margherita


IL GIOVANE HOLDEN – (capitolo XXV)

“Mi sentivo così maledettamente felice, tutt’a un tratto, per come la vecchia Phoebe continuava a girare intorno intorno. Mi sentivo così maledettamente felice che per poco non mi misi a urlare, se proprio volete saperlo. Non so perché. Era solo che aveva un’aria così maledettamente carina, lei, là che girava intorno intorno, col suo soprabito blu eccetera eccetera. Dio, peccato che non c’eravate anche voi”.

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 12:23 da Margherita


Salinger è uno dei pochi scrittori che ha lasciato traccia di sé, almeno con quel romanzo “Il giovane Holden”. Non è facile lasciare traccia di sé. Proprio no. Sarà per questo che qualche scrittorino frustrato e qualche pesudocritico cafone, sulle pagine cultura (?) di alcuni giornali di oggi, hanno sbavato sul mito?
Grande Salinger!

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 12:43 da Giorgio


L’influenza del giovane Holden nell’immaginario collettivo e nella cultura popolare è stati grandissimo.
Un esempio da brivido: Mark Chapman, l’assassino di John Lennon, aveva con sé il libro al momento dell’omicidio.
.
Qualche riferimento musicale:
- Francesco De Gregori ha intitolato un suo album dal vivo del 1990 Catcher in the Sky. In un’intervista al periodico Chitarre del dicembre 1990, il cantautore dichiarò di aver scelto il titolo perché il disco raccoglieva sue “canzoni che in qualche modo riguardano il mondo dell’adolescenza, così come nel romanzo di Salinger.”
- Anche Francesco Guccini fa ampie citazioni del “Prenditore” ne La collina dall’album del 1970 L’isola non trovata.
- Who Wrote Holden Caulfield? è il titolo di una canzone dei Green Day presente sull’album Kerplunk.
- Gli Screeching Weasel hanno invece cantato I Wrote Holden Caulfield.
- Nell’album Chinese Democracy dei Guns n Roses è presente una traccia dal titolo The Catcher in the Rye.

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 13:24 da renoir


Nella testata del mio blog, sotto “Perchè questo blog” c’è una frase tratta da “Il giovane Holden ” di Salinger: “Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere vorresti che l’ autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira”.
Grazie per il segno che è stato capace di lasciare.
Anna

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 13:45 da Anna Maspero


Anna,
anche per me Salinger è stato come un grande amico, per decenni.
Salinger, i suoi libri: fiducia nella vita, capacità (rara) di sorridere, e ridere di essa;
esempio di stile per tutti coloro che vogliono imparare a leggere davvero un libro, e anche per coloro i quali hanno perfino intenzione poi di avventurarsi nella scrittura (di qualsiasi cosa).
Da leggere e rileggere, in tal senso: “Nove racconti”.

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 14:40 da Subhaga Gaetano Failla


Salinger è rimasto nel cuore di svariate generazioni di scrittori. Già questo la dice lunga sulla sua grandezza.

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 17:54 da Maria


E’ vero che è diventato famoso con un solo libro, “Il giovane Holden”, ma che vuole dire?
Ci sono romanzieri che pubblicano un romanzo l’anno e che dopo un paio di lustri scompaiono nel nulla.

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 17:56 da Maria


Un vecchio amico è andato via…

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 18:24 da grazia


Jerome David Salinger nacque a Manhattan il 1º gennaio 1919: figlio di Sol Salinger, un ebreo di origini polacche che operava nel commercio di carni, e di Marie Jillich, di origini metà scozzesi e metà irlandesi. Quando si sposarono, la madre di Salinger cambiò il proprio nome in Miriam e si convertì all’Ebraismo; J. D. non seppe che sua madre era convertita fino al giorno del suo bar mitzvah. Jerome David fu il secondo figlio della coppia, dopo la primogenita Doris, nata nel 1911.

Il giovane Salinger frequentò le scuole pubbliche nell’Upper West Side di Manhattan, completando gli studi di base alla McBurney School, dopodiché fu felice di sottrarsi all’iperprotettività della madre iscrivendosi al Valley Forge Military Academy and College di Wayne in Pennsylvania. Nonostante avesse già in precedenza scritto sul giornalino scolastico della McBurney, è alla Valley Forge che Salinger iniziò a scrivere racconti “la notte, sotto le coperte, con l’aiuto di una pila elettrica.”

Si iscrisse poi come matricola alla New York University, ma nella primavera successiva abbandonò i corsi per accettare un lavoro su di una nave da crociera. In autunno si convinse ad apprendere il lavoro del padre nel settore dell’importazione di carne, e fu mandato presso la filiale di Vienna della società, dove perfezionò la conoscenza del francese e del tedesco.

Lasciò l’Austria solo un mese prima che il paese cadesse sotto il controllo di Hitler, il 12 marzo 1938. L’autunno seguente frequentò l’ Ursinus College di Collegeville in Pennsylvania, ma lo fece soltanto per un semestre. Nel 1939 frequentò poi il corso serale di scrittura della Columbia University. Il suo insegnante era Whit Burnett, a lungo direttore della rivista Story Magazine. Nel corso del secondo semestre Burnett capì che quel giovane autore aveva talento e, nel numero di marzo/aprile 1940 della rivista, pubblicò il racconto di debutto di Salinger, un breve ritratto di alcuni giovani senza uno scopo nella vita intitolato The Young Folks. Burnett e Salinger da allora rimasero a lungo in contatto epistolare, anche se un insieme di incomprensioni, alcune causate dalla proposta di pubblicare una raccolta di racconti a sua volta intitolata The Young Folks, finì per allontanarli.
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Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 18:53 da Biografia di J.D. Salinger - parte I


LA SECONDA GUERRA MONDIALE
Nel 1941 Salinger iniziò una relazione sentimentale con Oona O’Neill, figlia di Eugene O’Neill, a cui scriveva ogni giorno lunghissime lettere. La relazione finì quando Oona iniziò a frequentare Charlie Chaplin. Salinger fu sorteggiato per servire sotto le armi nel 1942 e, con il 12° reggimento di fanteria degli Stati Uniti, partecipò ad alcune delle più dure battaglie della seconda guerra mondiale, tra cui lo sbarco ad Utah Beach nel D-Day e la battaglia delle Ardenne. Durante l’avanzata dalla Normandia verso la Germania conobbe Ernest Hemingway, allora corrispondente di guerra da Parigi, e rimase in contatto epistolare con lui. Dopo aver letto gli scritti di Salinger, Hemingway commentò “Gesù ! Ha un talento straordinario!”.

Fu assegnato al servizio di controspionaggio, nell’ambito del quale interrogò i prigionieri di guerra, mettendo a frutto la propria conoscenza delle lingue. Fu tra i primi soldati ad entrare in un campo di concentramento liberato dagli alleati. In seguito disse alla figlia “È impossibile non sentire più l’odore dei corpi bruciati, non importa quanto a lungo tu viva.” Questa esperienza, forse, lo segnò duramente sotto il profilo emotivo (dopo la sconfitta della Germania fu ricoverato per alcune settimane in ospedale per curare una sindrome da reazione allo stress del combattimento) ed è probabile che si sia servito dei propri ricordi di guerra in molti dei suoi racconti, come For Esmé with Love and Squalor, narrato in prima persona da un soldato rimasto traumatizzato. Sia nel corso della sua esperienza di guerra che quando questa ebbe termine, continuò a pubblicare racconti su riviste di alto profilo come Collier’s Weekly e il Saturday Evening Post.

Dopo la fine della guerra, Salinger si offrì per trascorrere un periodo di sei mesi dedicato all’attività di de-nazificazione della Germania, nel corso del quale incontrò una donna tedesca di nome Shula che poi sposò nel 1945. La portò con sé negli Stati Uniti, ma il matrimonio fallì dopo appena otto mesi e Shula tornò in Germania. (Nel 1972, mentre era assieme a sua figlia Margaret, ricevette una lettera da parte di Sylvia. Guardò la busta, la stracciò e la gettò via. Disse che era la prima volta che riceveva sue notizie da quando l’aveva lasciato, ma “quando aveva chiuso con una persona, aveva chiuso per sempre”).
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Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 18:55 da Biografia di J.D. Salinger - parte II


Dal The New Yorker ai romanzi
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Nel 1948 Salinger propose al The New Yorker un breve racconto intitolato “Un giorno perfetto per i pescibanana”. Alla redazione della rivista, nota per essere severa nei giudizi, rimasero così impressionati dalla “eccezionale qualità del racconto” che i suoi editor lo accettarono immediatamente per la pubblicazione e fecero firmare allo scrittore un contratto che concedeva loro il diritto di prelazione su tutti i suoi futuri lavori. L’entusiasmo con cui “Bananafish” fu accolto, unito al fatto che a Salinger non piaceva che i racconti fossero modificati dai “furbastri”, spinse lo scrittore a pubblicare i suoi lavori quasi esclusivamente sul The New Yorker. “Bananafish” tuttavia non rappresentava in realtà la prima volta che Salinger entrava in contatto con la rivista; nel 1942 avevano accettato di pubblicare un racconto intitolato “Slight Rebellion off Madison”, in cui era presente un personaggio semi-autobiografico chiamato Holden Caulfield. Il racconto però non venne poi pubblicato a causa della guerra. “Slight Rebellion” era collegato a varie altre storie che avevano come protagonista la famiglia Caulfield, ma il punto di vista con cui vennero affrontate si spostò poi dal fratello maggiore, Vince, al minore, Holden.

Salinger aveva confidato a varie persone che sentiva che il personaggio di Holden meritava di essere il protagonista di un romanzo. Nel 1951 uscì quindi Il giovane Holden, che riscosse un immediato successo, anche se le prime reazioni della critica non furono unanimi nel giudicarlo positivamente. Nel 1953, in un’intervista rilasciata ad un giornalino scolastico, Salinger ammise che il romanzo era “una specie di autobiografia”, spiegando che “la mia adolescenza fu molto simile a quella del ragazzo del libro…. è stato un grande sollievo parlarne alla gente.”

Il romanzo è dominato dal personaggio di Holden, complesso e ricco di sfumature, e la trama è in sé piuttosto semplice. Divenne famoso per l’eccezionale abilità di Salinger nel cogliere i più complessi particolari e dettagli, per la cura delle descrizioni, per il tono ironico e per le atmosfere tristi e disperate con cui viene dipinta New York.

Tuttavia, alcuni lettori si scandalizzarono per il fatto che Salinger affrontava la religione in termini critici e dissacratori e parlava di sesso nell’adolescenza in modo aperto e disinvolto: la popolarità del libro iniziò così a vacillare. Diversi critici sostennero che il libro non andava considerato come un’opera letteraria seria, motivando l’opinione con il tono spontaneo ed informale con cui era scritto. Il romanzo fu vietato dalla censura in alcuni paesi ed in alcune scuole statunitensi per il suo uso disinvolto di un linguaggio volgare; la parola goddamn (It. “maledizione !”) vi compare 255 volte insieme ad un certo numero di fuck (It “fotti !”); sono inoltre presenti alcune situazioni piuttosto scabrose, come l’incontro con una prostituta.

Il romanzo è comunque tuttora popolarissimo, specialmente negli Stati Uniti, dove è considerato una perfetta descrizione dell’angoscia adolescenziale. È piuttosto facile trovare Il giovane Holden nella lista delle letture obbligatorie per gli studenti delle scuole superiori.

Nel luglio del 1951 il suo amico ed editor del New Yorker William Maxwell, in un articolo sulla rivista Book of the Month Club News, chiese a Salinger di spiegare quali fossero le sue influenze letterarie. Salinger disse: “Uno scrittore, quando gli viene chiesto di parlare della sua arte, dovrebbe alzarsi in piedi e gridare forte semplicemente i nomi degli autori che ama. Io amo Kafka, Flaubert, Tolstoj, Čechov, Dostoevskij, Proust, O’Casey, Rilke, Garcia Lorca, Keats, Rimbaud, Burns, E. Brontë, Jane Austen, Henry James, Blake, Coleridge. Non farò alcun nome di autori ancora in vita. Penso che non sia giusto.”

Nel 1953 Salinger pubblicò una raccolta di sette racconti tratti dal The New Yorker (tra di essi c’è “Bananafish”) oltre ad altri due che la rivista aveva rifiutato. La raccolta fu pubblicata con il titolo di Nove racconti. Anche questo libro riscosse molto successo, anche se lo scrittore, già restio a pubblicizzare i suoi lavori, non avrebbe permesso all’editore di ritrarre i suoi personaggi nelle illustrazioni della sovraccoperta perché i lettori non si creassero idee preconcette sull’aspetto che avrebbero dovuto avere.
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Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 18:58 da Biografia di J.D. Salinger - parte III


Il ritiro dalla vita pubblica
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Dopo aver raggiunto una grande notorietà grazie a Il giovane Holden, Salinger si rinchiuse gradualmente in se stesso. Nel 1953 si trasferì da New York a Cornish, nel New Hampshire. Nel periodo successivo al trasferimento nella cittadina si mostrò relativamente socievole, in particolare con gli studenti della Windsor High School, che frequentemente invitò a casa sua per ascoltare dischi e discutere di problemi scolastici. Una di questi studenti, Shirley Blaney, convinse Salinger a concederle un’intervista per la pagina dedicata alla scuola del The Daily Eagle, il quotidiano locale. Tuttavia, dopo che l’intervista della Blaney apparve in “magnifica evidenza” nella parte del giornale dedicata agli editoriali, Salinger interruppe ogni contatto con gli studenti senza alcuna spiegazione. Si fece inoltre vedere in città con frequenza molto minore, e prese a frequentare un solo amico, il giurista Learned Hand, ma anch’egli in modo piuttosto irregolare.

Nel giugno del 1955, all’età di 36 anni, sposò la studentessa Claire Douglas. In dicembre nacque la loro primogenita Margaret, mentre nel 1960 nacque il secondo figlio, Matt. Salinger insistette perché Claire abbandonasse gli studi, solo quattro mesi prima di laurearsi, e andasse a vivere con lui, cosa che la ragazza fece. Alcuni particolari del racconto Franny , pubblicato nel gennaio 1955, sono ispirati a Claire, tra cui il fatto che Claire possedeva una copia del libro La via di un pellegrino. Sia per l’isolamento della località in cui vivevano che per l’inclinazione personale dello scrittore, finirono per trascorrere lunghi periodi di tempo senza praticamente mai vedere nessuno. Margaret racconta che la madre ammise che vivere con Salinger non era facile, sia per l’isolamento che per il suo carattere dominante; inoltre era gelosa del fatto che la figlia andava sostituendola, finendo per rappresentare l’affetto principale per il marito.

La piccola Margaret era ammalata la maggior parte del tempo, ma Salinger, che seguiva i dettami della Chiesa scientista, rifiutava di portarla da un medico. Anni dopo Claire confessò a Margaret che aveva praticamente superato il limite di rottura, e aveva progettato di ucciderla per poi suicidarsi. Stava per succedere durante un viaggio a New York in compagnia del marito. Claire però fu vinta dall’impulso di prendere la figlia dall’hotel in cui alloggiavano e fuggire via con lei; dopo alcuni mesi, però, Salinger riuscì a convincerla a tornare da lui a Cornish.

Salinger pubblicò Franny e Zooey nel 1961, e Alzate l’architrave, carpentieri e Seymour. Introduzione nel 1963. Quattro lunghi racconti – due per ogni volume – in cui si sviluppava la saga della famiglia Glass, ovvero dei fratelli Seymour (già protagonista del racconto “Un giorno perfetto per i pescibanana”), Buddy, Walter, Franny, Zooey e Boo Boo.

Nonostante il Time magazine nel 1961 avesse scritto che tale saga “è lontana dall’essere completa….Salinger intende scrivere una trilogia sui Glass” da allora fino ai giorni nostri Salinger ha pubblicato soltanto un altro racconto. Il suo ultimo lavoro è stato “Hapworth 16, 1924″, un breve romanzo epistolare, scritto sotto la forma di una lunga lettera scritta dal campo estivo dal piccolo Seymour Glass, di sette anni. Proprio in quel periodo, la situazione di isolamento da amici e parenti in cui Salinger costringeva la moglie – Margaret in seguito scrisse che era una “prigioniera virtuale” – spinse Claire a separarsi da lui: era il settembre del 1966. Il divorzio venne ufficializzato nell’ottobre 1967.

Nel 1972, quando aveva 53 anni, ebbe per un anno una relazione con la diciottenne scrittrice Joyce Maynard, che già pubblicava per la rivista Seventeen. Il New York Times aveva chiesto alla Maynard di scrivere un articolo per loro che, quando il 23/4/1972 fu pubblicato con il titolo di “An Eighteen Year Old Looks Back On Life” l’aveva resa la celebrità del momento. Salinger le scrisse una lettera, mettendola in guardia sui rischi che la fama comporta. Dopo che si furono scambiati 25 lettere, l’estate successiva al primo anno trascorso all’Università Yale, la Maynard andò da Salinger.

Quell’autunno la Maynard non tornò a Yale e passò dieci mesi ospite nella casa di Salinger a Cornish; la relazione finì, disse in seguito Salinger alla figlia Margaret, perché la ragazza voleva dei figli e lui invece sentiva di non poter sopportare di nuovo dei bambini reali (al contrario dei bambini immaginari che compaiono nei suoi scritti).

Salinger continuò a scrivere con regolarità, sedendosi a tavolino per qualche ora tutte le mattine; secondo la Maynard entro il 1972 aveva già completato due nuovi romanzi. In una delle rare interviste, concessa al The New York Times nel 1974, lo scrittore spiegò: “Non pubblicare mi dà una meravigliosa tranquillità…Mi piace scrivere. Amo scrivere. Ma scrivo solo per me stesso e per mio piacere.”

Si dice che diverse volte, durante gli anni ‘70 sia stato sul punto di pubblicare uno dei suoi nuovi scritti, ma che abbia cambiato idea all’ultimo momento. Nel 1978 la rivista Newsweek scrisse che Salinger, mentre partecipava ad una festa in onore di un vecchio commilitone, disse che aveva da poco completato un “libro lungo e romantico ambientato durante la seconda guerra mondiale”, ma di quest’episodio non si sa nient’altro. Nella sua biografia Margaret Salinger ha descritto l’accurato sistema di archiviazione che suo padre usa per i manoscritti che non pubblica:” Un contrassegno rosso significa, se muoio prima di averlo finito pubblicatelo così com’è, uno blu significa pubblicatelo ma prima sottoponetelo a revisione, e così via.”

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Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 19:00 da Biografia di J.D. Salinger - parte IV


Gli anni successivi e indiscrezioni sulla sua vita
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Salinger tentò di sfuggire alla visibilità ed alla pubblica attenzione il più possibile (Ha scritto: “Il desiderio che uno scrittore ha di anonimato-oscurità è la seconda dote più importante che gli sia stata affidata”). Tuttavia dovette continuare a lottare contro le indesiderate attenzioni che riceveva come personaggio entrato nella cultura popolare. Decine di studenti e semplici lettori andarono fino a Cornish solo per riuscire a vederlo di sfuggita. Alcuni scrittori gli inviarono dei loro manoscritti. Negli anni ‘70 ed ‘80, lo scrittore Franz Douskey, solitario quanto lui e suo vicino di casa, prese l’abitudine di sviare i turisti mandandoli per una serie di stradine sterrate allontanandoli da casa Salinger ed indirizzandoli nelle cittadine circostanti.

Subito dopo essere venuto a conoscenza del fatto che lo scrittore britannico Ian Hamilton aveva intenzione di pubblicare In Search of J. D. Salinger: A Writing Life (1935-65), una sua biografia che comprendeva alcune lettere che aveva scritto ad altri autori ed amici, Salinger intentò causa per impedire l’uscita del libro. Il libro uscì nel 1988 ma con le lettere, anziché in originale, parafrasate. Il tribunale aveva stabilito che, anche se una persona può possedere fisicamente delle lettere, il linguaggio con cui sono scritte appartiene comunque all’autore. Una conseguenza imprevista della causa fu che molti dettagli della vita privata di Salinger, tra cui il fatto che aveva passato gli ultimi vent’anni scrivendo, parole sue, “Solo un’opera di fantasia… tutto qui”, divennero pubblici grazie alla trascrizione degli atti del processo. Finirono per essere ampiamente diffusi anche estratti dalle sue lettere.

Nel corso degli anni ‘80 Salinger intrattenne una relazione sentimentale con l’attrice televisiva Elaine Joyce. La relazione finì quando incontrò Colleen O’Neill, che sposò verso il 1988. La O’Neill, che è quarant’anni più giovane dello scrittore, una volta ha detto a Margaret che stavano cercando di avere un figlio.

Con una mossa a sorpresa nel 1997 Salinger concesse ad un piccolo editore, la Orchises Press, il permesso di pubblicare Hapworth 16, 1924, il racconto che in precedenza non era mai stato incluso in alcuna raccolta; la pubblicazione era prevista per quello stesso anno, e il libro fu incluso tra l’elenco delle novità di Amazon.com ed altri librai. Tuttavia è stata più volte rinviata, fino al 2002. Alla fine né fu pubblicato né fu più fissata una nuova data.

Nel 1999, venticinque anni dopo la fine della loro relazione, Joyce Maynard mise all’asta alcune lettere che Salinger le aveva scritto. La vendita servì per pubblicizzare un’autobiografia della Maynard stessa, At Home in the World: A Memoir, che uscì in quell’anno. Tra le altre indiscrezioni, il libro racconta come la madre della Maynard l’avesse consigliata su come fare colpo sull’attempato scrittore, e descrive per intero la sua relazione con lui.

Nel dibattito che seguì sia sull’autobiografia che sulle lettere, la Maynard sostenne che era stata costretta a metterle all’asta per problemi economici e che avrebbe preferito donarle alla Beinecke Library. La lettere furono acquistate per $156.500 dallo sviluppatore di software Peter Norton, che annunciò la sua intenzione di restituirle a Salinger.

L’anno seguente, sua figlia Margaret, con l’aiuto della sua seconda moglie Claire, pubblicò Dream Catcher: A Memoir. Nel suo libro di “rivelazioni”, la Salinger descrisse il terribile dominio e controllo che il padre esercitava su sua madre e sfatò molti dei miti su Salinger che erano stati diffusi dal libro di Ian Hamilton. La donna scrive: “I pochi uomini che sopravvissero a questo ne riportarono ferite nel corpo e nell’anima”, ma dopotutto per lei suo padre era “Uno dei primi soldati ad entrare in un vero campo di concentramento appena liberato”. Una delle tesi di Hamilton era che l’esperienza di Salinger e il conseguente disturbo post-traumatico da stress che aveva sofferto, lo avessero lasciato psicologicamente segnato, e che fosse incapace di affrontare l’aspetto traumatico della sua esperienza bellica. La figlia invece fa un ritratto del padre come quello di un uomo enormemente orgoglioso del suo curriculum militare, che aveva mantenuto lo stesso taglio di capelli della leva e conservato la divisa, e che per spostarsi nei suoi campi ed andare in paese usava una vecchia Jeep.

Margaret presentò al pubblico anche altre indiscrezioni sulla “mitologia” salingeriana, tra cui il suo supposto interesse per la macrobiotica e l’adesione a quella che oggi viene definita “medicina alternativa”, nonché la passione per le filosofie orientali. Poche settimane dopo la presentazione del libro, il fratello Matt, con una lettera al The New York Observer, screditò il valore dell’autobiografia. Definì lo scritto della sorella “un racconto gotico ispirato ad una nostra immaginaria infanzia” ed affermò “Non ho alcuna autorità per dire se stia alterando i fatti in modo conscio o meno. So solo che sono cresciuto in una casa molto diversa e con due genitori molto diversi da quelli descritti da mia sorella”.

Nel giugno 2009 Salinger attraverso i propri avvocati ha chiesto il divieto alla pubblicazione di 60 Years Later: Coming Through the Rye, il cui autore usa lo pseudonimo di J.D. California: si tratta di un volume presentato come il seguito del Giovane Holden, senza aver ottenuto l’autorizzazione da parte dello stesso Salinger, che del proprio capolavoro intende così tutelare il copyright assoluto, compreso il diritto di pubblicare eventuali sequels.
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Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 19:02 da Biografia di J.D. Salinger - parte V


Dalla foto rubata nel supermercato compare una anziano Salinger che guarda l’obiettivo con aria terrorizzata e pugno chiuso.
Credo che quella foto la dica lunga sul suo stato.

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 19:24 da Francesco


Vi ringrazio di cuore per i commenti rilasciati in questo post. Continuate a scrivere (se potete… e se avete voglia) e a “personalizzare” questo spazio.
Io tornerò, con calma, a intervenire domani (almeno spero).

Postato venerdì, 29 gennaio 2010 alle 21:27 da Massimo Maugeri


Massimo, credo che Salinger sia stato imitato da chissà quante persone appassionate o impegnate nella scrittura. Il suo “Il giovane Holden” ha fatto testo per quel modo così immediato, genuino, oserei dire semplice, comunque diverso di scrivere, scagliandosi nello stesso tempo – argutamente – contro il conformismo ipocrita e perbenista della borghesia in cui era stato educato. In altre parole, ha avuto il coraggio di seguire il suo istinto, rompendo gli usuali schemi narrativi, ed è stato capito, apprezzato e persino mitizzato anche se non subito.
“Il giovane Holden” l’ho letto giovanissimo, costretto, ma non ho mai smesso di leggerlo per il desiderio (velleità) di carpirne segreti e “formule”. E’ un’opera unica, inimitabile. Come inibitabili, meravigliosi e – dicendola con Gaetano Failla – utilissimi per chi intende dedicarsi alla scrittura sono i salingeriani “Nove racconti”.
Cordialità, A. B.

Postato sabato, 30 gennaio 2010 alle 03:55 da Ausilio Bertoli


Il Giovane Holden non l’ho letto… ma RILETTO mille volte. Ogni tanto ne ho bisogno e, anche leggere alcuni brani, mi fa stare bene

Postato sabato, 30 gennaio 2010 alle 09:15 da samanta


È (con alcuni racconti, non meno belli, dello stesso Salinger) uno dei libri che più hanno inciso sulla mia formazione, come su quella di tanti altri.
Arnaldo Di Benedetto

Postato sabato, 30 gennaio 2010 alle 12:35 da arnaldo di benedetto


Salinger, grande Salinger. Il motivo del suo enorme successo rimane un mistero. Mi riferisco al giovane Holden, ovviamente. Nella mia famiglia l’abbiamo letto ed amato per tre generazioni. Io, mia figlia e di recente mio nipote. Letto e riletto nella stessa traduzione d’epoca.
Chissà perché accade ciò?
Mistero.
Ma, grande Salinger, grazie per questo libro.

Postato sabato, 30 gennaio 2010 alle 13:19 da Tullio


Oh un commentino per schekerare il commentario.
Lo dico.
Quando ho letto Salinger – non mi ha lasciato niente. Avevo sui diciassette anni, e sentivo di già che piaceva a tutti quelli che si sentivano giovani ed erano un po’ alfabetizzati. Questo mi diede un senso di limite e di fastidio.Un libro scritto bene – ma non in maniera incredibile e che ha disgraziatamente prodotto valanghe di emuli, in Italia poi ci sono carretti interi di Salinger. Ma ecco più interessante per i Cultural Studies per che per la Storia della Letteratura, capisco che possano esserci dei brani gradevoli – ma almeno a me basta pensarci 3 nano secondi per trovare scrittori – anche coevi, anche conterranei, che lo superano a grandi falcate.

Postato sabato, 30 gennaio 2010 alle 14:05 da zauberei


grazie, zaub… mi sento finalmente meno extraterrestre…

Postato sabato, 30 gennaio 2010 alle 20:31 da giorgia


Mah! Ho l’impressione che l’extraterrestre sia stato proprio Salinger. Così, almeno, dimostra la sua vita.

Postato sabato, 30 gennaio 2010 alle 21:01 da Alfredo


@Grazie Zaub, lo so che per quanto riguarda gli scrittori ti riferivi a me.

Postato sabato, 30 gennaio 2010 alle 21:06 da Salvo Zappulla


Vi ringrazio per i commenti pervenuti anche qui.
Ho un po’ trascurato questo post (e me ne scuso). Ma ho intenzione di rilanciarlo in settimana, per approfondire alcuni punti.
Interessante, per esempio, la considerazione in controtendenza offerta da Zauberei.
Grazie ancora, dunque.
E buona domenica a tutti voi.

Postato domenica, 31 gennaio 2010 alle 11:05 da Massimo Maugeri


Lessi il giovane Holden intorno ai 16-17. A quell’età non potevi che rimanerene colpito e affascinato (credo), e così fu. Però poi altre letture me lo hanno fatto in parte dimenticare. Non ho mai letto altro di suo: forse dovrei leggere almeno i suoi racconti per darne un giudizio che abbia un minimo di senso, e forse prima o poi lo farò.

Postato domenica, 31 gennaio 2010 alle 19:32 da Carlo S.


Torno a questo post dedicato alla scomparsa di Salinger per ringraziarvi, intanto, per la vostra partecipazione.
Credo che qualcuno, tra gli altri, sia intervenuto/a qui per la prima volta.
Benvenuti/e!!!

Postato lunedì, 1 febbraio 2010 alle 22:07 da Massimo Maugeri


Un saluto a: Antonella Leogrande, Maria Lucia Riccioli, Alessandra Frabetti, Angelo Ricci, Gheta (ehi, Gheta!), Teresa Tofani, Claudio Morandini, Liz…

Postato lunedì, 1 febbraio 2010 alle 22:10 da Massimo Maugeri


E… Anna Maspero, Gaetano Failla, Grazia, Maria, Francesco, Samanta, Ausilio Bertoli, Arnaldo Di Benedetto, Tullio, Zauberei, Giorgia, Salvo Zappulla, Alfredo, Carlo S.

Postato lunedì, 1 febbraio 2010 alle 22:14 da Massimo Maugeri


Tra le altre cose, Francesca Giulia ha scritto: “Sapete tutti che uno scrittore aveva scritto il sequel del giovane Holden ed è stato bloccato nella pubblicazione del libro perchè Salinger non ha voluto? Che ne pensate? E’ lecito secondo voi che qualcuno possa andare ad intaccare il mito di un romanzo storico assumendosi il diritto di prendere una storia e un personaggio famoso e scriverci su?”
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La questione è “rimbalzata” su post dedicato al dibattito “letteratura e pirati”.
Ho chiesto a Simona Lo Iacono di “illuminarci” sulla questione dei diritti d’autore (e, in particolare, se la tutela dei diritti è estendibile anche ai personaggi).
Inserisco nel commento di seguito l’intervento di Simona…

Postato lunedì, 1 febbraio 2010 alle 22:17 da Massimo Maugeri


Sulla tutela dei diritti d’autore
di Simona Lo Iacono
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La normativa da richiamare è la legge speciale 22 aprile 1941, n. 633, che assicura, in generale, una serie di diritti esclusivi di utilizzazione economica dell’opera (diritti patrimoniali dell’autore) e di diritti morali a tutela della personalità dell’autore, che nel loro complesso costituiscono il “diritto d’autore”.
Tali diritti, che nascono col nascere stesso dell’opera, non si estinguono con la morte dell’autore, ma sono trasmissibili agli eredi.
Ove venga riutilizzato un personaggio di invenzione altrui, deve quindi verificarsi se l’opera letteraria sia ancora sfruttabile dagli eredi che potrebbero dolersi del plagio.
Infatti l’appropriazione del personaggio letterario può rientrare nella fattispecie del plagio.
Tuttavia la questione è semplice solo in apparenza poichè definire l’ambito del “plagio” è arduo anche a causa dell’accostamento di tale fattispecie alla “contraffazione”. E però, mentre il primo indica l’azione di chi si appropria di un’opera altrui, o di una sua parte e/o di una sua elaborazione, usurpandone la paternità, la contraffazione è lo sfruttamento economico dell’opera che avviene senza il consenso dell’autore (p.e. la pirateria discografica, o cinematografica…giusto per restare in tema di PIRATI!!!)
Dal punto di vista giuridico non esiste una definizione unitaria; la legge italiana sul diritto d’autore si limita a punire alcuni comportamenti riconducibili ai significati comuni dei due termini. Il plagio semplice si può realizzare in varie forme: per esempio attraverso la riproduzione totale e parziale dell’opera originaria, attraverso una sua elaborazione “non creativa”, oppure creativa ma abusiva e usurpatrice di paternità e camuffata attraverso un lavoro di ritaglio, di trasferimento, o di cambiamenti meramente formali; attraverso la trasformazione da una in altra forma, per esempio da forma letteraria ad artistica (es. un testo letterario fedelmente recitato da attori), o viceversa. Il plagio più semplice è quello che avviene mediante la riproduzione dell’opera o di una sua parte: sia dell’opera già pubblicata, per esempio spacciandola come propria, sia dell’opera inedita, mediante l’esercizio abusivo del diritto di prima pubblicazione. Non vi è plagio, né contraffazione, se l’opera o parte di essa viene riprodotta per uso privato.
Nel corso degli anni è emerso il problema di definire i criteri generali per il suo riconoscimento. Una giurisprudenza recente ne individua uno particolarmente interessante proprio per le opere letterarie: il diritto d’autore non tutela solo la forma esterna, ma anche la struttura e la concezione dell’opera, per questo in essa è possibile individuare un “nucleo fondamentale” che ne costituisce l’originalità creativa, di cui i terzi non possono assolutamente appropriarsi, in quanto fortemente distinto (e originale) da temi e dettagli che appartengono già al patrimonio letterario generale. Ecco che nel plagio contraffattorio di un’opera di narrativa non è sufficiente che una o più idee sviluppate in un testo trovino collocazione nell’altro, ma deve potersi cogliere una vera e propria trasposizione (copiatura) di quel “nucleo individualizzante” che caratterizza l’opera come originale, frutto dell’attività creativa dell’autore.
Pertanto, poichè i personaggi, con tutte le loro caratteristiche, costituiscono certamente un aspetto fortemente identificativo dell’opera e spesso ne decretano la riconoscibilità e persino la fama, ne deriva che un’appropriazione del personaggio costituisce plagio.
Ma anche qui le opinioni giurisprudenziali sono variegate. Talune pronunce escludono il plagio nel caso di “reimpiego” del personaggio con caratteristiche proprie, perchè in quel caso si deve parlare di “ispirazione”. Altre invece pongono mente al fatto che comunque il confronto col personaggio “originario” contribuisce alla caratterizzazione di quello “derivato”…In verità la decisione deve avvenire caso per caso, ed è tutt’altro che semplice. In genere ci si affida al riscontro di un esperto che supporti la decisione del giudice…

Postato lunedì, 1 febbraio 2010 alle 22:19 da Massimo Maugeri


Poi ho provveduto ad aggiornare il post…

Postato lunedì, 1 febbraio 2010 alle 22:20 da Massimo Maugeri


Nei giorni scorsi vi avevo chiesto di riempire questo spazio con commenti, pensieri, notizie e considerazioni (e vi ringrazio per l’ampia partecipazione).
Adesso, invece, vorrei soffermarmi sulle ragioni del successo de “Il giovane Holden“…
Mi chiedo (e vi chiedo)
Perché, a vostro avviso, questo romanzo è penetrato in maniera così forte nell’immaginario collettivo di intere generazioni?

Postato lunedì, 1 febbraio 2010 alle 22:21 da Massimo Maugeri


Poi vi riporto questa frase di Antonio Scurati, estrapolata da un articolo pubblicato su “La Stampa“ del 29/1/2010: “non ho mai trovato molti motivi per appassionarmi al Giovane Holden ma ho, invece, avuto numerose occasioni di soffrirne gli eredi. Certo, l’epigonia è da tempo un problema universale, e non si può imputare agli archetipi i loro epigoni, ma con i maestri della levità il problema degli epigoni si fa particolarmente pesante“.
Cosa ne pensate?
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Riporto, di seguito, l’intero articolo di Scurati…

Postato lunedì, 1 febbraio 2010 alle 22:22 da Massimo Maugeri


“Salinger, insostenibile peso della leggerezza”
di Antonio Scurati
(La Stampa – 29/1/2010)
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Il vecchio Jerome D. Salinger – prima padre e poi nonno del giovane Holden – ci ha lasciati. Che la terra gli sia lieve, soprattutto a lui che dallo stampo della levità forgiò il più celebre antieroe del secondo dopoguerra.

Anche nel suo caso, però, come in molti altri casi di campioni dell’evanescenza, i problemi da loro sollevati ricadono su chi si lasciano dietro. A pensarci bene, questa razza di maestri della levità produce, paradossalmente, un pesante lascito di scorie. Salinger e il suo Holden appartengono, infatti, a quella rara specie di animali volatili, aerei ed eterei, a quella rara genia di sublimi acrobati dell’inconsistenza che brilla per un istante di luce incerta tracciando una scia da cometa tossica. A noi, alle creature che rimangono a terra, passato l’istante, ci lasciano soli di fronte a un cielo se possibile ancora più vuoto. Detto altrimenti: non ho mai trovato molti motivi per appassionarmi al Giovane Holden ma ho, invece, avuto numerose occasioni di soffrirne gli eredi. Certo, l’epigonia è da tempo un problema universale, e non si può imputare agli archetipi i loro epigoni, ma con i maestri della levità il problema degli epigoni si fa particolarmente pesante.

Se penso a quanto pervicace infantilismo si è fatto scudo di quel diciassettenne vizioso, svagato, fantasioso e ipersensibile che ama ballare e leggere ma non studiare, che adora il vecchio jazz e odia il cinema, se penso a quante quote del mondo adulto abbiamo dovuto rinunciare per poterci accucciare sotto il totem dell’eterna adolescenza, se penso a quanto il culto tributato ai romanzi d’indesiderabile formazione si è reso complice di una società oramai completamente incapace di fornire una qualsiasi formazione ai propri figli, se penso a quanta insulsaggine si è contrabbandata per candida saggezza infantile, non mi dispiacerebbe, tutto sommato, metterci una pietra sopra.

Il mio problema con Salinger è, insomma, lo stesso che ho con Calvino: è un problema con i salingeriani, con i calvinisti della levità a tutti i costi e costi quel che costi. Ho già scritto, su questo stesso giornale, che l’influsso sulla cultura letteraria (e non solo) delle lezioni americane di Calvino è stato, a mio modesto parere, tra i più nocivi. In nome della sua eredità, incompresa, fraintesa, equivocata, enormi volumi d’inanità hanno potuto trovare un formidabile alibi nell’autorevole elogio della leggerezza. Vale lo stesso per Salinger.

C’è stata una stagione in cui togliere peso alle cose era, forse, la mossa giusta da fare. Ora che l’inconsistenza è diventata l’ideologia dominante, se vogliamo tornare a calcare la terra da uomini, dovremmo forse riguadagnare un po’ di gravitas. Insomma, tutta ’sta adolescenza ci ha stufato. E sospetto che Holden Caulfield sarebbe d’accordo con me.
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Fonte: La Stampa.it

Postato lunedì, 1 febbraio 2010 alle 22:25 da "Salinger, insostenibile peso della leggerezza" di Antonio Scurati (La Stampa - 29/1/2010)


Sull’inserto Domenica de “Il Sole 24Ore” di ieri (cfr. pag. 34), Rick Moody sostiene che “l’ultima parte del lascito di Salinger è sicuramente il suo silenzio. (…) Per alcuni questo silenzio è stato irritante, ma dal mio punto di vista è stato parte della spiritualità che contrassegna la sua opera più recente. È stato rispettoso, esteticamente coerente e riservato.”
Che ne pensate?

Postato lunedì, 1 febbraio 2010 alle 22:26 da Massimo Maugeri


E – rimanendo al domenicale del Sole – dal suo contrappunto, Riccardo Chiaberge domanda: “Salinger sarebbe mai diventato un autore di culto, un’icona del Novecento, se avesse pubblicato non uno, ma dieci o venti romanzi come John Updike o García Márquez?”
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Secondo voi?

Postato lunedì, 1 febbraio 2010 alle 22:27 da Massimo Maugeri


Per stasera mi fermo qui.
Auguro a tutti una serena notte.

Postato lunedì, 1 febbraio 2010 alle 22:35 da Massimo Maugeri


Io l’ho letto una volta e poi messo da parte: sono altri gli scrittori che mi fanno battere il cuore (che so…Casanova o la Dickinson, Dick o Carver, Fenoglio o Levi, Ariosto o Schultz, Cortazar o Roth, Pirandello o Bolano, Vargas Llosa o Gene Wolfe e tanti altri).
Per me è questione di proporzioni: se Salinger fosse un autore dimenticato e sconosciuto che io scovassi per caso su una bancarella dell’usato e spinto dalla curiosità comprassi Il giovane Holden per tre o quattro euro e poi lo leggessi, magari ne resterei colpito e ne parlerei con qualcuno.
Ma questa immensa fama e culto che circonda Salinger e i suoi libri mi pare davvero esagerata.
Per dire…un romanzo come Comma 22 (del 1961) è assai meno celebre del Giovane Holden (del 1951) ma lo surclassa.
E poi Il lungo addio di Chandler è del 1953, L’arpa d’erba di Truman Capote del 1951, l’immenso Lolita di Vladimir Nabokov del 1955, Il nudo e il morto di Norman Mailer è del 1948, Il migliore di Bernard Malamud è del 1952, Io sono leggenda di Richard Matheson è del 1954…
Mi sfugge, questo culto che circonda l’opera salingeriana (che a me, onestamente, dice poco).
Ma probabilmente è come (nel rock, il mio amatissimo rock) l’esagerato culto postumo per Jim Morrison: esistono decine e decine di musicisti di gran lunga superiori a lui ma infinitamente meno celebrati. Ne cito solo cinque: Ray Davies, John Fogerty, Brian Wilson, Duane Allmann e Frank Zappa che surclassano Morrison eppure non hanno un briciolo della sua fama. Perchè? Anche perchè Morrison ebbe (dal punto di vista della mitologia) la fortuna di scomparire/morire presto. E lo stesso accadde a Salinger: che scomparve presto.
E ciò fu combustibile per il suo forsennato successo, postumo in vita.

Postato lunedì, 1 febbraio 2010 alle 22:48 da luciano / idefix


Ritorno sul Giovane Holden, ribadendo come l’utilizzo – da parte di Salinger – di un io narrante fresco, di un gergo studentesco caldo, vivido, e di ripetuti sottintesi abbiano contribuito a connotare credibilmente il protagonista, ossia un adolescente in balìa del malessere diffuso tra gli studenti della sua epoca nei confronti dell’universo degli adulti, pregno di un individualismo, di un perbenismo e di un conformismo per loro (e non solo) odiosi se non ripugnanti.
Massimo, riguardo poi ai contenuti degli articoli di Antonio Scurati (La Stampa) e di Rick Moody (Il Sole 24Ore) sostanzialmente li condivido, poiché hanno messo a fuoco, da prospettive diverse, l’irrompere nella scena letteraria di un romanzo ben “diverso” e paradossalmente graffiante nella sua “levità”. Secondo me.
Certo, però, che se Salinger avesse pubblicato dieci, venti romanzi come hanno fatto, per esempio, Updike e Marquez penso che non sarebbe più diventato un autore di culto, bensì un epigono di se stesso.
Cordialmente, A. B.

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 02:17 da Ausilio Bertoli


sono d’accordo con chi sostiene che il successo di Salinger sia stato amplificato dall’alone di mistero derivante dal suo silenzio.

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 10:14 da silvana


New York, 2 feb. – (Adnkronos) –
La rivista ”The New Yorker” rende omaggio a J.D. Salinger mettendo online i tredici racconti che lo scrittore americano pubblico’ sulle sue pagine. I racconti apparvero tra il 1946 e il 1965: il primo fu ”A Perfect Day for Bananafish” e l’ultimo ”Hapworth 16, 1924”. Ma non e’ questo l’unico omaggio che la rivista amata da Salinger fara’ all’autore di ”Il giovane Holden”. Presto verra’ messo online molto altro materiale e la rivista la prossima settimana pubblichera’ uno speciale sullo scrittore scomparso a 91 anni. ”Ma adesso vogliamo rendere questi tredici racconti disponibili ai lettori sulla nostra edizione digitale”, ha annunciato la rivista.

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 11:41 da ''New Yorker'' mette on line i tredici racconti di Salinger


Ciao Massimo, ciao a tutti.
Mi ricordo del “Giovane Holden, sbocconcellato a forza sotto la pressa dell’ultimo anno di scuola superiore e ripreso, una decina di anni fa, con spirito ben più costruttivo. Sì, certo, il valore proprio di questo romanzo può essere confrontato alla pari con quello di altri che hanno scavato nei malesseri diffusi tra le età giovanili di ogni tempo, e cedere il campo a qualcosa di più immediato, più fresco. Però mi pare che un lavoro impegnativo come un romanzo abbia bisogno di travalicare il senso del soggetto e della trama, di farne lo scarno obiettivo da rivestire, via via, con una serie di considerazioni, conclusioni, narrazione di fatti collaterali ecc., che a volte esorbitano la propria importanza ben oltre il soggetto.
Soprattutto deve stimolare il lettore a porsi domande alle quali dare una risposta, a volte, non è per niente facile. Se questo complesso, chiamato romanzo, ha il maggiore impatto sul lettore grazie al tema ed all’incisività della trattazione, è proprio il carattere dell’argomentazione a captare su di esso il giudizio, favorevole o non, ed a decretarne il destino di piccolo o grande romanzo. Il segnale di tale favore a volte è riassunto in piccole straordinarie frasi, poche battute che costituiscono un inciso e rimangono nella memoria per decenni, quando non per secoli…
Mi sono chiesta tante volte anch’io dove vadano le anatre quando i laghi sono ghiacciati, e me lo chiedo ancora, pure se conosco benissimo la risposta scientifica. E’ la risposta poetica che non ho trovato.
Mi pare che Salinger abbia regalato, nel suo grande romanzo, tutto quello che mi aspetto da uno scritto che continua a piacermi, e non solo io…
Non penso che il suo mito sia cresciuto perché l’autore, consapevolmente o no, scomparve dalla vita pubblica.
Avrà avuto le sue ragioni, forse per disgusto della società o qualche problema. Chissà, non conosco bene la sua storia, ma vedo chiaramente che un intellettuale non può decidere di scomparire dal suo pubblico senza un motivo più importante dello stesso. Sarebbe proprio interessante scoprirlo…
Grazie per gli argomenti sempre intriganti Massimo.
MAril

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 12:15 da MAril


Andiamo! Se per rimanere nel mito e nell’immaginario collettivo fosse sufficiente sparire dalla circolazione, credo che sparirebbero in tanti.
Il che, per la verità, in alcuni casi, non sarebbe un male.

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 12:25 da Gino


I wasn’t a huge Salinger fan, but I’m sorry to hear of his passing — the way you’d feel if you heard an eccentric, short-tempered, but often fascinating uncle had passed away. Not as great a loss as Beverly Jensen (her marvelous The Sisters from Hardscrabble Bay will be published this summer), who wrote only one book before dying of cancer at the age of 49, or of Raymond Carver, who was barely into his 50s; Salinger was, after all, in his 90s.
But it is a milestone of sorts, because Salinger was the last of the great post-WWII American writers, and in Holden Caulfield — maybe the greatest American-boy narrator since Huck Finn — he created an authentic Voice of the Age: funny, anxious, at odds with himself, and badly lost.
Salinger’s death may answer one question that has intrigued readers, writers, and critics for nearly half a century — what literary trove of unpublished work may he have left behind? Much? Some? Or none? Salinger is gone, but if we’re lucky, he may have more to say, even so.

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 13:16 da Stephen King on J.D. Salinger


L’opinione di Scurati è piuttosto condivisibile. Sarei curiosa di conoscere anche quella di Stephen King. Siccome in inglese sono asina, non è che qualcuno tradurrebbe?

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 15:17 da Vale


@Vale Molto frettolosamente,perciò perdonamio se c’è qualche errore,ti metto la traduzione:
Io non ero un enorme fan di Salinger , ma sono dispiaciuto di sentire della sua morte- in un modo come se avessi sentito che un zio eccentrico, irritabile, ma spesso affascinante fosse passato ad altra vita. Non una così grande perdita come Beverly Jensen (il suo meraviglioso Le Sorelle dalla Baia di Hardscrabble sarà pubblicato questa estate) che scrisse solamente un libro prima di morire a causa di cancro all’età di 49 anni, o di Raymond Carver che era appena nei suoi cinquant’ anni; Salinger era, dopo tutto, un novantenne. Ma lui è una pietra miliare di generi, perché Salinger era l’ultimo grande scrittore americano del dopo guerra, ed in Holden Caulfield – forse il più grande narratore ragazzo Americano fino a Huck Finn – lui creò una Voce autentica di quell’Età: divertente, ansioso, in disaccordo con lui stesso, e maliziosamente smarrito.
La morte di Salinger potrebbe rispondere ad una domanda che ha intrigato lettori, scrittori, e critici da quasi mezzo un secolo. – che tesoro letterario di lavoro inedito ha potuto lasciarsi alle spalle? Molto?Poco? O nessuno? Salinger è andato, ma se noi siamo fortunati, lui può avere molto ancora da dire, persino ora.
…….Un caro saluto

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 16:51 da francesca giulia


N.B. King si riferisce al personaggio Huck Finn:
Le avventure di Huckleberry Finn (The Adventures of Huckleberry Finn) è un romanzo dello scrittore americano Mark Twain pubblicato nel 1884, seguito anomalo del precedente romanzo Le avventure di Tom Sawyer.
Mentre di Beverly Jensen confesso che non ne sapevo l’esistenza…

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 16:54 da francesca giulia


A Francesca Giulia.
Grazieeeeeeeeeeeee!!!

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 17:49 da Vale


Eh sì, niente di peggio degli epigoni!
Comunque in letteratura è un fenimeno diffusissimo, pensate alla profluvie dei poemi cavallereschi!
Gli AUCTORES UNIUS LIBRI, gli autori di un solo libro, nell’antichità classica erano ben visti perché significa che avevano dedicato alla lima tutta la loro vita… Pensiamo a Virgilio che lavora incessantemente e incontentabilmente all’Eneide, più modernamente pensiamo all’autore di L’AMICO RITROVATO, Fred Uhlmann, che non scrisse praticamente altro ma ci ha lasciato un gioiello, a Manzoni…

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 18:14 da Maria Lucia Riccioli


Sulla leggerezza voglio tornare, perché le lezioni calviniane sono un capolavoro. Leggerezza non vuol dire superficialità, anzi. E poi in letteratura possono coesistere gli haiku e Dante, una battuta e tutto Eschilo, Salinger e per dire Bufalino o D’Arrigo!

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 18:15 da Maria Lucia Riccioli


@luciano/idefix: di almeno 3 su 5 rocchettari che tu indichi come superiori a Morrison (Davies, Wilson, Zappa; poi al posto di Fogerty -non lo reggo proprio- metteri Robbie Robertson di The Band e al posto di Allmann, David Crosby, oppure l’altro Morrison (Van), oppure Jimi Hendrix), mi trovo d’accordo.
Di narratori superiori a Salinger poi ne conterei a bizzeffe (anche se, come ho già detto altrove, per un giudizio complessivo non basterebbe avere letto Il giovane Holden, ma almeno anche i racconti, cosa che non ho mai fatto e che forse dovrei fare), ma concordo sul fatto che la sua sparizione abbia contribuito – spesso succede – ad alimentare un mito.
E sono d’accordo con Scurati che di epigoni di Salinger ce ne siano stati (e continuino ad essercene) troppi. Quando attorno ad un romanzo nasce un genere si corre il rischio di ripetere stancamente sempre lo stesso tema fino allo sfinimento. Per un pò il genere “tira” e sono anche gli editori a incoraggiarlo (credo). Poi arriva il momento che anche i lettori meno smaliziati si stufano.
Il genere “generazionale” alla Salinger credo abbia tirato più di altri, perchè in fondo ha saputo adattarsi a generazioni sempre nuove, e a mascherare così la sua ripetitività.
Così, a “ondate”, prima o poi ricompare con il suo nuovo maquillage.

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 18:33 da Carlo S.


AVVISO IMPORTANTE AI FREQUENTATORI DI LETTERATITUDINE.
(parentesi fuori tema)
Mentre viaggiavo sulla corriera che dal paese porta in città e sfogliavo il mio quotidiano La Repubblica di oggi 2.2.2010, guarda cosa trovo pubblicato? un maxi articolo su Massimo Maugeri intitolato “il salotto sul web”. Sul paGINONE A TUTTO CAMPO Massimo viene lodato (insieme ad altri siti SICILIANI con lo stesso scopo culturale)…dentro di me penso che l’avevo capito da molto tempo: questo salotto letterario non è solo molto frequentato, ma è soprattutto “ben frequentato”. La vivacità e la partecipazione di coloro che intervengono sul sito ha un requisito base che parte proprio dal suo organizzatore, ovvero la serietà nel fare bene le cose, così come l’impegno di chi risponde alle sue domande.
Massimo, siciliano come me, come altri che vogliono di più, promotori attivi di una cultura che varca i confini dell’isola per aprirsi a dimensioni più vaste, cosmopolite.
Massimo non ti gasare, però. Ciao Rossella

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 18:46 da Rossella


Rispondo al fuori tema di Rossella (con un altro, breve, fuori tema…).
Bellissima notizia! Un ulteriore riconoscimento dell’importanza di Letteratitudine e del lavoro di Massimo (in notevole controtendenza con la grande maggioranza degli altri blog e litblog dove imperversa lo stile rissoso, urlato, insolente e non di rado anche offensivo).

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 19:13 da Subhaga Gaetano Failla


Caspita, Rossella… giuro che non ne sapevo nulla!
Lo sto apprendendo adesso da te. Grazie di cuore!
Farò di tutto per procurarmi la copia di Repubblica di oggi.
-
p.s. Vi aspetto più tardi in radio…
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/letteratitudine-radio-hinterland/

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 19:55 da Massimo Maugeri


Non ho avuto modo di recuperare la copia di Repubblica di oggi. Spero di riuscire a farlo domani. Intanto ringrazio ancora Rosella… e ringrazio di cuore anche l’amico Gaetano Failla per le belle parole.
Ne approfitto, però, per ricordare che Letteratitudine esiste grazie a voi tutti che scrivete e animate queste discussioni. Altrimenti, non avrebbe nemmeno ragion d’essere.
Grazie a voi, dunque.

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 23:11 da Massimo Maugeri


Tornando a Salinger…
Come avete visto ho aggiornato il post inserendo un video don l’intervento di Federica Borrelli sul TG3.
Lo trovate in alto…

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 23:12 da Massimo Maugeri


Ne approfitto per ringraziarvi per i nuovi commenti.
Un saluto al caro Luciano Comida, a Ausilio Bertoli, a Silvana, a MAril…

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 23:14 da Massimo Maugeri


E poi: Gino, Vale, Maria Lucia, Carlo… i già citati Rossella e Gaetano…

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 23:15 da Massimo Maugeri


Un ringraziamento speciale a Francesca Giulia, che ha tradotto “la voce” di Stephen King.
Grazie mille, Fran.

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 23:21 da Massimo Maugeri


Spero che la discussione possa continuare.
Vi ripropongo le domande…

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 23:22 da Massimo Maugeri


Avete mai letto “Il giovane Holden”?
Che ricordo ne conservate?

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 23:22 da Massimo Maugeri


Perché, a vostro avviso, questo romanzo è penetrato in maniera così forte nell’immaginario collettivo di intere generazioni?

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 23:23 da Massimo Maugeri


Salinger sarebbe mai diventato un autore di culto, un’icona del Novecento, se avesse pubblicato non uno, ma dieci o venti romanzi come John Updike o García Márquez?

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 23:24 da Massimo Maugeri


letto da ragazzo. Ricordo che mi deluse un po’ perché me lo avevano pompato tantissimo :) ma il ricordo è buono.

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 23:34 da sarmizegetusa


Una volta ho sentito una leggenda metropolitana secondo la quale Salinger ha scritto dieci romanzi, e stanno in una cassaforte o in mano a un notaio =)

Postato martedì, 2 febbraio 2010 alle 23:35 da sarmizegetusa


Grazie, Sarmizegetusa… vedremo cosa uscirà (e se uscirà qualcosa) dallo scrigno/cassaforte degli eredi di Salinger… :)
Una serena notte a tutti.

Postato mercoledì, 3 febbraio 2010 alle 00:40 da Massimo Maugeri


provo a dire la mia sull’argomento.
Avete mai letto “Il giovane Holden”?
Che ricordo ne conservate?
sì, che l’ho letto. l’ho letto come tutti i lettori degni di tal nome. ne conservo un buon ricordo. una lettura che mi è rimasta dentro.

Postato mercoledì, 3 febbraio 2010 alle 10:13 da fabio larino


Perché, a vostro avviso, questo romanzo è penetrato in maniera così forte nell’immaginario collettivo di intere generazioni?
“perchè tocca dei tasti che sono e saranno sempre presenti nelle generazioni giovani. però, per quanto mi riguarda, il giovane holden non può essere considerato un capolavoro della letteratura. un buon libro, sì

Postato mercoledì, 3 febbraio 2010 alle 10:15 da fabio larino


Salinger sarebbe mai diventato un autore di culto, un’icona del Novecento, se avesse pubblicato non uno, ma dieci o venti romanzi come John Updike o García Márquez?
chi può dirlo? in ogni caso non mi pare che John Updike o García Márquez avendo pubblicato romanzi a mucchi abbiano una fama inferiore a Salinger.

Postato mercoledì, 3 febbraio 2010 alle 10:16 da fabio larino


ho letto l’articolo di Scurati. è condivisibile in alcuni punti, in altri no.
non mi è piaciuta, per esempio, la nota contro “le lezioni americane” di Calvino che ho sempre considerato un lavoro di altissimo pregio.

Postato mercoledì, 3 febbraio 2010 alle 10:17 da fabio larino


Ho trovato l’articolo di Repubblica a cui faceva riferimento Rossella.
Il titolo è IL SALOTTO WEB IL DIBATTITO TRASLOCA SUL BLOG
Repubblica — 02 febbraio 2010 pagina 13 sezione: PALERMO
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/02/02/il-salotto-web-il-dibattito-trasloca-sul.html
Complimenti a Massimo

Postato mercoledì, 3 febbraio 2010 alle 10:23 da Vale


Sulle lezioni americane di Calvino la penso come MAria Lucia Riccioli : ‘le lezioni calviniane sono un capolavoro. Leggerezza non vuol dire superficialità, anzi.’

Postato mercoledì, 3 febbraio 2010 alle 10:24 da Vale


credo che il discorso sia molto semplice.
premesso che un libro può piacere o non piacere, anche se si tratta di un capolavoro secondo la maggior parte, una cosa è certa: il suo successo non si può costruire a tavolino.
probabilmente lo stesso salinger è rimasto sorpreso, forse travolto, dal grande successo del giovane holden.
forse è inutile domandarsi quali sono stati i motivi del successo. chi lo sa?
di certo, però, quel libro ha toccato le corde di molta gente.
che piaccia o no, è un libro che è rimasto. che si è elevato rispetto a tanti altri.
per il sol fatto che ciò sia accaduto, per quanto mi riguarda questo romanzo ha dei grandi meriti

Postato mercoledì, 3 febbraio 2010 alle 11:29 da andrew


Notizia bomba.
Il quotidiano Il Giornale ha risolto l’annoso mistero delle papere nel «Giovane Holden» http://www.ilgiornale.it/cultura/risolto_lannoso_mistero__papere_giovane_holden/02-02-2010/articolo-id=418548-page=0-comments=1

Postato mercoledì, 3 febbraio 2010 alle 11:47 da Vincenzo


se davvero dovessero uscire inediti di salinger, sono pronto a scommettere sul loro grande successo commerciale. io sarei tra i primi acquirenti.
e acquisterei a scatola chiusa.
scusate se è poco.

Postato mercoledì, 3 febbraio 2010 alle 14:04 da renoir


- Hemingway commentò “Gesù ! Ha un talento straordinario!” -
Ancora non riesco a dirmelo. Non so perchè. A lui sicuramente non gliene sarebbe importato un bel niente. A me si. Forse. D’altronde credo che non dire nulla a posteriori gli faccia proprio piacere, non dovrebbe sprecare nessuna pallottola per nessuno. Per cui nessuna parola inutile, nessun elogio, niente di niente. Un ti saluto. Sei stato un grande, hai insegnato come fare e come non fare lo scrittore in un colpo solo. Dannazione!

http://www.lalunaditraverso.com/portale/index.php?option=com_content&view=article&id=110:salinger&catid=1:raccontirubriche&Itemid=2

Postato mercoledì, 3 febbraio 2010 alle 17:10 da La Luna di Traverso


Di Salinger ho letto solo “Il giovane Holden”. Mi è piaciuto, ma non posso dire che è il miglior libro che abbia letto nella mia vita.

Postato mercoledì, 3 febbraio 2010 alle 17:38 da carmine


Dimenticavo di ringraziare per l’opinione di Stephen King (sono un suo fan).
Grazie. Molto interessante.

Postato mercoledì, 3 febbraio 2010 alle 17:39 da carmine


Un saluto e un ringraziamento a Fabio Larino, Andrew, Vincenzo, Renoir, La Luna di Traverso e Carmine…

Postato mercoledì, 3 febbraio 2010 alle 23:20 da Massimo Maugeri


E un ringraziamento specialissimo a Vale per aver linkato l’articolo su Repubblica (non ho avuto ancora modo di leggerlo in cartaceo).

Postato mercoledì, 3 febbraio 2010 alle 23:21 da Massimo Maugeri


Rimaniamo in attesa di eventuali scritti postumi di Salinger.
Intanto… se qualcuno ha altro da aggiungere… che si faccia avanti!

Postato mercoledì, 3 febbraio 2010 alle 23:22 da Massimo Maugeri


@Massimo sono io felice di essere stata utile all’amica Vale,che a mia volta ringrazio per aver linkato l’articolo di Repubblica che invano avevo cercato.
un caro saluto

Postato mercoledì, 3 febbraio 2010 alle 23:59 da francesca giulia


…dimenticavo: buonanotte!!!

Postato giovedì, 4 febbraio 2010 alle 00:00 da francesca giulia


Non sarebbe male ricordare i personaggi principali del libro di cui state parlando : Il giovane Holden.
***************************************
*************Ecco alcune schede***********
***************************************

Postato giovedì, 4 febbraio 2010 alle 12:11 da Zac


HOLDEN CAUFIELD è il protagonista degli eventi. È un ragazzo di diciassette anni dotato di un particolare senso critico e sensibilità. Eccezion fatta per la letteratura inglese, non ama studiare. Ha il vizio di fumare e di bere e per questo nel corso della vicenda gli capita di ubriacarsi. Si dichiara ateo come i genitori, ma in vari punti del romanzo mostra curiosità verso il cattolicesimo. Trascorre molto tempo a pensare e a ricordare le esperienze passate cercando di dare una risposta alle sue domande esistenziali. È dotato di una fervida fantasia, che lo porta facilmente a inventarsi personaggi e false identità. Ama la musica, soprattutto i vecchi brani jazz, ma gli piace molto anche ballare e leggere; al contrario disprezza il cinema e le persone che lo frequentano.

Postato giovedì, 4 febbraio 2010 alle 12:12 da Zac


PHOEBE CAUFIELD è la sorella di Holden. È una bambina di dieci anni, particolarmente magra ma molto loquace. È molto attaccata al fratello e lo ammira, anche se qualche volta lui la delude. Phoebe è un punto di riferimento per Holden, e ogni volta che lui si trova in difficoltà cerca di comunicarlo alla sorella per sentire il suo parere o semplicemente il suo affetto e la sua “saggezza” infantile.

Postato giovedì, 4 febbraio 2010 alle 12:12 da Zac


ALLIE CAUFIELD è il fratello minore di Holden. È morto di leucemia circa tre anni prima, all’età di 10 anni, quando il protagonista ne aveva 13. Lui ne parla molto; a volte è come se fosse lì con lui, e conserva gelosamente il suo guantone da baseball sul quale Allie aveva scritto con inchiostro verde alcune poesie, da leggere nei tempi morti delle partite. Anch’egli non agisce mai direttamente, ma risulta una proiezione di Holden. Lo vedeva come un punto di riferimento e quando questo è venuto a mancare le cose sono peggiorate.

Postato giovedì, 4 febbraio 2010 alle 12:13 da Zac


D.B. è il fratello maggiore di Holden. Ha 20 anni e fa lo scrittore. Altro punto di riferimento del giovane, soprattutto in quanto ha gusti letterari e atteggiamenti da adulto; Holden non condivide la sua scelta di scrivere per il cinema. Come Allie e Jane Gallagher questo personaggio non appare mai direttamente, ma “vive” attraverso i ricordi e i pensieri del protagonista.

Postato giovedì, 4 febbraio 2010 alle 12:13 da Zac


SALLY HAYES è una vecchia compagna di scuola di Holden. È una ragazza particolarmente carina ma smorfiosa e snob. In fondo vuole bene a Holden e quando lui torna a New York gli offre disponibilità e amicizia, anche se ciò che Holden cerca è una condivisione maggiore di quella che la superficiale Hayes può offrirgli.

Postato giovedì, 4 febbraio 2010 alle 12:14 da Zac


Il professor ANTOLINI insegna inglese a New York; è amico del protagonista dai tempi in cui insegnava in un college dal quale Holden è stato cacciato. Persona colta e saggia, si dimostra molto disponibile nei confronti del giovane ascoltandolo e ospitandolo a casa sua. Antolini tuttavia non riesce a nascondere una certa ambiguità al giovane. È sposato con una donna molto più vecchia di lui con la quale si bacia spesso in pubblico; beve molto e tiene feste. Holden, quando una notte l’uomo gli accarezza la testa mentre dorme, spaventandolo e inducendolo alla fuga, sospetta che sia un pederasta.

Postato giovedì, 4 febbraio 2010 alle 12:14 da Zac


JANE GALLAGHER è una amica d’infanzia di Holden. È una ragazza molto carina e dolce a cui Holden tiene particolarmente. Il personaggio rimane sempre sullo sfondo, evocato da Holden nei suoi ricordi, ma non agisce direttamente negli eventi; è quindi un personaggio cruciale, ma con uno statuto affatto particolare (è una sorta di proiezione di Holden, rappresenta al meglio il suo lato sensibile e contemporaneamente la sua costante rinuncia ad esso). Holden vorrebbe contattarla, ma continua a rimandare.

Postato giovedì, 4 febbraio 2010 alle 12:14 da Zac


Ve li ricordavate?
GRANDE SAL!

Postato giovedì, 4 febbraio 2010 alle 12:15 da Zac


Un VIVA!!!!! al successo di Massimo e del suo blog: se lo meritano.

Postato giovedì, 4 febbraio 2010 alle 16:24 da luciano / idefix


Grazie mille, Luciano.
Saluti a Idefix.

Postato giovedì, 4 febbraio 2010 alle 23:39 da Massimo Maugeri


Cara Fran, la tua attività “traduttoria” è più che indispensabile. Grazie.

Postato giovedì, 4 febbraio 2010 alle 23:40 da Massimo Maugeri


@ Zac
Grazie a te, Zac.
Confesso che nemmeno ricordavo più i personaggi de “Il giovane Holden” (Holden a parte, s’intende).

Postato giovedì, 4 febbraio 2010 alle 23:42 da Massimo Maugeri


Il giovane Holden esprime l’angoscia ,l’isicurezza,il continuo tentativo di fuga dei giovani di qualsiasi epoca.Forse per questo motivo è un romanzo per tutte le epoche. Io l’ho letto trent’anni fa per cui ricordo soltanto pochi particolari ed in particolare l’uso ripetuto di parole sgradevoli. Le maledizioni del giovane ricordo che allora mi hanno fatto pensare che Salinger dentro di sè accusasse qualcuno della sua difficoltà di adattamento. Perchè secondo me, la normalità della sua vita, schiva di pubblicità, il suo tenace ritiro dalla vita pubblica, lodevoli ed ammirabili,rivelano un disagio sociale o una delusione esistenziale.
O forse un modo diverso di vivere per restare nella storia abbracciato al “Giovane Holden”…. Ma forse sbaglio::::

Postato venerdì, 5 febbraio 2010 alle 04:38 da Mela Mondi


Forse arrivo un po’ tardi ma ci provo lo stesso. Per me il giovane Holden è il romanzo di un’epoca, non so se interpreta davvero le inquietudini giovanili di tutte le epoche. La cosa straordinaria semmai è un’altra: il giovane holden ha resistito e si è imposto nonostante, nel pieno della ribellione giovanile degli anni ‘60 era più frequente considerare la beat generation come rappresentativa di quella ribellione.hIn sostanza chi il romanzo l’aveva letto nel ‘51 o pochi anni dopo, forse non aveva compreso cosa annunciava, chi era nato culturalmente più tardi, rischiava di sottovalutarlo e invece no. Io lessi prima On the road, ma quando poi lessi il Giovane Holden mi resi conto dopo poche pagine che il livello era un altro e stava tutto dalla parte di Salinger. La domanda di Chiaberge mi sembra francamente sciocco e basta. Negli States l’eposizione mediatica è qualcosa che, o si cavalca correndone tutti i rischi (Mailer, Truman Capote, Kerouac, Ginzberg), oppure si sceglie di essere dei grandi solitari (Stevens, Moore, Salinger McCarthy). Se poi Salinger ha lasciato un baule come Pessoa, tanto meglio ed evviva la sua coerenza: ogni autore degno di questo nome, deve porsi anche il problema di come affrontare quel moloch che è il mercato. Quelli che ho citato prima ci hanno tutti pensato, dando risposte diverse, ma pensandoci.

Postato venerdì, 5 febbraio 2010 alle 20:57 da Franco Romanò


@ Mela Mondi
Cara Mela, grazie per essere intervenuta.

Postato sabato, 6 febbraio 2010 alle 09:42 da Massimo Maugeri


@ Franco Romanò
E grazie anche a te, caro Franco. Quello che hai scritto è importante… mi è piaciuto il parallelismo tra “On the road” e “Il giovane Holden”.

Postato sabato, 6 febbraio 2010 alle 09:43 da Massimo Maugeri


Segnalata da Paolo Di Paolo, ecco una mappa interattiva dei vagabondaggi di Holden…
http://www.nytimes.com/interactive/2010/01/28/nyregion/20100128-salinger-map.html

Postato giovedì, 11 febbraio 2010 alle 17:41 da Maria Lucia Riccioli



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