venerdì, 28 ottobre 2016
THE PASSENGER
Oggi comincia l’edizione 2016 di Lucca Comics & Games (qui il programma – qui gli ospiti): si svolgerà dal 28 ottobre al 1 novembre. Sarà a Lucca, per conto di Letteratitudine, il nostro inviato Furio Detti che intanto – nell’ambito della rubrica “Graphic Novel e Fumetti” – firma una nuova recensione dedicata al lavoro di Carlo Carlei, Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso: “The Passenger“, graphic novel a sei mani, in uscita per Tunué per la collana Prospero’s Books.
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Il passeggero scomodo di Carlei – Rizzo – Bonaccorso
“The Passenger“: la lunga, paurosa corsa nella notte della mafia
di Furio Detti
Si pensa subito alle passate telestagioni de “La Piovra”, a quella narrazione sulla Mafia e sulla Sicilia diventata patrimonio collettivo, con le sue luci e le sue ombre (e anche i suoi cliché più o meno riusciti), a sfogliare l’ultima fatica di Carlo Carlei, Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso: “The Passenger“, graphic novel a sei mani, in uscita per Tunué per la collana Prospero’s Books.
Non so dirvi perché, ma avrei proprio preferito un titolo siciliano, dialettale, per questo “cinema disegnato”, che affronta come facevano gli antichi cantastorie una storia pesante, aspra, impegnativa, viscerale e cruda, in modo comunque coinvolgente e, a tratti, anche scomodo, come avrò modo di accennare. Che so, ci sarebbe stato meglio un termine come: “U Passaggiu”, “lo strappo”. Invece il titolo è proprio da blockbuster. Che si tratti di cinema a fumetti è evidente non solo dall’intenzione di fare di questa storia un film, ma dalla presenza di un regista in veste di soggettista come Carlei (autore di film come Capitan Cosmo, Fluke, Romeo&Juliet), di uno sceneggiatore-giornalista, Rizzo (Ilaria Alpi. Il Prezzo della Verità), e delle matite di Bonaccorso (Pepppino Impastato, un giullare contro la Mafia, Que Viva el Che Guevara), i quali hanno in pratica regalato ai lettori uno storyboard “a fumetti”. Il taglio cinematografico traspare da ogni layout dell’opera – forse anche troppo, a volte.
“The Passenger” può essere un fumetto scomodo, e questo è il suo pregio migliore a mio parere. Scomodo non tanto perchè ci dice quello che ci ripetiamo da anni e anni – che la mafia è un modo di pensare, essere e di vivere più che una società criminale; che la mafia, oltre a essere la “montagna di merda” descritta da Impastato, è un potere nel potere, un magma che impregna le relazioni fra lo Stato l’Economia e le Istituzioni; che la mafia è stata storia di un’isola, la Sicilia, ma non soltanto “della Sicilia”, anzi è qualcosa di internazionale e locale insieme e per questo assai potente per il suo unire particolarismi e forze globali; no. Non è questa la scomodità di cui parlo.
Personalmente ho trovato scomodo “The Passenger” perché è una storia di uomini, è epica in senso greco, drammatico. È storia scomoda perché mi sono ritrovato alla fin fine a fare il tifo per il mafioso, per l’ultracattivone dell’albo: il gigante che domina la vicenda, il braccato e pericolosissimo boss Masino Caligiuri. Anzi, “Zu’ Masinu”: un personaggio così ben dipinto e così ben caratterizzato, vivo, da essere enormemente affascinante e per questo molto più pericoloso del coltello con cui si fabbrica la sua antica e immutabile “giustizia mafiosa”. Tanto che io, man mano che mi avvicinavo all’imprevedibile finale, mi appassionavo al suo modo di concepire la realtà delle cose:
«U Mundu è comu un pupu. S’arrevota, s’arrevota, ma alla fini simpri addritta torna. (…) A me non me ne è mai fottuto niente degli altri. Gli autri si sacrificano pure per un bene più grande. Io invece ho seminato ossa per tutta la vita. (…) Agli eroi danno una medaglia, Quannu su beddi stinnuti rintra ‘na tomba e alla fine a bannera supra a bara, u carro chi cavaddi tanto incensu che manca l’aria»
E ammiravo la spietata determinazione del lupo, della belva che non conosce altro che la sua primitiva volontà di potenza. E mi piaceva il cinismo limpido con cui Zu’ Masinu definiva la politica del potere:
«Lo sai chi sono i veri macellai, i veri pupari? Quelli in prima fila ai funerali, ca cravatta, chi chianciuno chiù forte. Lo sai chi ha messo questi nomi sotto il cemento? Te li dico all’orecchio…»
Raccontare una storia, anche una storia di mafia, in realtà non è solo inventare colpi di scena o tenerci sul filo del pericolo – oltretutto “The Passenger” mantiene la promessa cara a ogni poliziesco ben fatto – è anche fare di quella storia lo strumento, il mezzo, il mare, lo spazio in cui i personaggi crescono, diventano credibili, esercitano forze d’attrazione e di repulsione, non soltanto per la simpatia o l’antipatia con cui li mettiamo nel presepe della nostra mente, ma soprattutto perché danno voce alle nostre pulsioni, alle nostre ambizioni e passioni umane. Ci permettono di “parlare” a noi stessi e di riconoscerci per cosa siamo. O di temere anche ciò che potremmo essere. I personaggi di una bella storia ci permettono di vivere, perché ci permettono di usarli come maschere per esprimere ciò che non osiamo ammettere a alta voce davanti alla tavola imbandita, in piazza, con i nostri cari o con chi incontriamo per strada. Ci prestano la loro vita incantata, sono vivi di una finzione che ci consente di “fingere” la realtà e sopportarla col suo necessario carico di regole. E non c’è dubbio che il cattivo di “The Passenger” è uno di questi terribili sembianti. È dannatamente ben fatto e letteralmente domina la storia. Merito anche dei dialoghi di Rizzo che sono appunto cinematografici come il segno di Bonaccorso. Da qui il colpo di scena finale e le ragioni anche spietate e decisamente non ortodosse che vedranno invertirsi i ruoli. Non c’è niente di più infido di un cattivo intelligente e spietato. E non c’è niente di più inesorabile dell’ira dei giusti.
Tornando al cattivo:
«Ma u veru problema è che mortu nu giudice n’arriva subito n’autru. Non si vince accusì a guerra. Pi farisi sentiri abbisogna bombardare i monumenti. Se butti giù a torri di Pisa, quannu ‘ni fannu n’autra nuova?»
E, lo sappiamo, la mafia ha provato a farlo anche nella realtà, materialmente, come con la bomba ai Georgofili, a Firenze. Non soltando facendo scomparire dei monumenti umani come Falcone e Borsellino.
Dunque il fumetto dei nostri tre autori è un viaggio nella tenebra del thriller, sulle strade della Sicilia, in auto di un “capo dei capi”, vittima, si fa per dire, delle stesse logiche di branco dell’”onorata società”. Ma Don Masino ha un segreto che potrebbe far cadere illustri teste coronate, a Palermo e a Roma. Ha i tasselli per recuperare dei documenti compromettenti e inequivocabili; ha minacciato di rivelarli ai magistrati se per lui le cose dovessero mettersi male. Per questo si scatena una guerra fra eserciti mafiosi, polizia e spie. Il nuovo boss rampante, la nuova mafia, quella degli appalti delle grandi opere, delle holding, delle consociate, dello spaccio, rappresentata dal crudele Don Peppe Brucigliano, per sopravvivere si schiera con i pezzi deviati dello Stato contro la vecchia mafia, quella di Caligiuri e dei suoi ultimi luogotenenti. Una mafia rurale, quest’ultima, fatta di usanze ormai quasi ridicole, di formule in dialetto, di obbedienze espresse da santini, anelli e monete gettate sui morti, di bottini nascosti dietro i casali, sotto gli ulivi, o persino dentro le mummie dei Cappuccini, che si invocano come numi lari, in nome di fedeltà e legami per quanto illegali e ambigui duri a morire. Pure non c’è niente di antico, se non la stessa ferocia: l’acido che scioglie i corpi, i banchi di mercato nelle botteghe semichiuse alla Vucciria, che ospitano quel che resta di chi “ha sgarrato”, “ha fatto l’infame” una volta di troppo. Accompagnati da alcune scelte grafiche non nuove, ma ben articolate e ben amalgamate al tutto. Certo, direbbe Hitchcock, la valigia dei documenti di Zu’ Masinu è solo un MacGuffin, il pretesto per raccontare l’Italia dopo le stragi di Palermo e Capaci, l’Italia preda di una vecchia e nuova mafia che si intrecciano con i poteri forti e le grandi correnti del profitto. La scusa per raccontare una lunga notte di disperata fuga fra i picciotti di Brucigliano e i poliziotti guidati dal commissario Lizzio (forse un po’ troppo simile, nell’aspetto, al Montalbano nazionale). Alla fin fine il coprotagonista, il pacifico James Sutton, il povero turista statunitense che si trova invischiato a fare da autista al capomafia inseguito da tutti, è proprio una figura che non spicca quasi per nulla. Un povero Nuddo ammuscato cu nenti. James è costretto a fare quel che deve perché semplicemente, come molte vittime delle stragi mafiose, si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato. Lui e sua moglie, incinta, sono venuti a Palermo in vacanza, senza sospettare che Don Masino e i suoi uomini li useranno come ostaggi per fuggire. Ecco che Don Masino e James parlano di Hemingway, del suo “Il Vecchio e il Mare”, ecco che si confrontano, tra una stazione e l’altra, tra un bottino segreto e il prossimo (chiavi, documenti, passaporti, rifugi sparpagliati in città e campagna…), sulla vendetta, sul dovere, sull’onore, sul rispetto e sulla giustizia. Cosa di cui Don Masino ha la sua schietta e personale concezione:
«Io avevo uomini che si alzavano all’alba per prendere i miei ordini. Avevo un esercito e sfamavo a mezza Sicilia e oltre. Quando li fici scantari giusti chi bombi vennero da me tutti ’sti pezzi grossi. A pregarmi di fare la pace. E ora dove sono? Se hanno voltato le spalle a Nostro Signori è scritto che lo dovevano fare puru con mia.»
Ma io non sono Nostro Signore. Io sono Masino Caligiuri. Non mi scordo niente. E non perdono.»
The Passenger è tutto questo. Un lungo viaggio nella parte luminosa e quella oscura degli uomini veri, onesti, e dei mafiosi, dei macellai; della storia siciliana e della storia nazionale, in cui i nomi degli eroi, dei “Siciliani onesti”, sono naturalmente travestiti da nomi di comodo, come quello del giudice Mastorna. Fino al colpo di scena, fino al riscatto dell’imprevedibile. Fino alla giustizia, quella vera; come dice Sciascia nella citazione di apertura.
Una fine che lasciamo alla vostra curiosità e alle pagine di questo fumetto.
Perdonatemi pertanto se invito il lettore a viaggiare con gli occhi sui baloon e sulle vignette di Carlei-Rizzo-Bonaccorso con le stesse parole del boss, quelle che poi tutti, buoni e cattivi, mafiosi e onesti dovremmo sempre dire davanti a ogni bella storia:
«Parti. Nun ti scantare, e parti.»
Carlei – Rizzo – Bonaccorso, The Passenger, Tunué – Prospero’s Books, ISBN 978-88-6790-211-8
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[È possibile sfogliare le prime pagine del volume cliccando qui]
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Da un soggetto del regista Carlo Carlei – adattamento e i disegni di Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso – esce nei Prospero’s Books di Tunué The Passenger: una storia di mafia, un thriller metropolitano che indaga sui lati oscuri dell’ultimo ventennio italiano, sullo scenario di una Palermo notturna e misteriosa.
Una coppia di giovani turisti americani in viaggio di nozze in Sicilia e il boss mafioso Masino Caligiuri, latitante e braccato dalla polizia, incrociano i loro destini in un graphic novel tenebroso e imprevedibile. L’ultimo tentativo del boss di chiudere i conti con il suo passato e ricordare a chi vuole tradirlo il patto scellerato che la mafia ha stretto con lo Stato.
The Passenger, che presto diventerà un film diretto dallo stesso Carlo Carlei, è un fumetto dal ritmo serrato, capace di distinguersi dalle classiche narrazioni di mafia e in grado di rielaborare, grazie a colpi di scena mozzafiato, temi centrali come la giustizia e la vendetta.
Carlo Carlei
Filmmaker di fama internazionale e appassionato di fumetti fin da bambino, esordisce con Capitan Cosmo (1990), primo TV-movie al mondo girato in HD. Nel 1992 con La corsa dell’innocente viene candidato al Golden Globe. In seguito, la MGM gli produce Fluke, film di culto per gli amanti degli animali. Nel 1996, per la FOX, scrive la sceneggiatura di Daredevil, giudicata straordinaria dagli addetti ai lavori e mai andata in produzione a causa della bancarotta della Marvel. Scrive e dirige per la tivù miniserie di enorme successo come Padre Pio e Ferrari. Fra le altre sue opere: L’aviatore, Il Generale Della Rovere, Il giudice meschino, Il confine. Il suo ultimo film americano è Romeo & Juliet del 2013.
Marco Rizzo
Giornalista, sceneggiatore e editor Panini Comics, esordisce con Ilaria Alpi, il prezzo della verità (BeccoGiallo), Premio Micheluzzi come miglior graphic novel. Ha scritto fumetti sulle vite di Mauro Rostagno, Peppino Impastato, Che Guevara, Jan Karski e Marco Pantani, tradotti all’estero e vincitori di numerosi premi.
Lelio Bonaccorso
Fumettista, illustratore e insegnante presso le Scuole del Fumetto di Palermo e Messina. Il suo primo graphic novel è Peppino Impastato, un giullare contro la mafia, sceneggiato da Marco Rizzo. La collaborazione si rinnova con Gli ultimi giorni di Marco Pantani, Primo, Que Viva el Che Guevara, su una versione a puntate di Gli Arancini di Montalbano per La Gazzetta dello Sport e su Jan Karski l’uomo che scoprì l’Olocausto.
Nel 2014 pubblica 419 Africa Mafia, sceneggiato da Loulou Dédola.
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Tags: Carlo Carlei, Lelio Bonaccorso, Marco Rizzo, The Passenger, Tunué
Scritto venerdì, 28 ottobre 2016 alle 19:57 nella categoria GRAPHIC NOVEL E FUMETTI. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.
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