venerdì, 31 agosto 2007
ACLAS (racconto inedito di Massimo Maugeri)
Pronto?
…
Ehiiii. Sono io.
…
Sto bene. Tu?
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Ottimo. È sempre un piacere sentirti.
…
Certo che c’è un motivo per cui ti chiamo! Ovvio, no? Volevo parlarti di qualcosa.
…
Sì, mi ricordo della riunione.
…
No, non credo che potremo parlarne stasera. Ecco… penso di non venire stasera.
…
Hai sentito bene. Penso di non venire alla riunione.
…
Penso di non venire alla riunione significa penso di non venire alla riunione. È chiaro, no?
…
La motivazione è più che valida. Era proprio di questo che volevo parlarti.
…
Senti, lo so che vai di fretta. Tu vai sempre di fretta. Comunque… non ci vorrà molto.
…
Ho detto che non ci vorrà molto.
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N-o-o… stasera non vengo.
…
Senti, è inutile che insisti. Se ho detto che non vengo non vengo.
…
D’accordo. Sarò breve, anzi brevissimo. Allora… hai presente la barca che tengo al porticciolo? Bene, l’altro ieri avevo una giornata libera e ho deciso di scendere in mare. Sai, così, giusto per fare un giro e magari pescare qualcosa.
…
Sì, lo so che il tempo non era dei migliori. Ma…
…
Aspetta, fammi completare. Hai presente quella falla sullo scafo che avevamo riparato il mese scorso? Bene. L’abbiamo riparata di merda.
…
Esatto, ho cominciato a imbarcare acqua.
…
Senti, non sto dicendo che è colpa tua. Perché sei sempre sulla difensiva?
…
Mi fai completare?
…
Mi fai completare?
…
Ho cominciato a imbarcare acqua così ho cercato di rientrare e…
…
Senti, ho capito che hai fretta. Ti chiedo solo un paio di minuti, va bene?
…
C’entra. C’entra perfettamente con la riunione di stasera. E se mi fai completare ti spiego il perché.
…
Allora… provo a rientrare ma il mare è sempre più agitato. E continuo a imbarcare acqua. Così, a un certo punto, decido di tuffarmi. Mi tuffo e… sai che succede?
…
Indovina?
…
No. Non vinco la medaglia d’oro alle olimpiadi. Ti ho mai detto che sei il mago della battuta?
…
Sicuro. Sei divertente quasi come un’infiammazione alle emorroidi.
…
Senti, mi fai completare? Allora… mi tuffo e non mi accorgo che la fune dell’àncora mi si era annodata al piede destro. Capisci? Immagina la scena. Mi sono visto perso. Così provo a nuotare ma non posso perché le onde sballottano la barca e la fune mi tira il piede. Provo a liberarmi dalla fune e non ci riesco. Allora mi metto a gridare e nel frattempo ingurgito acqua e…
…
Cosa? Ma davvero? È sempre sconsigliabile scendere in mare con le acque agitate? Ma sai che sei una persona veramente saggia?
…
Che vuol dire che a te non sarebbe mai successo?
…
No. Silenzio. Non me ne frega niente delle tue strategie di sopravvivenza.
…
Senti, mi fai finire il racconto?
…
Allora… mi metto a gridare come un pazzo. Solo che nel frattempo la barca continua a prendere acqua e comincia a scendere giù. Capisci? A quel punto… guarda, non so neppure se dirtelo perché so che poi mi prenderai per il culo.
…
Ecco… mi è venuto in mente l’angelo custode.
…
Sapevo che avresti riso. Comunque è così.
…
Ma ce la smetti di ridere?L’hai capito che ci stavo restando fottuto o no?
…
Comunque… a un certo punto credo di essermi messo a pregare.
…
Sì, credo all’angelo custode, va bene? Sei contento così?
…
No. Non penso sia ridicolo credere all’angelo custode.
…
A Babbo Natale ci crederai tu, okay? E anche alla befana!
…
Senti, ora basta.
…
Mi fai completare?
…
MI FAI COMPLETARE?
…
Allora… mi metto a pregare l’angelo custode e, ci crederai o no, a un certo punto arriva un tizio.
…
Sì, arriva un tizio.
…
Non ho detto che arriva l’angelo custode. Ho detto che a un certo punto arriva un tizio.
…
Be’, per me è stato una specie di miracolo, va bene?
…
Allora… il tizio prova a liberarmi il piede, ma non ci riesce. Nel frattempo ingurgito altra acqua e vedo che metà barca è già affondata. Poi al tizio viene un’idea. Va sulla barca e nel mezzo della baraonda si mette a cercare qualcosa. Io lì per lì non capisco, così mi metto a gridare di nuovo. Dopo un po’ il tizio riprova a liberarmi e stavolta ci riesce.
( )
Be’, non dici nulla?
…
Te l’ho spiego io come ha fatto. È riuscito a scovare la cassettina degli attrezzi e a tirare fuori un cacciavite con il quale ha fatto leva per sciogliere il nodo della fune.
…
Che vuol dire che ti sembra fantascienza.
…
Certo che è andata proprio così! Come avrebbe potuto liberarmi dalla fune sennò? Con i denti?
…
Sì, la storia è questa e…
…
Aspetta, ci sto arrivando. Se non mi dài il tempo!
…
Allora… il tizio con un po’ di fatica riesce a portarmi a riva. Io mi sento mezzo rincoglionito, però la prima cosa che mi viene in mente è di ringraziarlo. Ovvio no? Così lo guardo in faccia. Per la prima volta lo guardo in faccia e mi accorgo che… be’, sì… è un negro.
…
Hai sentito bene. Un negro.
…
La vuoi smettere di ridere?
…
Senti, l’angelo custode negro lo fai sposare a tua sorella, va bene?
…
No, non me ne sono innamorato. La vuoi smettere?
…
Comunque… a quel punto ho preso il portafoglio, che era inzuppato come il resto, e ho estratto due carte da cinquanta. Sai, volevo sdebitarmi in qualche modo. Così gli allungo le banconote ma lui alza il palmo della mano e dice, no amico. Io dico, perché no? Be’, per farla breve lui mi dice che non vuole soldi da me. Mi spiega che lui avrebbe bisogno di soldi, ma non può accettarli. E mi racconta la sua storia. Dice che un suo fratello è morto annegato nel corso di uno sbarco a Lampedusa e quando ha visto che stavo annegando è come se avesse rivissuto quella scena. Così si è buttato senza pensarci due volte. Allora gli chiedo cosa posso fare per sdebitarmi. Lui mi guarda, mi sorride e mi dice qualcosa tipo: ogni volta che incontri un fratello che ha la pelle diversa dalla tua ed è nel bisogno, se puoi, aiutalo.
( )
Pronto?
( )
Pronto? Ci sei ancora?
…
Bene. Mi fa piacere che adesso cominci a capire.
…
Esatto. Questo è il motivo per cui stasera non parteciperò alla riunione dell’Aclas.
…
Per il futuro non lo so. Ci devo pensare.
…
Senti, non è una stronzata. Non è affatto una stronzata!
…
Va bene. Lo ammetto. Sto pensando di tirarmi fuori dall’associazione.
…
Cosa? Guarda che bastardo ci sarai tu, va bene?
…
Ehi, si può sapere perché ti scaldi tanto? L’associazione contro i lavavetri ai semafori può sopravvivere anche senza di me, no?
…
E allora? Non credo sia rilevante il fatto che io sia uno dei soci fondatori.
…
Senti… lo so perfettamente.
…
Lo so che sono aggressivi e costituiscono una piaga sociale.
…
Lo so che siamo costretti a intervenire perché il Governo se ne lava le mani.
…
Lo so che guadagnano anche cento euro al giorno… esentasse.
…
La vuoi finire? So benissimo che alle spalle c’è la malavita organizzata. Sono tutti miei cavalli di battaglia, questi!
…
Senti, non ho intenzione di trovare nessuna soluzione. Semplicemente l’associazione andrà avanti senza di me perché un negro mi ha salvato la vita e io ho promesso a me stesso che me ne sarei tirato fuori.
…
‘Affanculo ci andrai tu.
…
Non credo proprio che mi sentirò in colpa.
…
Ho detto di no.
…
Va bene. Se un giorno un negraccio con la pistola minaccerà mio figlio davanti a un semaforo per ottenere il permesso di lavare il parabrezza sarà colpa mia. Sei contento così?
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Va bene. Pensa pure che sono uno che non si prende le sue responsabilità. Va meglio ora?
…
Senti, non è una cosa che meditavo da tempo. Te l’ho spiegato com’è andata.
…
Va bene, scrivi pure una lettera a tutti i soci. Non me ne frega niente. Non riuscirai mai a coprirmi di ridicolo.
…
Cosa? Ah sì? Farai partire la manifestazione proprio sotto casa mia? Brrr… tremo al solo pensiero.
…
Senti, ora stai cominciando proprio a rompermi le palle, eh? Sai che ti dico? Che tutta questa storia dell’Aclas è una vera buffonata.
…
Certo, è facile dare addosso ai poveri disgraziati. E sai una cosa? Tutte le tue idee strampalate e irrealizzabili, tipo tenere in macchina monete arroventate o impiastricciate con l’Attak… be’, sai dove puoi infilartele? Proprio lì. E ti dico un’altra cosa. Sai che farò? Fonderò una nuova associazione.
…
Già, la chiamerò Aflas. Associazione a favore dei lavavetri ai semafori. Qualcuno dovrà pur pensare a tutelare questi poveracci che hanno abbandonato la loro terra e rischiato la vita solo per sperare di sopravvivere.
…
No. Non sono diventato il paladino dei negri. La vuoi smettere di usare la parola negro? È incivile. Gente di colore, semmai. È così che si chiamano. E comunque la maggior parte dei lavavetri è gente mulatta. E a volte ci sono anche bianchi nel mezzo.
…
Slavi, per esempio. Gente dell’est. Hai presente?
…
Cosa? Quand’é che avrei detto che i lavavetri sono una feccia e che feccia è sinonimo di negro?
…
Ah sì? Per te sono negri punto e basta? E se ti dicessi che tu sei uno sporco terrone?
…
E allora? Che m’importa se anch’io sono meridionale.
…
Sai che faccio? Fondo l’Aflas e poi mi piazzo al semaforo vicino casa tua.
…
Esatto. Ti aspetterò al varco per lavarti il parabrezza. E quando ti rifiuterai di fartelo lavare te l’insozzerò con la schiuma. E poi ci sputerò sopra.
…
Ho detto che ‘affanculo ci andrai tu!
…
No, tu!
…
NO, TU!
( )
Pronto?
( )
Pronto?
( )
Ci sei ancora?
Pronto?
Nota di Andrea Di Consoli:
Nel suo racconto “teatrale” e iper-realista, Massimo Maugeri tenta la strada dei buoni sentimenti. Letteratura e buoni sentimenti sono spesso inconciliabili. Maugeri, invece, tenta questa strada.
In questo racconto si parla dei famigerati lavavetri. Il tono è grottesco ed esagitato. Ma la domanda sui buoni sentimenti rimane.
Voi cosa ne pensate?
Tags: Aclas, lavavetri, Massimo Maugeri, racconto, semafori
Scritto venerdì, 31 agosto 2007 alle 07:26 nella categoria EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.
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