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giovedì, 24 maggio 2007

UNA LEGGE PER LEGGERE

Ho ricevuto una mail da parte di Pierluigi Defendi, uno degli amici librai, in cui mi chiede di dare visibilità all’appello "Una Legge per Leggere" e di invitare voi frequentatori di Letteratitudine ad aderire (cosa che farò anch’io) scrivendo una mail a librai.indipendenti_to@fastwebnet.it

Di legge-libro, in effetti, avevamo già avuto modo di parlarne qui.

Vi propongo di seguito il testo dell’appello e quello del Disegno di Legge N. 957 presentato al Senato nel settembre 2006 (in seguito al quale è stato poi redatto l’appello).

Cosa ve ne pare di questa iniziativa? Mi piacerebbe conoscere le vostre opinioni in merito.

(Massimo Maugeri)

.

.

Finalmente si parla di nuovo di Legge del libro.

Il disegno di legge Ripamonti sul prezzo fisso è un’occasione da non perdere per il nostro settore. La legge è una priorità da mettere in agenda non solo per le organizzazioni dei librai e i librai tutti, ma per tutti coloro che hanno a cuore il futuro del settore editoriale librario.

La necessità di mettere ordine nella giungla degli sconti non è più rinviabile. Il panorama è ormai quello di un’ininterrotta campagna promozionale. Anche le politiche di promozione della lettura, annunciate in più occasioni dal Centro per il libro, rischiano, senza una legge, di favorire i soliti noti e non tutto il settore.

Noi librai indipendenti vorremmo misurarci sul servizio, la competenza, l’assortimento e non sullo sconto. Se siamo bravi deve dirlo il mercato e i nostri lettori. Non deve dirlo lo sconto.

È importante che, come si è fatto in paesi di lunga tradizione culturale come Francia e Germania, al lettore non sia imposta la continua ricerca dello sconto più elevato.

Il libro, in quanto strumento di civiltà, richiede l’attenzione del mondo politico e di strumenti di promozione e regolamentazione per non essere vittima della semplice logica del massimo profitto. La fine della stagione della rincorsa agli sconti e delle campagne significa anche definire una volta per tutte prezzi di listino ragionevoli e adeguati e non soggetti alla pratica del ribasso promozionale.

Mentre in Francia festeggiano i 25 anni della legge sul prezzo fisso e si parla di come migliorare la legge, da noi si continua ad indugiare. Non si può più perdere neanche un giorno. Le librerie devono impegnarsi con determinazione per una legge che le tuteli e che regoli in modo serio il nostro settore. Serve una legge sul prezzo fisso e politiche di promozione che valorizzino i luoghi della lettura.

Proponiamo quindi ai colleghi di aderire a questo appello inviando l’adesione all’iniziativa «per Leggere vogliamo la Legge», allegando la nostra firma a quella dei nostri clienti, bibliotecari, scrittori, insegnanti. Le adesioni raccolte saranno inviate entro fine maggio al Ministro Rutelli e al senatore Ripamonti.

Claudio Aicardi, Carla Bernini, Tonino Bozzi, Massimo Citi, Roberto Denti, Alberto Galla, Luca Nicolini, Anna Parola, Rocco Pinto, Mario Schiavi, Marco Vola

Legislatura 15º – Disegno di legge N. 957

SENATO DELLA REPUBBLICA

     ———– XV LEGISLATURA ———–

N. 957

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa del senatore RIPAMONTI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 15 SETTEMBRE 2006

———–

Norme per la vendita del libro a prezzo fisso

———–

Onorevoli Senatori. – Garantire per legge ai libri un prezzo fisso, con sconti concordati e controllabili, significa dare al mercato librario una regola fondamentale in grado di porre tutti i soggetti (editori, autori, distributori) sullo stesso piano. È ciò che avviene, da anni ormai, in Francia e in Spagna con leggi specifiche. È ciò che manca invece in Italia, dove la grande e grandissima distribuzione sta operando una concorrenza alle librerie con sconti e supersconti (il 20 per cento normalmente sul prezzo di copertina, talora anche il 30 per cento), che trattano il libro – essenzialmente i soli best-seller – alla stregua di un detersivo o di una confezione di pomodori pelati.

    Le leggi sul prezzo fisso del libro favoriscono invece il pluralismo delle imprese editoriali, tutelando anche quelle minori e minime, le più impegnate spesso nella ricerca di nuovi autori e nella riscoperta di opere dimenticate, mantenendo quelle stesse imprese indipendenti le une dalle altre, libere comunque da catene editoriali. Favoriscono, inoltre, il mantenimento di quella distribuzione tutta speciale costituita dalle librerie, essenziali sia per gli editori meno potenti che per gli acquirenti, i quali trovano in esse un servizio insostituibile, un luogo tradizionale di incontro e di scambio culturale, tanto più importante per i quartieri delle grandi città e per i centri di provincia. L’attuale regime di sconti e supersconti praticati selvaggiamente da grandi case editrici (magari in catene di ipermercati e supermercati, collegati alla loro stessa holding) favorisce la monocultura dei best-seller, condannando tutto il resto della produzione libraria e dei librai qualificati, col sostanziale rattrappimento della già così debole rete culturale italiana.
    Nel nostro Paese, infatti, la propensione all’acquisto di libri è molto più bassa delle medie europee: nel 1990 si calcolava che, a fronte dei 121 dollari spesi da un tedesco nell’acquisto annuo di libri, stavano gli appena 48 dollari spesi da un italiano. Cifra che ci poneva al quattordicesimo posto nelle graduatorie mondiali, contro il quinto o sesto posto nella graduatoria del prodotto interno lordo per abitante. Il 10 agosto 1981, l’allora ministro francese della cultura, Jack Lang, iniziò con la legge omonima sul prezzo unico del libro una battaglia per «la libertà del libro», considerato un prodotto, anzi il prodotto, di consumo culturale più durevole. Tale legge venne approvata dai parlamentari francesi all’unanimità. Meno di dieci anni dopo, la Spagna – giovandosi dell’esperienza maturata in Francia grazie alla legge Lang – scelse la stessa strada col Real decreto 30 marzo 1990, n. 484 (che faceva seguito ad una prima misura di tutela del libro assunta dal governo spagnolo nel 1975).
    Col presente disegno di legge ci si propone dunque di seguire la via battuta, con risultati positivi, da due Paesi europei fra i più affini al nostro sul piano socio-culturale. Esso prevede tutta una ragionata serie di eccezioni al vincolo del prezzo fisso di copertina e punta ad arricchire, e non certo ad impoverire, il panorama degli editori e dei punti specializzati di vendita.
    Gli italiani acquistano pochi libri e ancor meno riviste. È un dato allarmante della crisi culturale in cui ci troviamo e da cui sarà possibile risalire se saremo in grado di dare al mercato librario regole chiare, equilibrate, davvero uguali per tutti; e se non priveremo i lettori e gli aspiranti lettori di un servizio insostituibile qual è la libreria moderna, attrezzata, completa di ogni offerta, guida consapevole e informata alle novità, soprattutto a quelle meno pubblicizzate e pubblicizzabili.
    La crisi del libro è pesante, la stagnazione del mercato è grave e grave si mantiene il divario fra Sud e Nord: Campania e Sicilia infatti sommano una popolazione residente superiore a quella della Lombardia, ma non arrivano a conquistare il 9 per cento del mercato librario nazionale contro il 21,64 per cento della Lombardia. Non serve, quindi, che altri punti di vendita qualificati vengano costretti a chiudere. Serve semmai l’esatto contrario.

 

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Obbligo di vendita a prezzo fisso)

    1. Ogni editore o importatore di libri stabilisce un prezzo fisso di vendita al pubblico, ovvero al consumatore finale, per i libri che sono pubblicati o importati, indipendentemente dal luogo in cui è effettuata la vendita o dalla procedura con cui essa è realizzata.

    2. Il prezzo di vendita al pubblico fissato ai sensi del comma 1, nel caso di pagamento in contanti, può oscillare tra il 95 per cento e il 100 per cento del prezzo fisso.
    3. Per consumatore finale si intende la persona fisica o giuridica che, senza assumere obbligazioni di acquisto o di determinati pagamenti di rata, acquista i libri per proprio uso o li cede a terzi senza che ciò costituisca una transazione commerciale.
    4. Quando il libro è venduto congiuntamente a dischi, nastri, cassette, pellicole, fotografie, diapositive, microfiches o qualsiasi altro bene, costituendo un’unica offerta editoriale, il prezzo fisso è determinato per l’insieme dei beni.
    5. Per la vendita di collane l’editore può stabilire un prezzo fisso diverso e inferiore a quello risultante dalla somma del prezzo dei singoli volumi che costituiscono la collana stessa.
    6. Nei casi di vendita a rate o a credito, possono essere stabiliti dei prezzi diversi rispetto a quelli previsti per la vendita con pagamento in contanti.
    7. Sono esclusi dall’obbligo di vendita a prezzo fisso:

        a)  i libri per i bibliofili, cioè quelli pubblicati in tiratura limitata per un ambito ristretto, numerati e di elevata qualità formale;

        b)  i libri d’arte, cioè quelli stampati, totalmente o parzialmente, con metodi artigianali per la riproduzione delle opere artistiche, quelli con illustrazioni eseguite direttamente a mano o quelli che sono rilegati in forma artigianale;
        c)  i libri antichi o quelli di edizioni esaurite;
        d)  i libri usati;
        e)  i libri fuori catalogo. Per libro fuori catalogo si intende quello che non appare più nell’ultimo catalogo dell’editore, ovvero il libro di cui l’editore ha comunicato per iscritto ai suoi canali di distribuzione e di vendita l’uscita dal catalogo. L’offerta e l’esposizione dei libri di cui alla presente lettera avvengono separatamente e in modo sufficientemente differenziato da quelle dei libri a prezzo fisso;
        f)  i libri pubblicati o importati da più di due anni, per i quali può essere applicato un prezzo inferiore a quello fissato originariamente, purché siano stati messi in vendita dagli stessi librai o venditori al dettaglio per un periodo minimo di sei mesi. L’offerta e l’esposizione dei libri di cui alla presente lettera avvengono separatamente e in modo sufficientemente differenziato da quelle dei libri a prezzo fisso;
        g)  le opere prenotate prima della loro pubblicazione.

Art. 2.

(Vendita con sconti)

    1. I libri possono essere venduti, con gli sconti massimi specificati alle lettere a) e b), nei seguenti casi:

        a)  nella Giornata del libro e nelle fiere del libro, o nei congressi o esposizioni del libro, sempre che ciò sia stato stabilito dagli enti organizzatori e purché questi appartengano ai settori dell’editoria e della commercializzazione del libro; nei casi di cui alla presente lettera lo sconto massimo può essere del 10 per cento del prezzo fisso;

        b)  quando il consumatore finale, come definito dall’articolo 1, comma 3, è costituito da biblioteche, archivi, musei, centri docenti legalmente riconosciuti ovvero istituzioni o centri con finalità scientifiche o di ricerca; nei casi di cui alla presente lettera lo sconto massimo può essere del 15 per cento del prezzo fisso.

    2. Un’offerta annuale con sconti concordati in precedenza tra editori, distributori e librai, attraverso le loro associazioni professionali rappresentative, può essere stabilita per fondi specifici, per periodi determinati e limitati nel tempo.

Art. 3.

(Edizioni speciali)

    1. Gli esemplari delle edizioni speciali destinate a istituzioni o enti ai sensi del comma 2 riportano chiaramente tale indicazione.

    2. Qualora le edizioni di cui al comma 1 siano commercializzate, esse possono essere oggetto di vendita solo ai membri delle istituzioni o degli enti ai quali sono destinate e al prezzo fissato dal loro editore.
    3. Le istituzioni o gli enti culturali di tipo associativo che agiscono come editori possono fissare un prezzo speciale per gli esemplari destinati ai loro membri o associati, purché su questi esemplari figuri chiaramente tale indicazione. L’eventuale altra parte dell’edizione è sottoposta al regime generale del prezzo fisso di vendita al pubblico stabilito dalla presente legge.

Art. 4.

(Obbligo di indicazione del prezzo fisso)

    1. L’editore o l’importatore indicano sui libri da essi pubblicati o importati il prezzo fisso, stampandolo sul libro, o mediante l’applicazione di etichette adesive, o con apposito allegato, o mediante la diffusione dei cataloghi, dei listini dei prezzi o di qualsiasi altro documento commerciale che riporti il prezzo fisso di vendita al pubblico.

    2. Su richiesta del consumatore, il libraio o il venditore al dettaglio è obbligato a mostrare il catalogo o il listino dei prezzi, le fatture o le bolle di consegna, o qualsiasi altro documento commerciale che riporti il prezzo fisso di vendita al pubblico.
    3. Il libraio o il venditore al dettaglio è responsabile del fatto che l’indicazione del prezzo figuri sui libri che sono in vendita nel suo negozio, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia.
    4. Il libraio o il venditore al dettaglio espongono altresì, in luogo visibile del loro negozio, un estratto delle norme contenute nella presente legge, secondo i termini e le modalità fissati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Art. 5.

(Azioni legali contro la concorrenza sleale)

    1. Le responsabilità amministrative per inadempienza degli obblighi stabiliti nella presente legge non sono di pregiudizio alle azioni legali che possono essere esercitate nell’ambito della legislazione specifica sulla concorrenza sleale, ove si siano verificati i presupposti del conseguimento di vantaggi competitivi acquisiti mediante l’infrazione di una norma giuridica.


Scritto giovedì, 24 maggio 2007 alle 18:40 nella categoria VOCE DI LIBRAIO. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.

34 commenti a “UNA LEGGE PER LEGGERE”

grazie per la comunicazione. aderirò senz’altro

Postato giovedì, 24 maggio 2007 alle 19:04 da marco ambrogi


Era ora. E’ da tempo che si parla di questa legge sul libro. Spero che adesso il mio libraio di fiducia la smetterà di lagnarsi.

Postato giovedì, 24 maggio 2007 alle 21:36 da Elektra


Ragazzi (ma anche ragazze, uomini, donne, nonni, nonne, ecc.), questopost è importante. Leggetelo con attenzione, please!

Postato giovedì, 24 maggio 2007 alle 22:26 da Massimo Maugeri


scusa, io non ho ben capito: dobbiamo essere a favore di una legge che ci fa pagare di più i libri?
forse c’è qualcosa di malato nel mercato dell’editoria che non va affrontato con una legge così antipatica; perché io amo leggere, ma trovo che spendere 20 euro (40.000 lire) per libri spazzatura sia immorale

Postato venerdì, 25 maggio 2007 alle 09:28 da ilse


Buongiorno
Sono un libraio (un po’ anomalo) da pochi anni. La legge sul libro in questione e’ sicuramente ritenuta giusta dalla maggioranza dei librai indipendenti mentre e’ osteggiata dai grandi editori e dalla grande distribuzione. Mi rendo d’altronde conto che per i lettori questa legge potrebbe non sembrare cosi’ giusta (come dice Massimo Maugeri nel suo post “perche’ firmare una legge per pagare di piu’ un libro …magari spazzatura”). Approfondire razionalmente e logicamente l’argomento nei dettagli richiederebbe tempo e spazio (se volete sono disponibile oppure potete chiedere al vostro libraio). E’ come se oltre che entrare nella libreria per l’acquisto di un libro vi metteste anche al posto del libraio che vi sta di fronte per poter osservare dal suo punto di vista anche tutta la filiera (grossista,distribuzione,editore) che ha alle sue spalle. Io penso che se voi siete lettori da libreria e non solo ed esclusivamente da supermercato, e magari conoscete anche direttamente il vostro libraio, beh allora la risposta se questa legge e’ giusta o no (anche per voi lettori) vi deve venire prima di tutto da un vostro “sentire” interiore di fiducia verso il mondo dei librai delle piccole e medie librerie. Naturalmente potrebbe non essere cosi’ per molti o alcuni di voi e, ci mancherebbe, va bene in ogni caso, basta non sottoscrivere la proposta.

Grazie per lo spazio.

Ps. E’ vero, i libri spazzatura stanno aumentanto.

Postato venerdì, 25 maggio 2007 alle 11:06 da Pierluigi Defendi


Pierluigi,
preciso che il commento “contrario” è di Ilse, non il mio.
Però è giusto dire che la situazione è piuttosto controversa. Avevamo avuto modo di affrontare il problema (e ne era sorto un accesso dibattito) nel post “La grande distribuzione”. Vi segnalo il link:
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/letteratitudine/2006/12/la_grande_distr.html

Certo questa legge verrebbe più incontro alle esigenze della piccola editoria e dei librai indipendenti (che però, a mio avviso, svolgono un ruolo di primaria importanza nel settore).
Per quanto riguarda la questione “prezzi particolarmente elevati” si potrebbe proporre una sorta di calmiere, anche se è vero che proliferano edizioni economiche di best seller a pochi euro (per cui chi ama leggere i più venduti può farlo “a basso costo”… a prescindere).

Postato venerdì, 25 maggio 2007 alle 12:44 da Massimo Maugeri


Intervengo per ringraziare Massimo Mauceri per lo spazio dedicato alla nostra iniziativa. E anche per lo spazio che occuperò per il mio intervento.
Si tratta di una parte dell’articolo sul tema «Legge sul libro» che apparirà nella versione cartacea della rivista LN-LibriNuovi, numero 42,in uscita a fine giugno 2007.
Credo possa essere una risposta anche alle sacrosante osservazioni di chi pensa che Legge sul libro significhi pagare senza sconto libri attualmente troppo costosi.

«Miseramente naufragata la legge adesso esistente, come il solito aggirata da una serie impressionante di deroghe, è tempo di ammettere che in Italia non esiste alcuna legge che tuteli la produzione editoriale libraria e il commercio librario.
E qui cedo la parola a Milly Semeraro, dell’ANARPE (Associazione Nazionale Rappresentanti e Promotori editoriali), citando un suo intervento apparso su Bookshop di maggio 2007:

[…] In Inghilterra, unico paese europeo ad aver sciolto – dopo quasi un secolo – gli accordi sul prezzo fisso […] nel giro di qualche anno le librerie indipendenti sono quasi scomparse, la catena libraria Ottakar’s è stata acquisita da Waterstone’s e attualmente gira voce che l’americana Borders voglia cedere la sua filiale inglese per uscire dal ginepraio degli sconti selvaggi […]. Il risultato si riassume in una guerra tra grandi gruppi del retail librario, vinta però dalla grande distribuzione. A completamento del quadro: il prezzo medio di copertina è aumentato più di altri generi, […] gli sconti [sui bestseller] sono ormai stabilmente in zona 50% e la distribuzione a questo punto può anche influenzare la produzione.

I risultati di una simile politica di deregulation si possono così riassumere:
– scomparsa di una rete estesa sul territorio di piccoli punti vendita indipendenti.
– alti prezzi di copertina ai quali fanno in apparenza da argine alti sconti, in genere applicati, tuttavia, soltanto sui titoli «ad alta rotazione». Se è possibile trovare Harry Potter a 4 sterline, in sostanza, è perché molti altri titoli costano parecchio di più. E niente sconto.
– «non si fa perché non si vende. O almeno perché noi non lo acquisteremo». La distribuzione è in grado di determinare la produzione editoriale. Alla faccia della libertà di stampa.
Tutelare il prezzo fisso può significare, come in Spagna, Francia e Germania, la possibilità di salvaguardare (ed estendere) la rete dei piccoli punti vendita. Prezzi di copertina stabilmente più bassi, dal momento che finirà il giochetto «costa dieci, ma per due mesi lo puoi pagare sette» come cesseranno le sciocche e stucchevoli campagne pubblicitarie esclusivamente centrate sulla riduzione del prezzo di copertina. Indipendenza da grande distribuzione e catene librarie che «salvano una tiratura» ma possono anche impedirla.
Tre ottimi motivi per sostenere questa legge. »
«

Postato venerdì, 25 maggio 2007 alle 13:21 da Massimo Citi


a me piacerebbe una legge tipo “libri gratis per tutti”: un buono lettura annuo fornito dal governo al cittadino e da spendere nelle librerie. non sarebbe male come idea, o mi sbaglio?

Postato sabato, 26 maggio 2007 alle 10:27 da senzasoldi


Ciao Senzasoldi,
un nome che la dice lunga il tuo.
Ho letto il commento che hai scritto e ho sorriso. Sai perché? Perché ho immaginato questa sorta di sussidio governativo sotto forma di assegni ad personam. E poi ho immaginato una specie di mercato nero dove la maggior parte delle persone svendeva i buoni libro per ricavare qualcosa da utilizzare per l’acquisto di prodotti “meno inutili” dei libri, come le ricariche per i cellulari, per esempio.

Postato sabato, 26 maggio 2007 alle 11:03 da Elektra


Cari amici,

saltando a pie’ pari l’iter della discussione in merito al d.d.l. Ripamonti (io di Legge me ne intendo pochino), vorrei dire che in Italia, gli editori che vogliano realizzare delle collane economiche possono benissimo farle mettendo un prezzo di cinque o sei euro a ogni volume, non c’e’ problema.
Pertanto, limitare gli sconti mi sembra un provvedimento giusto. Dunque anche l’On. Ripamonti ha colto nel segno, per dare un po’ di respiro ai librai veri, quelli che di libri ne capiscono sul serio.

Sergio Sozi

Postato sabato, 26 maggio 2007 alle 20:10 da Sergio Sozi


Io trovo l’iniziativa lodevole. Anch’io, come tutti, ho comperato dei libri al supermercato, dove in genere fanno lo sconto del 15%. Ma sono sempre stati un “di più”, facevo la spesa e, come altri si prendono per capriccio il dolcetto o qualcosa del genere, io mi prendevo il libro. In libreria ho sempre speso molto, da quando ero ragazzina, e trovo che sia la libreria il luogo deputato per acquistare un libro. Certo, questa è utopia, ma almeno il prezzo fisso non penalizza i librai, che sono coloro che fanno un mestiere bellissimo, ma molto difficile, visti i tempi. E comunque, si spendono tanti soldi per stupidaggini, spendere per un libro (che non sia spazzatura, ma questo dipende anche da noi), è spendere per la nostra anima.

Postato sabato, 26 maggio 2007 alle 20:44 da Marina


L’argomento è interessante caro Massimo, naturalmente cambiando la prospettiva di osservazione della questione, il giudizio che se ne determina è differente. Ho letto con attenzione il disegno di legge del Senatore Ripamonti, ho visitato anche il suo blog, ad una rapida occhiata non si trova traccia del suddetto disegno, se così fosse è strano… Comunque, se in Italia non si legge molto, non credo che il problema sia attribuibile alla dittatura della grande distribuzione, che per altro non ho in simpatia, anzi… forse le ragioni hanno sfumature più sociologiche, sulle quali non pretendo di soffermarmi. Sono favorevole alla vendita dei libri nei supermercati, nelle edicole, dai benzinai, negli uffici postali, si tratta dei soliti autori noti, ma chissà che un giorno non si manifesti il coraggio di offrire anche altro? Comprendo le difficoltà di reggere l’urto di un mercato editoriale come il nostro, che del resto è figlio di una società del terzo millennio, assuefatta a cruenti logiche di profitto, proprio per questo credo occorra trovare forme di distribuzione alternative. Quali? La rete, i mercatini, le metropolitane, per esempio, ci vuole il coraggio di non cercare i soliti nomi, noti o “quasi noti”, ammiro molto le iniziative di Baraghini, o altre che da poco hanno preso piede. Nessuna pretesa di dire nulla di originale, ma questo voler demandare alla politica questioni di ordine prettamente organizzativo non mi piace. E’ notoria la difficoltà delle piccole librerie, come di altre strutture commerciali, non ho ricette, ma credo che dovrebbero assumere una forma più itinerante, sganciarsi dalla logica stantia del negozio e offrirsi in spazi aperti, andando incontro alla gente. Sicuramente è impossibile sfidare le corazzate, per questo occorre sfruttare l’inventiva, la creatività, chi non è in grado di fare questo è giusto che cambi mestiere.
ciao

Postato sabato, 26 maggio 2007 alle 21:15 da Gianluca Parravicini


Ciao Gianluca,
grazie per il tuo intervento. Sicuramente la creatività e l’inventiva aiutano anche nel mestiere di libraio. Pienamente d’accordo. Del resto, molti dei librai che conosco si impegnano tantissimo anche in questo senso.

Postato sabato, 26 maggio 2007 alle 22:06 da Massimo Maugeri


Io mi permetto, invece, di dissentire profondamente dal sig. Parravicini, il cui intervento sintetizza un punto di vista del tutto legato ad un’ottica liberistica applicata alla cultura. Non ci siamo. Non ci siamo come se qualcuno dicesse a degli operai, licenziati dopo vent’anni di lavoro in fabbrica: ”Beh che aspettate? Mettete in moto le meningi e procuratevi da soli un altro impiego”. Grazie! Altro che! E’ invece lo Stato Repubblicano a dover tutelare certe forme arcaiche (e dunque spesso ben collaudate)di impiego culturalmente indispensabile dalla pazzia liberistica d’oggidi’.
Le librerie devono essere aiutate, signor Parravicini. Se no, le perderemo noi tutti, e niente le potra’ MAI sostituire. Niente. Nemmeno la fantasia – che forse Lei immagina carica di capacita’ taumaturgiche eccessive od inesistenti.

Ma siamo pratici: vogliamo togliere il lavoro ai librai italiani? Io dico di no. Dunque serve una Legge appropriata. Magari questa o un’altra similmente ispirata.

Cordialmente

Sergio Sozi

Postato domenica, 27 maggio 2007 alle 02:34 da Sergio Sozi


Caro Massimo,sarò un po’ tonto ma non riesco a capire in che modo eliminando gli sconti si contribuirà ad aumentare il numero dei lettori o, meglio ancora, l’acquisto di libri. Secondo me ,invece, il problema è che i libri sono troppo cari. Io frequento le librerie , o bancarelle, molte volte alla settimana. E’ una mia splendida mania alla quale non posso rinunciare in alcun modo. Quando scartabello tra i libri , a volte noto libri di poche pagine che costano 6 o 8 euro. Ciò mi sembra francamente ridicolo ed anche una presa in giro per il lettore. Piuttosto in Italia manca una rivista che si occupi di libri. Lo so che nel passato molti editori ci hanno provato ed i risultati sono stati pessimi, ma forse ora i tempi sono più maturi e varrebbe la pena riprovarci.

Postato domenica, 27 maggio 2007 alle 07:51 da Pino Granata


Condivido e aderisco. Anche se il problema non è solo “lo sconto”, ma l’intero sistema “culturale e mediatico” italiano, impestato dallo strapotere della televisione commerciale, dall’invasività dei media, dalle lunghissima tradizione oscurantista cattolica che ha sempre visto con sospetto la lettura (nella Roma papalina leggere la Bibbia in italiano fu un reato fino all’arrivo dei bersaglieri il 20 settembre a Porta Pia). Ricordo che le prime Bibbie in italiano le portarono a Roma il giorno dopo, con i propri carretti carichi di libri e di opuscoli, i “miei” valdesi.

Postato domenica, 27 maggio 2007 alle 09:22 da luciano / il ringhio di Idefix


Mi pongo in una posizione intermedia tra quella di Gianluca Parravicini e quella di Sergio Sozi.
A mio avviso la legge è necessaria, ma è anche vero che creatività e inventiva sono doti essenziali in qualunque attività umana. E poi il libraio (ovviamente mi riferisco al libraio titolare della libreria) non è un dipendente che lavora in fabbrica, ma un commerciante, un piccolo imprenditore, per certi versi. In quanto tale è opportuno, lodevole e – ritengo – fruttuoso, venire incontro alle esigenze dei clienti organizzando attività collaterali alla mera vendita. Molti dei librari che conosco fanno così e sono contenti di farlo.

@ Pino Granata.
In questo caso l’esigenza non è far aumentare il numero dei lettori, ma tutelare i librai (vedi commenti sopra). È vero che spesso i prezzi dei libri sono eccessivi. Secondo me quando capita tra le mani un’edizione “di poche pagine” e si ritiene che il prezzo sia sproporzionato è possibile utilizzare un’ottima strategia per “difendersi”: non acquistare.

Un caro saluto al mio amico Luciano Comida

Postato domenica, 27 maggio 2007 alle 10:43 da Massimo Maugeri


Di corporazioni protette ne abbiamo anche troppe. Se i librai tengono un titolo di piatto al massimo tre mesi 8che vada bene) e poi fanno posto ai nuovi malsani arrivi senza sapere cosa stanno mettendo sugli scaffali (spessimo porcherie) e quindi senza essere in grado di consigliare il cliente come facevano nel buon tempo andato, quando si leggeva anche meno di oggi… perché i lettori che non hanno da loro il minimo servizio dovrebbero favorili in una battaglia corporativa?

Postato domenica, 27 maggio 2007 alle 10:56 da Renato Di Lorenzo


Buongiorno Renato.
Ovviamente ci sono librai e librai.
Di librai che leggono i libri, che consigliano, che chiacchierano con i clienti, che dànno il loro disinteressato punto di vista, che si prodigano per far conoscere libri minori ma di qualità, ce ne sono tantissimi.
Certo, anche costoro sono costretti a impilare in bella mostra i Dan Brown di turno; ma “quel” ruolo (di cui sopra) continuano a svolgerlo. E bene.

Postato domenica, 27 maggio 2007 alle 11:07 da Massimo Maugeri


Proteggere i librai. Boh! Posso dire quello che farei io se fossi un libraio.Farei entrare tutti i clienti e li accoglierei con un discreto sorriso. Li lascerei curiosare e gli rivolgerei la parola solo se lui lo richiede. A questo punto cercherei di aiutarlo in tutte le maniere possibili senza per’altro spingere ad acquistare alcunchè. Naturalmente gli direi tutto quello che so del libro e dell’autore e poi lascerei a lui(lei) la decisione. Una mia amica che vive a Messina , città nella quale non ci sono Feltrinelli o Messaggerie, frequenta la libreria vicino al comune ed ha raggiunto una tale sintonia con i proprietari al punto che ogni mese spende fra i due e trecento euro al mese. Io temo che le piccole librerie spariranno, ma non per il problema degli sconti praticati dai supermarket del libro, ma perchè la quantità di libri che propone è troppo limitata e gli spazi troppo ristretti. Io vado spesso negli Stati Uniti per lavoro e devo dire che fare acquisti a Barnes&Noble o a Border’s è un vero piacere.

Postato domenica, 27 maggio 2007 alle 16:02 da Pino Granata


Non sono d’accordo con Pino Granata sul fatto che le piccole librerie spariranno di fronte al massiccio diffondersi dei cosiddetti ipermercati dei beni di consumo voluttuari(libri, cd, dvd, i-pod,playstation). Se infatti sapranno orientarsi su materie specifiche, specializzandosi nella diffusione di titoli introvabili nelle grandi librerie tipo Feltrinelli e Messaggerie (penso ai libri d’arte, a raffinati pamphlet divulgativi su musica, pittura ecc.).
Intanto, mi guarderò con calma la legge; a me, in ogni caso, piacerebbe che i libri nuovi costassero meno dei 18-22 euro attuali e che al contrario fosse più alta – di quella solitamente praticata dagli editori – la percentuale dei diritti sulle vendite concessa agli autori. Saluti.

Postato lunedì, 28 maggio 2007 alle 11:11 da Alessandro Romanelli


Non sono d’accordo con Pino Granata sul fatto che le piccole librerie spariranno di fronte al massiccio diffondersi dei cosiddetti ipermercati dei beni di consumo voluttuari(libri, cd, dvd, i-pod,playstation). Se infatti sapranno orientarsi su materie specifiche, specializzandosi nella diffusione di titoli introvabili nelle grandi librerie tipo Feltrinelli e Messaggerie (penso ai libri d’arte, a raffinati pamphlet divulgativi su musica, pittura ecc.).
Intanto, mi guarderò con calma la legge; a me, in ogni caso, piacerebbe che i libri nuovi costassero meno dei 18-22 euro attuali e che al contrario fosse più alta – di quella solitamente praticata dagli editori – la percentuale dei diritti sulle vendite concessa agli autori. Saluti.

Postato lunedì, 28 maggio 2007 alle 11:13 da Alessandro Romanelli


Per distrazione, nel mio precedente post, ho lasciato una frase incompleta.Vi prego di scusarmi.

Postato lunedì, 28 maggio 2007 alle 11:15 da Alessandro Romanelli


Anch’io non sono d’accordo con Romanelli nel considerare il libro, o anche i cd, bene voluttuario. Con questo non voglio assolutamente polemizzare, ci mancherebbe.Ma paragonare i libri alle infernali playstation con le quali i miei figli mi fanno impazzire, mi disturba leggermente.E poi nel momento in cui Romanelli prevede che le librerie si trasformeranno, specializzandosi, mi da ragione.

Postato lunedì, 28 maggio 2007 alle 13:51 da Pino Granata


Sono d’accordo anch’io sia con Sozi che con Parravicini… è necessario rinnovarsi, inventando sempre qualcosa di nuovo per invogliare alla lettura chi non legge affatto e rendere l’acauisto dei libri sempre più piacevole anche ai lettori forti. Penso ai vari Biblios Cafè, agli spazi lettura per bambini… Ai Festival, alle Fiere… chi non è contro di noi è con noi.
Però – e qui ha ragione Sozi – il problema è a monte. Io insegno Lettere nei licei e so quanto è difficile spiegare narratologia ad alunni che hanno letto solo Moccia nella loro vita. E a un certo punto meglio Moccia che niente, anche se scrivo questa frase col sangue…
Il problema è sociologico e non so se la politica ci potrà fare qualcosa… certo calmierare un po’ i prezzi, dare voce anche alle piccole case editrici contro i colossi dell’editoria non sarebbe una cosa sbagliata. Ma si parte sempre da lì: dalla famiglia, che preferisce comprare al figlio l’ultimo modello di playstation o di cellulare piuttosto che un libro, dalla scuola, che tra programmi e programmazioni si scorda che dopo anni ie anni di scuola sarebbe bello aver trasmesso agli alunni il sano vizio della lettura, che a me è stato inoculato da mio padre – inconsapevolmente – e da mia madre, che, vedendomi così avida di sapere, mi regalò il mitico MIOT iniziandomi alla schiavitù dolce della parola… Ringrazio i miei insegnanti che mi hanno parlato di libri e mi hanno invogliato a servirmi della biblioteca della scuola e di qualla comunale…
Ecco: rendere dei luoghi piacevoli le biblioteche di quartiere e quelle comunali
sarebbe un’idea: Notti bianche per i libri, che ne dite? Qui sì che lo Stato e gli Enti Locali potrebbero intervenire. Ma a qusto punto c’è il rischio che Maria De Filippi rimanga disoccupata o che un elettore cominci a capire quello che fa… Un libro può diventare pericoloso!!!

Postato martedì, 29 maggio 2007 alle 10:05 da Anonimo


Purtroppo, caro Granata, le Playstation “infernali” (concordo: ho un figlio di 9 anni che ci passa ahimè le ore, nonostante i miei rimproveri assillanti…)alla Feltrinelli sono accanto ai libri. L’omologazione e l’appiattimento di categorie merceologiche così differenti sono ahinoi ormai all’ordine del giorno. Libri e tecnologia per ragazzi vanno di pari passo. Non mi pare sia proprio una gran bella “Rivoluzione”.Quand’ero bambino io – alla fine degli anni Sessanta – leggevo vagonate di libri di Salgari, Verne e Stevenson e avevo a disposizione solo i due canali televisivi della RAI.E voi?

Postato martedì, 29 maggio 2007 alle 11:15 da Alessandro Romanelli


Io veramente ricordo ancora l’unico canale della Rai. Era il 57 e la televisione mi sembrava , ed era, un miracolo. Si vedevano bellissimi sceneggiati e c’era la Tv dei ragazzi che era una cosa molto seria. In quegli anni leggevo Il Giovane Holden e Cristo si è fermato ad Eboli. Il giornale costava 25 lire.

Postato martedì, 29 maggio 2007 alle 11:42 da Pino Granata


Su Novamagazine hanno ripreso l’argomento lanciato in questo post fornendo una interpretazione differente delle problematiche a esso connesse.
Essendo a favore dei contraddittori costruttivi vi riporto il testo dell’articolo (firmato da Gianfranco De Simone) e il relativo link a novamag.it

Ma siamo sicuri che sia “Una Legge per Leggere”?
Di G (del 30/05/2007 @ 09:00:00, in OFF)

È in corso da qualche tempo una raccolta di firme per sostenere il disegno di legge sul “prezzo fisso per i libri” presentato dal Senatore dei Verdi Natale Ripamonti. In poche parole la proposta d’intervento legislativo si propone di: “mettere ordine nella giungla degli sconti” e di regolamentare il panorama di “ininterrotta campagna promozionale”. Secondo i promotori, le politiche di promozione della lettura rischiano, senza una legge, di favorire la grande distribuzione (Feltrinelli, Fnac, Mondatori Stores, ecc.) e non l’intero settore librario.

L’intervento legislativo viene tuttavia presentato come un’iniziativa che mira a promuovere la lettura e non a difendere gli interessi dei librai e piccoli distributori. È giusto che sia così? Quali vantaggi ricaverebbe il lettore – o, se vogliamo, il consumatore di libri – da una siffatta legge?

Per capirlo, conviene analizzare alcuni concetti espressi nel comunicato-appello con cui è accompagnata la proposta di legge, dove la difesa di alcuni viene presentato forse inappropriatamente come un vantaggio per molti. Ad esempio, si afferma che “noi librai indipendenti vorremmo misurarci sul servizio, la competenza, l’assortimento e non sullo sconto. Se siamo bravi deve dirlo il mercato e i nostri lettori. Non deve dirlo lo sconto”.

Beh … con buona pace dei librai, se si parla di mercato allora deve necessariamente concentrare l’attenzione sull’unica grandezza rilevante: il prezzo. Se io già so che libro voglio comprare vado dove lo trovo ad un prezzo che mi assicura un risparmio. Lo sconto diventa dunque l’elemento dirimente tra le diverse offerte presenti sul mercato e l’unico dato che il consumatore è tenuto a prendere in considerazione per effettuare la propria scelta. Il prezzo non esprime soltanto la convenienza relativa tra due offerte. In esso sono internalizzate tutta una serie di considerazioni che il consumatore compie rispetto all’offerta che riceve: qualità del servizio, competenza e assortimento sono già incluse in quell’unico indicatore che è il prezzo.

Quando decido di andare alla Feltrinelli anziché dal libraio di fiducia ho valutato che la differenza di prezzo più che compensa il fatto che il servizio è quello di un supermercato e il commesso sarà con buona probabilità sufficientemente ignorante e irritante. Se scegliessi altrimenti vorrebbe dire che il ribasso offerto dalla grande distribuzione non mi compensa per questi disservizi e andrei dal libraio. Questo ad esempio potrebbe succedere quando ho semplicemente voglia di leggere e ho bisogno di un buon consiglio: il libraio esperto, in questo, mi garantirebbe di più del giovane commesso.

Dunque, se i librai stanno scomparendo e i megastore si espandono vuol dire che il mercato ha già scelto. Di librai ne resteranno pochi, a servizio di un pubblico di nicchia con esigenze particolari. Al lettore non è mai “imposta la continua ricerca dello sconto più elevato” come si legge nel comunicato, poichè acquistare un libro a prezzo pieno o a prezzo scontato attiene alla libera scelta del consumatore di libri.

È vero come pure viene detto che il libro è uno strumento di civiltà (forse non proprio tutti, ma comunque…) e non è equiparabile ad una scatola di pelati o un pacco di pasta, ma è anche vero che va sottratto alla logica del massimo profitto quando questa ne inficia i contenuti, non se semplicemente ne modifica il prezzo.

In un precedente intervento abbiamo denunciato delle pericolose derive nelle politiche editoriali di case editrici e di scelte discutibili della grande distribuzione che possono intaccare sensibilmente la bibliodiversità. I piccoli librai possono avere un ruolo determinante nell’inversione di questa tendenza. Non rivendicando degli interventi che li rendano fittiziamente competitivi con la grande distribuzione (eliminando per legge le economie di scala di cui questa gode), bensì specializzandosi in un’offerta altra che soddisfi i palati più esigenti.

Ad esempio, un lettore torinese sa che mentre l’ultima fatica di Pamuk può trovarla a prezzo scontato in un qualsiasi megastore (es. Fnac), per trovare i libri delle Edizioni l’Obliquo deve andare in una piccola libreria (es. Comunardi). Il problema vero resta l’ampliamento della base di lettori. E rispetto a questo la proposta di legge sul prezzo unico non presenta risposte di sorta.

Link: http://www.novamag.it/dblog/articolo.asp?articolo=489

Postato mercoledì, 30 maggio 2007 alle 16:51 da Massimo Maugeri


UN LIBRO E’ UN TESORO PREZIOSO DA POSSEDERE, LEGGERE, SFOGLIARE E TRATTARE CON RISPETTO, E BISOGNEREBBE PORRE IN ESSERE QUANTE PIU’ INIZIATIVE POSSIBILI PER AVVICINARE IL PUBBLICO ALLA LETTURA…MA PERCHE’ DISDEGNARE UNO SCONTO DEL 15% O MAGARI DEL 30% CHE CI PERMETTE DI ACQUISTARE DUE LIBRI ANZICHE’ UNO? PER PROTEGGERE UNA CATEGORIA DI COMMERCIANTI CHE ALLA STREGUA DI OGNI ALTRA HA IL SUO RISCHIO D’IMPRESA! NEMMENO I FARMACISTI SONO STATI CONTENTI DELLA LIBERALIZZAZIONE DEI FARMACI, MA PER NOI CITTADINI COMPERARE UNO SCIROPPO O UN ANALGESICO PIUTTOSTO CHE QUALSIASI ALTRO FARMACO AD UN PREZZO SCONTATO DEL 20 O 30% E’ UN AIUTO AL PORTAFOGLI NON INDIFFERENTE. OGNUNO DI NOI SCEGLIE COSA LEGGERE, MA E IMPORTANTE ANCHE SCEGLIERE DI POTER SPENDERE MENO…NON SI OFFENDE MICA LA CULTURA, ANZI SE NE FAVORISCE LO SVILUPPO, A MIO AVVISO.

Postato domenica, 3 giugno 2007 alle 01:42 da juryrexbox


sfrattato da una casa popolare vuoi per mia inapempienza,vuoi per una scarsa informazione dai servizi pubblici ineressati,urp comune di torino,ufficio rapporti con la cittadinanza,ufficio assessorato erp,oggi dopo tre anni che dormo nella mia macchina,si sono ricordati che esistevo.chiedo giustificazioni con richiesta di visura documenti inerenti il mio caso si limitano dal comune a rispondere ci è voluto tutto questo tempo perchè lei non si è servito dei servizi sociali.inoltre si tiene a precisare che dopo ulteriori richieste non sono stato convocato alla visura e stestura atti al fine di concludere tale incongruenza.
se qualcuno può darmi una mano lo ringrazio anticipatamente.enzo

Postato venerdì, 14 marzo 2008 alle 12:14 da vincenzo


Indirizzo mail (vincenzo. arruzza.@alice.it)

il mio cronistoria dello sfratto : vincenzo arruzza

Da oltre tre anni sfrattato da una casa popolare , inizialmente avevo fiducia che il comune di torino riguardasse la mia posizione,credendo se si avesse avuto riscontri in tempi brevi dormivo nella mia vettura nello stesso cortile da dove venni sfrattato (a distanza di quel giono e fino a quando mi denunciarono per occupazione del cortle). a nota al comune (ente proprietario del cortile avevo segnalato che ero posto nel cortile ,ulteriore beffa)quattro giorni dopo lo sgombero,produssi istanza di ricorso al dirigente che a sua volta aveva emesso il provvedimento.tale dirigente al silenzio assenso-silenzio rigetto risponde verbalmente dopo due anni e mezzo.nel contempo costei usa tutte le informazioni a mio carico,premetto che anni prima lo sgombero mi ero recato più volte negli uffici e dei rapporti con il cittadino,e dell’assessorato casa,costei non mi ha mai ricevuto,oggigiorno ho notato che era al corrente di tutta la mia situazione,ha addirittura vagliato anche le doglianze che sollevai al tempo c/s l’uff. rapporti con la cittadinanza allo stesso assessorato casadel comune ho sostenuto parecchi appuntamenti dopo lo sfratto (si notava che alle mie richieste non viera risposta esauriente di quanto cercavo di far capire che non è stato dato ricontro al diritto leggittimo al contradditorio,inoltre notavo che le risposte date ,dal funzionario dell’ass.casa,erano in contrasto con le normative vigenti,motivo per cui si instaurava disfiducia nei confronti di costei) .oggi deduco vuoi per mia inadempienza,vuoi per una scarsa informazione dai servizi pubblici interessati, mi ero rivolto all’urp -comune di torino, all’ufficio rapporti con la cittadinanza stesso comune, all’ufficio dell’assessorato erp (edilizia res.pubblica) infine avevo anche convocato l’ente gestore c/o la camera del commercio al fine di conciliare il gestore rifiuta la conciliazione non avendo altra scelta mi rivolgo al giudice di pace a questo punto 20 giorni prima dell’udienza vengo sfrattato,oggi dopo tre anni che dormo nella mia macchina, dove mi risulta che gli abitanti della zona hanno telefonato più volte ai vigili urbani, segnalando che vi era un essere umano che dormiva la notte in questa vettura il vicinato mi ha visto per anni,gli stessi si sono ricordati che esistevo,e ogni tanto segnalavano ai vigilil’ episodio gli stessi vigili venivano di notte a verificare ,tante sere mi hanno svegliato con il fascio di luce della lampada,a tale riguardo chiedo giustificazioni all’assessorato con richiesta di visura dei miei documenti inerenti il mio caso si limitano dal comune a rispondere su mia richiesta ci è voluto tutto questo tempo perchè il sottoscritto non si è servito dei servizi sociali.inoltre si tiene a precisare che dopo ulteriori richieste non sono stato convocato a tutt’oggi per la visura e stesura atti al fine di concludere tale incongruenza.Dal comune si deve ringraziare che non esiste l’ind. di posta elettronica uff. urp Procura della Repubblica in quanto avevo piacere di darme atto, ma a riscontro della visura documentazione a mio carico se emerge vizio di illeggittimità c’è sempre tempo. qualcuno può darmi una mano se può ,o se ha avuto un’esperienza analoga lo ringrazio.oggi a distanza di tre anni dò alcune deduzioni: dal comune assessorato casa mi viene proposta una soluzione provvisoria con contratto privato, dopo due anni e mezzo che dormivo per la strada ossia nella mia vettura,premetto che erano due anni che mi rivolgevo a tale assessorato,la contrattazione doveva essere stipulata con l’ente comune proprietario della monocameraed il gestore delegato ente l’atc di torino, per tale soluzione il funzionario si giustificava:viste le sue condizioni,abbiamo pensato di assegnarle questo alloggetto in attesa che venga emesso il bando per le case popolari 2008,inteso come deterrente,in primo luogo accetto,dopo aver visto la monocamera,era in condizioni pietose ho rifiutato.da quel giorno il comune non vuole più ricevermi.oggi deduco:carmela anni 5 per avere una casa popolare tramite i servizi sociali;M.V. anni 6 per avere una casa idem;v.g. invalido al 100% oltre tre anni;a.c idem,proposto in anticipo dai servizi sociali a gennaio 2009 le daranno una casa ,oggi vive in casa alloggio per un anno,dopo tre anni che viveva per dormitori.

Postato giovedìì, 8 Maggio 2008 alle 16:14 pm da arruzza vincenzo

criteri di assegnazioni case popolari.valutato personalmente

Da quanto appreso personalmente in questi anni:sulle basi della legge quadro nazionale (e di riflesso con legge regionale) tutti i comuni d’italia emettono un bando quasi ogni tre anni,le regioni hanno delegato i comuni a seguire l’iter di codesti bandi ed espletamento delle pratiche di assegnazione,infine tutte le domande vengono approvate dalla commissione regionale.Oltre ai bandi i comuni applicano con propri regolamenti altri due tipi di criteri per l’ assegnazione di case popolari ossia: uno in emergenza abitativa in via ordinaria a seguito di sfratto per finita locazione, o sfratto per morosità incolpevole,due,in emergenza abitativa in via straordinaria,ossia: casi di calamità pubbliche,o casi dove vi siano soggetti seguiti dai servizi sociali.anche codeste assegnazioni infine vengono vagliate dalla commissione casa regionale.nei criteri in via straordinaria il comune di torino, su segnalazione dei servizi sociali,istruisce delle domande,e conclude dopo aver avuto il rapporto di tali servizi,ho sentito persone che la loro pratica è stata conclusa dopo nove anni,altre dopo cinque anni,altre dopo tre anni.il criterio di due anni di attesa a parer mio(a conclusione pratica )forse è stato il più celere,a nota quanto appreso dai quotidiani: una donna sessantenne ,dopo due anni che viveva in una vettura causa bronhite,si rivolge all’ospedale,la stessa dichiara di aver dormito due anni nella propria vettura siattiva il servizio sociale dell’asl,la stessa ha dichiarato che era seguita dai servizi sociali del comune e che fino al giono del suo ricovero non avevano trovato nessuna soluzione abitativa,all’atto della sua dimissione ospedaliera si è trovata una casa d’urgenza da parte dell’ufficio di emergenza abitativa del comune.negli altri casi sociali vengono classificati gli anziani ultra sessantenni o invalidi con percentuale pari o superiore al 75%. in questi casi i servizi sociali collocano per oltre 14 mesi questi soggetti in una casa alloggio oppure in alberghi convenzionati sia negli alberghi ,che nella casa alloggio come regolamento dello stesso comune di torino il soggetto deve pagare una quota pari o quasi tutta la sua pensione sociale,in compenso il comune le convenziona dei pasti e dall’impoto totale della pensione le lascia all’interessato 60 ero mensili per ottemperare ipropri bisogni primari.su questo punto ne sono sicuro perchè più di una persona lo ha lamentato. nel caso di un soggetto sessantenne privo di pensione il comune si trattiene l’importo che doveva corrispondere a titolo di sussidio sociale ( tale sussidio riferiscono gli interessati,al compimento dei 60 anni viene elevato in misura doppia rispetto al sussidio ordinario) anche a costoro le da il diritto dei pasti convenzionati.mediamente se non per casi gravi (tipo il caso suelencato)la pratica di assegnazione per la casa si conclude all’incirca dopo 14 mesi.alcuni soggetti inseriti nei casi sociali al di sotto dell’età anagrafica di quarantanni in programma di una assegnazione casa in emergenza abitativa, riferiscono di aver vissuto per oltre quattro anni in dormitori, i primi due anni si assoggettano per un punteggio pari a punti 4 (testo della legge regionale : chiunque a titolo provvisorio è sprovvisto di abitazione , di aver vissuto anni due in baracche o simili,punti 4)alcuni hanno riferito che dai dormitori non le è stato riconosciuta l’ultima settimana ,quindi all’atto del bando non erano due anni dichiarati (v. sopra) e non le è stato attribuito il punteggio.altri hanno dichiarato che non hanno dato la reperibillità ed sono stati esclusi dalla domanda di emergenza abitativa, altri soggetti hanno dichirato la situazione familiare si sono visti togliere i figli tramite il tribunale dei minori essendo sin prevalenza soggetti donne divorziate o ragazze madri anch’esse inviate in dormitori. alla luce di quanto appreso vengono giustificati questi anni impiegati dai servizi sociali per codesti soggetti che inviano alla convivenza nei dormitori con soluzione in exstremis inviati dagli stessi assistenti sociali al fine di una valutazione anche abitativa.

Postato giovedì, 8 maggio 2008 alle 16:51 da vincenzo arruzza


vincenzo segue: Says: Your comment is awaiting moderation.

Agosto 26th, 2008 at 09:25
Pubblicato il 26 08 2008 alle 9:11 quota

i danni da protratta occupazione nelle locazioni abitative
il Comune ha proceduto allo sfratto per morosità. Vorrei sapere se, oltre ai canoni arretrati, mi spetta pagare il 5% di interessi o penale come da legge (art. 5,e 55 l.392 /78) inoltre per danni subiti ho vissuto per 5 anni in un alloggio pubblico malsano il comune ha dichiarto dietro loro perizia uff. condizioni e osservazioni abitative che l’alloggio era salubre.
Nella quasi totalità dei casi, lo sgombero per il rilascio dei locali – da parte del Comune- non coincide con la data di scadenza della notifica convocato verbalmente dai Vigili di zona (irreperibile alla buca,così sono stato dichiarato in secondo stante). Il locatore, per riottenere la disponibilità del proprio immobile, è infatti costretto ad attivare il procedimento giudiziale di sfratto o di licenza per finita locazione, con ulteriore protrazione dei tempi di rilascio, grazie ai provvedimenti di “blocco degli sfratti”. D’altra parte, anche negli sfratti per morosità – di regola esentati dal blocco – il conduttore ritarda comunque la riconsegna dei locali, fino all’intervento dell’Ufficiale Giudiziario munito di Forza Pubblica. Di qui l’interesse a fare il punto della situazione, in ordine agli obblighi economici del conduttore, nel periodo di protratta e illegittima occupazione dei locali dopo la scadenza del contratto o dopo la sua risoluzione per finita locazione o per morosità.La materia è regolata dall’articolo 1591 Codice Civile, per il quale “il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno”.Nelle finite locazioni, l’obbligo di risarcire il maggior danno, di cui alla norma richiamata, ha visto restringersi nel tempo il proprio raggio di operatività, per effetto di una incessante legislazione speciale, che talvolta ha esonerato del tutto il conduttore dal risarcimento del danno, e più spesso, ne ha predeterminato l’ammontare. Tali normative speciali sono state peraltro vagliate dalla Corte Costituzionale che, in termini generali e di principio, ne ha dichiarato l’illegittimità. E così, per esempio, l’articolo 2 del Decreto Legge 25 settembre 1987, numero 393, sia pure dettato in tema di locazioni ad uso diverso dall’abitativo – per il quale “il conduttore, per il periodo di occupazione dell’immobile intercorso fra la data di scadenza del regime transitorio previsto dalla Legge 27 luglio 1978, numero 392, e successive modificazioni ed integrazioni, e la data fissata giudizialmente per il rilascio ovvero la data di stipulazione del nuovo contratto…..non è tenuto a corrispondere al locatore alcun aumento di canone…., né il risarcimento del danno, ai sensi dell’articolo 1591 del Codice Civile” – è stato dichiarato incostituzionale dalla sentenza 1 aprile 1992, numero 149 della Consulta. Quest’ultima ha dichiarato l’illegittimità della norma, nella parte in cui esonera il conduttore da responsabilità per i danni cagionati al locatore dal ritardo nella restituzione dell’immobile, senza escludere il caso di comprovata insussistenza della difficoltà per il conduttore di reperire altro immobile idoneo. Si legge, nella sentenza richiamata, che la norma evidenzia “un limite di legittimità costituzionale….Caratteristica dei valori (o principi) costituzionali soggetti a bilanciamento è la non predeterminabilità in assoluto, una volta per tutte, dei loro rapporti reciproci di sovra o sott’ordinazione. La prevalenza dell’uno sull’altro, quando il bilanciamento non sia rimesso per caso al giudice, ma sia operato dalla legge nella forma di una norma astratta, deve essere collegata a determinate condizioni tipiche, come effetto giuridico alla propria fattispecie”.Successivamente alla richiamata pronuncia della Corte Costituzionale, l’articolo 1 bis del Decreto Legge 30 dicembre 1988, numero 551 ha tuttavia disposto che durante il periodo di sospensione dell’esecuzione, il conduttore era tenuto a corrispondere, ai sensi dell’articolo 1591 Codice Civile, una somma mensile pari all’ammontare del canone di locazione dovuto alla cessazione del contratto – cui dovevano applicarsi gli aggiornamenti ISTAT – maggiorato del 20%.In seguito, l’articolo 6, comma 6, Legge 431/98 – che disciplina attualmente le locazioni abitative dopo il 31 dicembre 1998 – è tornato nuovamente a predeterminare l’ammontare del risarcimento dovuto dal conduttore, stabilendo che in caso di ritardata consegna dell’immobile, il conduttore è tenuto solo alla corresponsione di una somma mensile pari all’ammontare del canone dovuto alla data di cessazione del contratto, oltre agli aggiornamenti ISTAT maturandi e al pagamento delle spese e oneri accessori. A titolo di “maggior danno”, ex articolo 1591 Codice Civile, il conduttore era solo tenuto alla corresponsione di una maggiorazione del canone pari al 20%, per tutta la durata della sospensione dell’esecuzione dello sfratto e fino all’effettivo rilascio dei locali. Sul richiamato articolo 6 Legge 431/98 è nuovamente intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale 482/2000, riconoscendo la legittimità della norma solo ove avesse avuto efficacia temporanea e transitoria. In particolare, con la richiamata sentenza 9 novembre 2000, numero 482, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 6, comma 6, Legge 431/98, nella parte in cui esime il conduttore dall’obbligo di risarcire il maggior danno, ai sensi dell’articolo 1591 Codice Civile, anche nel periodo successivo alla scadenza del termine della esecuzione stabilito dalla Legge 431/98 e di quello fissato giudizialmente per il rilascio, puntualizzando che “il Legislatore del 1998, nella già rilevata finalità di agevolare la transizione al nuovo regime locativo, ha disposto la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio durante il periodo di centottanta giorni dall’entrata in vigore della legge, quantificando correlativamente l’importo delle somme dovute dal conduttore nel detto periodo e negli altri periodi di sospensione dell’esecuzione, di cui all’articolo 11, comma quarto, del Decreto Legge numero 9 del 1982 e all’articolo 3 del Decreto Legge numero 551 del 1988. Le due misure, consistenti nella sospensione dell’esecuzione e nella determinazione del quantum, sono dunque strettamente connesse, in quanto alla sospensione ex lege dell’esecuzione corrisponde, quale previsione altrettanto eccezionale e temporanea, la determinazione parimenti ex lege dell’indennità relativa allo stesso periodo”.Ciò nonostante, la disposizione di cui all’articolo 6, comma 6, Legge 431/98 – con la predeterminazione del danno, nella misura del 20% – è stata sostanzialmente ribadita dalla successiva legislazione speciale in tema di proroga degli sfratti per finita locazione, con rimaneggiamento delle ipotesi già previste dal richiamato articolo 6 Legge 431/98 (inquilini assoggettati a procedure esecutive di sfratto che hanno nel nucleo familiare ultrasessantacinquenni, o handicappati gravi, e che non dispongano di altra abitazione o di redditi sufficienti ad accedere all’affitto di una nuova casa – si veda esemplificativamente l’art. 80 Decreto Legge 388/2000 -). In tema, sia pure in termini strettamente transitori e, in ragione del perdurante stato di emergenza del mercato locatizio, si vedano da ultimo anche la Legge 8 febbraio 2007, numero 9 e il Decreto Legge 31 dicembre 2007, numero 248.In particolare, l’articolo 1, comma 4, della Legge 8 febbraio 2007, numero 9, ha disposto che “per tutto il periodo di sospensione dell’esecuzione ai sensi dei commi 1 e 3 del presente articolo il conduttore corrisponde al locatore la maggiorazione prevista dall’articolo 6, comma 6, Legge 9 dicembre 1998, numero 431”. La medesima disposizione è stata, alla scadenza, riproposta dall’articolo 22 ter del Decreto Legge 31 dicembre 2007, numero 248, che ha sospeso le esecuzioni per rilascio relative agli immobili adibiti ad uso abitativo, sino al 15 ottobre 2008.Volendo schematicamente riassumere l’iter storico della normazione speciale, si può allora concludere che la maggiorazione del 20% del canone sostituisce il risarcimento del maggior danno ex articolo 1591 Codice Civile: a) per tutto il periodo di non esecuzione dei provvedimenti di rilascio in regime di graduazione prefettizia, di cui all’articolo 3, Legge 61/1989, che andava dal 1° maggio 1989 al 30 dicembre 1998; b) per tutto il periodo di sospensione dell’esecuzione ex articolo 6, comma 1, Legge 431/98 e cioè dal 30 dicembre 1998 al 28 giugno 1999; c) per tutto il periodo in cui l’esecuzione era rimasta sospesa in seguito all’istanza del conduttore di rifissazione della data di sloggio, ai sensi dei commi 3 e 4, dello stesso articolo 6 Legge 431/98; d) per tutti i periodi di sospensione degli sfratti di cui all’articolo 80, Legge 23 dicembre 2000, numero 388; al Decreto Legge 2 luglio 2001, numero 247; al Decreto Legge 27 dicembre 2001, numero 450; al Decreto Legge 20 giugno 2002, numero 122; al Decreto Legge 24 giugno 2003, numero 147; al Decreto Legge 13 settembre 2004, numero 240; al Decreto Legge 27 maggio 2005, numero 86; al Decreto Legge 1 febbraio 2006, numero 23; alla Legge 8 febbraio 2007, numero 9 e infine al Decreto Legge 31 dicembre 2007, numero 248.Matteo RezzonicoNEGLI SFRATTI PER MOROSITA’ LA MANCATA TEMPESTIVA RICONSEGNA COMPORTA IL RISARCIMENTO PIENO DEL DANNOFuori dagli ambiti applicativi delle sopra richiamate norme speciali e relativamente alle risoluzioni per inadempimento e in particolare per morosità, la giurisprudenza è costante nel ritenere che “la responsabilità del conduttore per danni da ritardata restituzione della cosa locata, a norma dell’articolo 1591 Codice Civile, ha natura contrattuale….Essa ha origine dal venire meno del diritto del conduttore alla detenzione e al godimento della cosa locata che, nell’ipotesi di cessazione del contratto per scadenza del termine, va ricondotto alla scadenza legale o convenzionale, mentre nell’ipotesi di cessazione anticipata dovuta alla pronuncia di risoluzione per inadempimento, va ricondotto alla data della domanda di risoluzione, per effetto della quale, il conduttore deve ritenersi costituito in mora per il rilascio della cosa” (Cassazione 13 marzo 1995, numero 2910).Circa i parametri per il calcolo del maggior danno, la giurisprudenza ha avuto anche modo di pronunciarsi sull’applicabilità tout court dell’articolo 1591 Codice Civile, con la precisazione che il semplice protrarsi dell’occupazione abusiva dell’immobile non costituisce di per sé un danno calcolabile nella differenza tra il canone contrattualmente convenuto e quello locativo di mercato, posto che “la condanna del conduttore in mora nella restituzione dell’immobile locato al risarcimento del maggior danno a norma dell’articolo 1591 Codice Civile, esige la prova specifica dell’esistenza di tale danno e del suo concreto ammontare ed il relativo onere incombe al locatore, il quale deve fornire idonea dimostrazione che, a causa del ritardo nella restituzione della cosa, il suo patrimonio ha subito una diminuzione – ravvisabile nella circostanza di non aver potuto affittare a canone più elevato, o vendere l’immobile a condizioni vantaggiose e dimostrabile attraverso la prova di ben precise proposte di affitto o di acquisto, ovvero di altri propositi di utilizzazione” (Cassazione 29 settembre 2007, numero 20589 e Cassazione 28 gennaio 2002, numero 993

Postato martedì, 26 agosto 2008 alle 09:29 da vincenzo segue:


Preg. Direttore,
arrivo per “caso” al Suo blog e mi lasci dire complimenti, davvero interessante e altamente qualificato ! Per tanto sono certo che saprà soddisfare il mio quesito.
SFRATTO PER MOROSITA’ AD ESERCIZIO COMMERCIALE (UN BAR) 3 ANNI PRIMA DELLA NATURALE SCADENZA CONTRATTUALE. domanda:
IL CONDUTTORE (IN AFFITTO DA ORMAI 7 ANNI) HA IL DIRITTO E PUO’ BENEFICIARE DI UNA BUONA USCITA ?
E IN CASO AFFERMATIVO, IN CHE TERMINI E COME SI CALCOLA LA CIFRA?
Le sarei oltremodo grato se potesse rispondermi a stretto giro, mentre colgo l’occasione per augurae a Lei e a Tutti i Lettori, i migliori AUGURI DI sereno 2009.
G. SERRA

Postato domenica, 4 gennaio 2009 alle 01:22 da giuliano serra


Una legge che fa tutto tranne che sostenere l’acquisto e la lettura. Limitando gli sconti al 5% si fanno alzare i prezzi e si allontanano ancora di più le persone alla lettura. Facendo dei libri un prodotto per le elite. Forse la deputata firmataria della legge è una radical chic.

Postato martedì, 31 marzo 2020 alle 13:02 da Gianluca Fagioli



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