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giovedì, 22 novembre 2007

CATENA FIORELLO… E IO: UN ATTO DI ESPIAZIONE

Quello che sto per scrivere l’avevo già anticipato (o meglio… accennato) in questa intervista rilasciata a Gianfranco Franchi per Lankelot.

Catena FiorelloPer certi versi questo può essere considerato un post di… “riparazione” a un torto inflitto a Catena Fiorello.

Vi racconto.

Il 21 settembre 2006 il Magazine del Corriere della Sera pubblicò un articolo/intervista sulla Fiorello firmato da Mirella Serri. L’occasione era l’imminente uscita del romanzo Picciridda.

Lessi quell’intervista è mi venne il ghiribizzo di scrivere questo post. Un pezzo un po’ sarcastico dal titolo: “Ma la letteratura ha bisogno di Catene?”

All’epoca il blog era appena nato. Per cui pubblicai l’articolo con una certa nonchalance convinto che nessuno l’avrebbe letto a parte i pochi amici a cui l’avrei inviato per e-mail.

Invece…

Con sorpresa comincio a ricevere commenti da parte di sconosciuti. Tra questi qualcuno mi critica in maniera molto diretta, dicendo: perché parla male di un libro se, come pare di capire, non l’ha ancora letto? Io mi “difendo” sostenendo che il mio era un commento non sul libro, ma sull’intervista pubblicata su Magazine; e che il libro non l’avevo ancora letto per il semplice fatto che non era ancora stato distribuito.

Dopo qualche giorno il libro comincia a comparire nelle librerie. Mi accorgo che su una delle bandelle laterali c’è l’indirizzo di posta elettronica di Catena Fiorello.

Decido di scriverle.

Invio alla Fiorello una e-mail in cui spiego che in quel mio post non c’era cattiveria. E che si trattava solo di una piccola presa in giro. Dopo un paio di giorni ricevo la risposta. Vi riporto uno stralcio di quella mail: “Non sei stato mica cattivo! Ho letto, ho letto… ma io sono del Leone, in ogni caso non mi abbatteresti! Comunque grazie per la sensibilità! W Catania… io l’ adoro. Leggi il libro e poi mi dirai…”

Insomma… Catena mi spiazza un po’ con questa sua risposta così amichevole. Comunque… decido di dare un’occhiata al libro… con i miei tempi. Dopo qualche settimana inizio a leggere Picciridda. E lo faccio, dico la verità, mantenendo immutati i miei pregiudizi originari. Inizio a leggere e scopro che il libro, be’… ha delle qualità. Continuo la lettura. Finisco il libro. E devo ammettere che mi piace. Insomma, mi ricredo. Così decido di scrivere una recensione (attualmente potete trovarla in rete qui e qui).

Dal quel momento è nata con Catena una bella amicizia.

Io stesso ho avuto il piacere di presentare il suo libro in più di una occasione. E insieme abbiamo avuto modo di raccontare questo aneddoto che (soprattutto ora, a distanza di un anno) trovo piuttosto divertente. Ciò non toglie che, come promesso all’interessata, dovevo compiere quest’atto di pubblica espiazione proprio qui a Letteratitudine. Cosa che faccio adesso scusandomi pubblicamente con Catena per essermi lasciato andare al ghiribizzo di cui sopra.

È trascorso un po’ di tempo, è vero, ma – come si dice – … meglio tardi che mai.

Colgo l’occasione, però, per presentare questo libro in maniera originale.

Vi propongo tre video (tutti e tre datati dicembre 2006).

Il primo è tratto in parte dalla trasmissione “Insieme” di Antenna Sicilia, in parte da una presentazione del libro presso la libreria Cavallotto di Catania.

Catena e io illustriamo l’aneddoto che vi ho testé raccontato.

(Qui sotto il primo video)

Gli altri due video sono tratti sempre dalla presentazione del libro presso la libreria Cavallotto. In uno (quello sotto) avrete modo di vedere e ascoltare l’attrice Lucia Sardo che legge alcune pagine del libro (brava Lucia!).

Nel secondo potrete assistere a una delle solite divertentissime performance di Catena Fiorello. Il titolo potrebbe essere: Catena Fiorello Show.

Detto ciò vi invito a discutere su questo libro, se lo avete letto (lo farò io stesso nel corso dei commenti). Se non lo avete letto… leggetelo. Peraltro è appena uscita l’edizione economica (euro 6,90).

E soprattutto vi invito a dibattere su quello che è il tema principale del libro: l’emigrazione. L’emigrazione, ieri e oggi. Un tema attualissimo. Ne parliamo?

Massimo Maugeri


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Scritto giovedì, 22 novembre 2007 alle 01:32 nella categoria SEGNALAZIONI E RECENSIONI. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.

100 commenti a “CATENA FIORELLO… E IO: UN ATTO DI ESPIAZIONE”

Lasciate pure i vostri commenti in relazione al post e ai video, se volete.
Siete autorizzati a prendermi in giro e a dirmene di tutti i colori. Ma vi chiedo il massimo rispetto per Catena Fiorello, che peraltro – ahimé – ho già ampiamente bistrattato.
Mi raccomando. Ci tengo tantissimo!

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 01:36 da Massimo Maugeri


Ovviamente Catena è al corrente di questo post e dei video su youtube, altrimenti non mi sarei mai permesso di caricarli.
So che nei prossimi giorni sarà impegnata e non so se potrà intervenire, ma di certo leggerà il post e i commenti.
Purtroppo il montaggio video è mooolto approssimativo. E l’audio è quello che è. Vi dovrete accontentare.
A proposito… le riprese sono opera del “nostro” Gabriele Montemagno (vedere colonna di destra del blog: rubrica “fotogrammi impressi”).
Le riprese, non il montaggio.

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 01:43 da Massimo Maugeri


Avremo modo di discutere su questo libro, però vi invito anche a esprimere le vostre opinioni sulla “questione emigrazione” (più che mai attualissima).
Questione che ci riguarda molto da vicino, giacché da dopo l’unità e per circa un secolo sono emigrati dal nostro paese 28 milioni di italiani.
Oggi siamo noi ad “accogliere”. Ne parliamo?

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 01:48 da Massimo Maugeri


Caro Massimo
ho letto stamattina per caso tutto quello che hai scritto-fatto per me. Grazie, anche la pubblica espiazione, che tu sai… non è necessaria. Io ti voglio bene anche senza!
Mi diverte questa cosa… molto…
Grazie. Ho poco da aggiungere, se non una buona giornata a tutti… Catena

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 07:17 da Catena Fiorello


Caro massimo come al solito sei sempre un signore! Di vecchio stampo siciliano… Alludo alla correttezza e alla gentilezza con cui condividi le tue opinioni e le tue passioni; A volte i pregiudizi limitano la nostra libertà é vero; Io stessa ho pensato che catena Fiorello comunque abbia trovato le porte aperte per la sua “familiarità artistica”. Ciò non toglie che non possa essere una persona di talento. Ho seguito con grande curiosità il suo programmi che andava in onda qulche anno fa su Rai tre la cui idea era tratta dal libro omonino Nati senza camicia. E l’ho trovato bello e pieno di delicata attenzione nell’occuparsi da parte di Catena delle storie degli altri.
Poi mi fa simpatia per il nome che porta che é così antico così pieno di differenti significati.
Non ho letto il suo libro, ma mi hai fatto venire voglia di farlo.
Ti saluto e a presto

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 07:38 da francescasca serra


Caro Massimo,
l’emigrazione è un tema che ho amato molto in”Vita” di Melania Mazzucco, non so se lo hai letto. Lì hai davvero l’ipressione di prendere quella nave che salpa per sempre, spesso senza un ritorno, di vedere la statua della libertà che ti accoglie come un presagio, e che ti apre le porte in un mondo nuovo, dove anche le parole non sono più quelle di prima.Mi ha impressionato molto in quel libro il fatto che un ‘esperienza simile fosse vissuta da bambini, da anime cioè, che un viaggio – quello nella vita – lo hanno appena iniziato e si ritrovano invece a sovrapporne un altro fatto di espedienti e sentimenti che sbocciano senza attenzione, senza riguardo nè musica.
L’ho amato molto. Forse perchè nellamia famiglia, in passato, sono emigrati tutti. Verso il nord. Verso la terra delle speranze che poteva regalare lavoro, dignità, felicità, forse. Tranne a rientrare per le feste o la Pasqua con quel nodo che ti richiama a radici mai spezzate e a rientri doloranti.
Emigrare è come vivere, infondo, ma con più consapevolezza di doverlo fare a tutti i costi.

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 07:46 da Simona


@ Catena:
Cara Cati, grazie per essere intervenuta nonostante gli impegni che conosco.
Tu scrivi: “la pubblica espiazione, che tu sai… non è necessaria. Io ti voglio bene anche senza!”.
Lo so e ti ringrazio. Però, questa, è una cosa che dovevo fare. Te lo dovevo.
Da un certo punto di vista, però… non me ne pento. Se non avessi scritto quel post forse non ci saremmo conosciuti.
Buona giornata a te.
:)

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 08:18 da Massimo Maugeri


@ Francesca Serra:
Cara Francesca, grazie per il tuo intervento. Il mio pregiudizio era simile a quello a cui accenni tu. Ti posso garantire (e lo dico con cognizione di causa, perché ho avuto modo di conoscere bene Catena, i suoi amici, e qualcuno dei suoi parenti… tra cui la mitica mamma Fiorello) che Rosario, Beppe e Cati – nell’attività artistica – procedono ognuno per conto proprio senza interferenze di qualunque tipo. Nella vita sono fratelli e sorella come tutti gli altri, nel lavoro ognuno ha la sua strada.
Quel tipo di pregiudizio peserà un po’ su Catena. Ma solo per questo primo romanzo. Ne ho parlato tanto anche con lei.

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 08:26 da Massimo Maugeri


Cara Simona, grazie per il tuo intervento.
Ho letto “Vita” della Mazzucco. Avremo modo di accennare anche a quel libro… che è perfettamente in tema.
-
Potrò tornare a intervenire stasera.
Ciao a tutti.

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 08:27 da Massimo Maugeri


caro Massimo,
permettimi un’osservazione non proprio in linea con l’emigrazione ma con le “famiglie” di talento.
Io credo che siano un dono e un’occasione per comprendere che anche la famiglia, come piccola comunità in cui nasce il confronto, può costituire il cemento di talenti e vocazioni. Quello dei Fiorello non è il primo caso. Ci sono stati i fratelli De Filippo, le sorelle Carlucci…Le Kesslerr solo per citarne alcuni!! Cioè…ci sono gruppi famliari in cui per mestiere o solo per visione della vita si è stimolati a far venire allo scoperto una propria caratteristica. Avviene, evidentemente, perchè il gruppo non solo alimenta l’affettività ma anche le capacità di apertura alla fantasia.
E’ un esempio positivo, rispetto al quale tutti abbiamo un debito.
Tu, col tuo gesto “riparatore”, hai dimostrato di saper fare un passo indietro, di saper rivedere le tue opinioni. Non è facile nè scontato e anche questo è un buon esempio!

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 08:43 da Simona


Caro Massimo,
io mi ricordo benissimo quel post a cui facevi riferimento e che hai linkato. Come ti ha scritto la stessa Catena Fiorello “non sei stato mica cattivo”. Io all’epoca lo trovai divertente, anzi. E comunque quel post mi stimolò a comprare il libro che trovai bellissimo. Una buona ambientazione e il personaggio Lucia che ti guarda e ti parla attraverso le pagine. Ti dice: “hey, vieni con me che ti porto in un luogo e in un tempo lontani dal tuo. Vieni con me che ti racconto una storia.”
E com’è costruito bene il personaggio della nonna, la dura Generala, come la chiama Lucia.
In ogni caso, come ha scritto Francesca Serra “sei sempre un signore”. Hai fatto bene a pubblicare questo post. Ci vuole coraggio a scusarsi in pubblico e a ritrattare.
Però è giusto dire che anche Catena Fiorello è “una signora”. E che signora!
Brava e intelligente.
Ho visto i video e li ho trovati molto divertenti. Belle le letture di Lucia Sardo, simpaticissimo il “duetto” del primo video. Poi c’è il terzo video che mostra una Catena Fiorello inedita. Non mi aspettavo che fosse così divertente e trascinante. Secondo me ha un futuro come show woman.
Simona ha fatto benissimo a scrivere sulle “famiglie di talento”. Mi pare un ottimo argomento di discussione. Non c’è dubbio, comunque, che quella dei Fiorello è una famiglia di talento.
Smile

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 10:04 da Elektra


Ma basta! Ancora un libro che ci battezza nelle acque del Po! Un’altra scrittrice bellunese! E la Madonna, ma questo Maugeri quanto ce la fa pesare la sua origine Altoatesina?!?!
Vabbè, Massimo, te la sei cercata. E d’altro canto è evidente che trattasi di bonaria persa per i fondelli giacché, ti ricordo, nel post dell’olocausto ha difeso finché ho potuto “I Malavoglia” che per me continua a esere “il romanzo” dell’Ottocento.
Premesso tutto ciò, quel che ti è accaduto con la Fiorello ti sta solo bene. Hai scherzato con le catene e lei, tranquilla e serafica, ti ha sferrato la sua Catena tra i denti.
E la tua espiazione è un atto dovuto.
Affermo ciò a scatola chiusa, non avendo letto il libro.
Ma è comunque interessante vedere come possano crollare le prevenzioni di fronte alla realtà dei fatti.
Come sai, io faccio il giornalista di “nera”. Quindi non ho avuto l’occasione di conoscere alcun rappresentante dei Fiorello. In realtà seppi qualcosa su Rosario, cose che lui ha reso peraltro pubbliche e che ora sono sepolte e dimenticate.
A pelle e da distratto telespettatore, direi che la mamma può essere orgogliosa di tutti e tre i suoi figli. Peraltro, davanti alla tivvù, non percepisco la prosopopea divistica dei personaggi.
Ma del resto ho anche imparato che, molto spesso, i migliori sono anche i più umili. Sono semmai le mezze calzette a sgomitare e a dire stronzate sesquipedali affinché ci si accorga di loro.
Catena, quindi, credo che rientri nella “normalità” di personaggio conosciuto ma non coglione. Nessun dubbio preventivo sulla qualità del suo libro. Insomma, direi, una donna senza difetti. Tranne quello, imperdonabile, di essere tua amica.
:-)

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 10:32 da Enrico Gregori


Ma si trovano sempre articoli interessanti qui!!!
Ho visto i video e li ho trovati anch’io divertenti. Il libro mi incuriosisce e penso che lo acquisterò. In versione economica. A meno che Catena non mi faccia fare le fotocopie del suo :)
Il tema emigrazione è davvero interessante. Anche quello delle famiglie di talento.
Spero di riuscire a intervenire con calma.
Stefy

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 12:06 da Stefania


Intevengo con molto piacere per una serie di motivi:
Catena è persona meravigliosa che ho avuto modo di incontrare ad una presentazione del suo libro (acquistato e divorato in breve), ed è proprio tramite lei che ho conosciuto Massimo e la comunità di Letteratitudine. La storia è un pò la stessa …anche io le ho scritto una mail, restando piacevolmente sorpresa dal suo modo di fare semplice, allegro, da persona pulita.

Picciridda è un romanzo è molto intenso, mentre leggevo a volte mi prendevo delle pause di riflessione perchè mi sembrava di sentir parlare me stessa.
E’ stato un bel viaggio quello scorrere tra le pagine di una Sicilia che è anche mia (che vuoi farci, Gregori, siamo un ceppo numeroso e sanguigno!).
L’emigrazione è qualcosa che ci ha toccati da vicino, anche nella mia famiglia ci sono persone che sono andate via e che ho conosciuto dopo anni di lontananza, quando gli oceani che ci separavano non mi sembravano più così immensi, quando le nostre vite di nuovo incrociate mi sono apparse ormai troppo “vissute” per recuperare il tempo perso. Sono persone coraggiose, gli emigranti, ne ho conosciuti tanti. Senza rimpianti, ma con una grande nostalgia negli occhi.

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 12:31 da Silvia Leonardi


“picciridda” l’ho letto pochi mesi fa. un bel libro. mi ha tenuto molto compagnia. brava catena fiorello. aspetto il prossimo

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 16:57 da anna


Emigrazione. Tema a me molto caro. Ho letto che qualcuno ha citato “Vita” della Mazzucco. L’ho letto e mi è piaciuto anche se mi sono sentita colpita dal fatto di uscire con il romanzo mio e di Lory (New York 1920 che appunto di emigrazione italiana in America racconta) dopo la Mazzucco, come se avessimo voluto cavalcare l’onda. Invece noi lo avevamo scritto prima. Cose che succedono.
Nell’ampio lavoro di documentazione svolto prima di scrivere, abbiamo letto con attenzione bibliografica “Orda” di G.A. Stella. Un libro che,lo dico sempre, io renderei obbligatorio nelle scuole medie e superiori. Per insegnare ai nostri ragazzi cosa hanno passato gli italiani emigranti e cosa noi stiamo facendo passare agli immigrati. Una guerra che abbiamo subito, il peso del pregiudizio che andrebbe reciso alla base. Sempre.
Laura

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 17:38 da Laura Costantini


L’emigrazione è un tema molto attuale. E’ vero. Rispetto a noi italiani mi pare che la storia si sia ribaltata. Da popolo di emigranti ci siamo trasformati in popolazione che subisce l’emigrazione altrui. Non fraintendetemi. Non c’e l’ho con i poveracci che arrivano da noi. Solo che la situazione mi pare davvero drammatica. Soprattutto perché abbiamo poco da offrire a questa gente. Il problema è serio e non so, onestamente, come potrebbe risolversi. E gli anni Sessanta mi sembrano altri tempi rispetto ai nostri. Non so se i partecipanti al forum sono d’accordo.

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 17:49 da Claudio Cimi


@ Enrico: belli i “sesquipedali”!
@ Simona: anche se non ti firmassi ti riconoscerei!!! Concordo pienamente con te…
@ Lori Blasi: un bacio grande… Anche per me è stato bello conoscerti!!

“Vita” è un romanzo che anch’io ho amato molto. Melania Mazzucco riesce a rendere l’odissea dolente e straniante di Vita e di altri bambini cui l’emigrazione recide radici e innesta dolori importati in una lingua che non sa dire su miseria antica in una lingua dimenticata e senza voce…
Indimenticabile il racconto di Sciascia sulla traversata atlantica di un gruppo di disperati che si affidano alle mani di trafficanti senza scrupoli per poi sbarcare… a Santa Croce Camerina, beffati due volte, le speranze tranciate, i ponti col passato bruciati.

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 17:50 da Maria Lucia Riccioli


@Massimo, sei un babà: chiedono scusa solo gli eroi, ma quelli non sono coloro che sparano.
@ Simona
Concordo pienamente, il respiro culturale è fondamentale, anzi penso che il successo dei Fiorelli Maschi possa essere stato un problema per Catena – che nome da Malavoglia, fa vibrare il vocabolario e il cuore -, penso ad Alessandro Gassman in lotta col monumento che l’ha preceduto. Ma qui si parla di emigrazione.
La copertina del libro è bella e, a pelle, penso che il racconto sarà interessante. Credo che gli ultimi che possano raccontare l’emigrazione siano i siciliani, hanno ancora la memoria storica fresca ed hanno anche un emigrazione come dire “on tour”. Ancora oggi so, da amici della Trinacria, che c’è gente che va’, viene e poi ritorna (Usa, sempre:).

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 20:09 da francesco di domenico


Volevo raccontare una storia d’emigrazione, ma per non appesantire il post, ne riscrivo un altro.
Mia cugina, vissuta a Licola – Giugliano in Campania Na. Storico posto di servitù militare americana, sposò un marine che poi volò nei verdi pascoli. Lei viveva dignitosamente con la pensione, ma si scocciava a stare con le mani in mano e ha aperto una pasticceria a Virginia Beach.
Laggiù anche le pasticcerie sono considerate Restaurant.
Un giorno a sua insaputa, le ha fatto visita la più feroce critica culinaria dello stato, che scrive sul Virginia Pilot:
Non l’hanno nominata “Ristorante dell’anno”, con, però una piccola nota, alla giornalista non sono piaciuti i biscotti.
Mia cugina, da “cazzimmosa” (è intraducibile) napoletana, le ha mandato in dono un pacco…di biscotti.
Sotto una trance del brano dal VIRGINIA-Pilot, io non ci ho capito una mazza:

Rigoletto: Sophisticated comfort food
By TAMMY G. JAXTHEIMER, The Virginian-Pilot
© July 19, 2006

Rigoletto, a quaint counter service cafe in warm earth-tone colors, has seating for 18, including a settee. When we visited, many folks were placing pick-up orders for special occasions. Owner Gilda Di Domenico with daughter and son, Jessie Mazza and Michael Gibbons, have been gathering regular clientele since the opening in January. Di Domenico, originally from Naples, previously owned bakeries in New Hampshire. After vacationing in Virginia Beach, she decided to move here. She told me in a follow-up phone call that the area reminded her of Naples.

Ah, se vi dovreste trovare a Virginia Beach – VA Usa, fate tranquillamente il mio nome, non penso che Gilda vi farà pagare.

Sotto ci dovrebbe essere l’indirizzo:
A BIT OF ITALY has taken root in Red Mill Commons in Virginia Beach: Rigoletto Italian Bakery & Cafe.

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 20:28 da francesco di domenico


Errata Corrige:
Non l’hanno nominata “Ristorante dell’anno”?

E’ stata nominata R. dell’anno!

Direte, cosa diavolo c’entra con la letteratura? Lo leggerete in primavera, uno dei miei racconti cialtroni è la storia, appunto, di un emigrante a Virginia Beach.

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 20:32 da francesco di domenico


Caaaaro Supersesquipedale Enrico,
oh come mi piacerebbe vederti in azione, mentre raccogli, taccuino in mano e matita stenografica guizzante, la testimonianza di qualche ricercato testaccino in preda ai dubbi morali:
”Si”’ ti dice il poveraccio mettendosi piamente la mano sulla ingiallita canottiera ‘’si’, avrei voluto tornare aroma… sa com’e', signor giornalista, il NOSTOS e’ sempre il NOSTOS, anche se io mica so cosa significa. Pero’ io so’ latitante, non LATTANTE come ha scritto lei ieri sul Messaggero Celtico!”
S.

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 20:47 da Sergio Sozi


Sono appena rientrata a casa dopo una giornata di duro lavoro! Ma mica quello della scrittrice! Ma no… cosa credete!Io faccio molte altre cose… tipo: commessa, lo giuro! Massimo può garantire per me… nel negozio di mia sorella Anna ( eh si! C’è anche una sorella di cui nessuno parla), poi faccio la baby sitter ai vari nipoti, poi sto con la mamma e la aiuto nelle varie faccende personali ( che ne so… visite mediche, parrucchiere, spesa al supermercato), e poi ancora vado in ufficio dove ci occupiamo di edizioni e cose che ruotano intorno alla musica… vabbè scemenze! Insomma, tutto questo perchè bisogna pur mangiare no? E allora voi sapete che con i libri si starebbe sempre a dieta.
E allora… grazie a tutti, intendo a quelli che hanno scritto. Conosco Massimo e conosco Silvia. Loro scrivono cose carine di me per pietà, non vi fidate. Come si fa a credere a gente che per affetto è disposta a spacciarti per persona stupenda? Ma va… Io credo di essere peggio peggio peggio del peggio. Ma io, signori miei non è che mi gasi troppo. Non so, penso sia il mio limite ed anche la mia fortuna. D’ altronde in me convivono perfettamente gli opposti di ogni cosa appartenente a questo pianeta!
Non so cosa dire a proposito dell’ emigrazione. Cioè, non saprei cosa aggiungere. Ah, sì, una cosa la scrivo: l’ emigrazione degli anni ‘60 è attuale e perfettamente somigliante a quella dei nostri giorni. Non nelle dinamiche della logistica nè di quelle della vita pratica forse, ma nel senso del dolore sì. Nel senso dell’ umiliazione e della frustrazione ancor più. E siccome il mio obiettivo è sempre quello di indagare sui sentimenti, ahimè, per quello che mi riguarda le vedo vicine. Non so, è un mio pensiero, per carità…
Ah proposito di sentimenti Massimo. Hai mai pensato di inserire un Agenzia matrimoniale all’ interno del Blog?
Forse voi nopn lo sapete, ma a La Spezia per tre anni ne ho avuto una. creata da me, mentre ero disoccupata e studiavo all’ Università!
Eh sì… piccolo scoop! Baci a tutti. Vado a preparare la cena, poi mi metto a scrivere qualcosina, e poi… e poi… non vi dico più niente!
Ciao. La vostra Picciridda

Postato giovedì, 22 novembre 2007 alle 20:59 da Catena Fiorello


Mi posso connettere soltanto adesso per via di un allagamento (non ancora risolto) in garage. Che disastro!
-
@ Catena:
Cati, vedo che ci stai provando gusto. Brava!
Sei vuoi apro di corsa un’agenzia matrimoniale all’interno del blog e te l’affido. Sarebbe un successone. Nessun dubbio.
-
Ti racconto questa.
Ho chiamato Lucia Sardo al cellulare per dirle che avevo caricato su youtube i video con le sue letture.
Lei mi chiede: “Hai visto Catena di recente?”
E io: “Sì, sono stato con lei in Franciacorta qualche giorno fa per la presentazione finale del suo romanzo.”
E lei: “Ah, bello! Francoforte! Alla fiera del libro?”
(Però bisogna dire che era in strada e presumibilmente non sentiva bene).
Poi ho provato a mandarle la mail con il link, che è tornata puntualmente indietro perché – come saprai – la casella postale di Lucia Sardo è sempre piena.
-
@ Lucia Sardo:
Li hai visti i video? Fammi sapere.

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 00:02 da Massimo Maugeri


Vi ringrazio tutti per i commenti affettuosi.
L’unico che mi ha preso in giro (ma me lo meritavo… eccome) è quello spudorato di Enrico Gregori, che da un po’ di tempo a questa parte fa comunella con Silvia Leonardi. I due, la mattina, si incontrano al bar per prendere il caffè nella pausa lavoro: in quel di Roma, zona via del Tritone.
E chi è la responsabile? Catena Fiorello: bravissima a creare coppie. È lei che ha indicato a Silvia questo blog!
;)
Scherzi a parte, vi ringrazio ancora una volta per i vostri commenti. Siete troppo buoni con me.

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 00:14 da Massimo Maugeri


Ho apprezzato tutti i commenti.
Ringrazio in particolare Simona per il riferimento alle “famiglie di talento”. Hai proprio ragione. E credo abbia ragione anche Francesco Di Domenico. Grazie anche a te.

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 00:19 da Massimo Maugeri


@ Laura Costantini:
Parlaci più in dettaglio del tuo romanzo scritto a quattro mani con Lory, visto che siamo in tema.

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 00:21 da Massimo Maugeri


PICCOLO SPUNTO SUL TEMA EMIGRAZIONE
-
L’argomento emigrazione è stato trattato molte volte, lo sappiamo: nella narrativa, nella saggistica, nel cinema. Restando alla narrativa italiana abbiamo tanti esempi di libri che hanno trattato la “questione”.
Per esempio, Edmondo De Amicis ha affrontato nel libro Sull’Oceano (1889) il tema dell’emigrazione italiana in Argentina negli anni Ottanta dell’Ottocento (racconta la navigazione da Genova a Montevideo compiuta dall’autore sul piroscafo Nord America nella primavera del 1884. Insieme a De Amicis erano imbarcati 1800 passeggeri provenienti da quasi tutte le regioni d’Italia e capaci di parlare solo diletti locali).
Carlo Levi, in Cristo si è fermato ad Eboli (1945), descrive in un capitolo l’emigrazione lucana negli Stati Uniti durante il periodo fascista.
Leonardo Sciascia in due racconti contenuti nella raccolta Il mare colore del vino (1973) affronta i temi dell’emigrazione siciliana in Svizzera e in Germania (L’esame) e negli Stati Uniti (Il lungo viaggio). Quest’ultimo è il racconto a cui faceva riferimento MariaLucia.
Poi c’è il più recente “Vita” della Mazzucco, romanzo vincitore dello Strega nel 2003. E il libro di Laura e Lory.
Infine arriviamo a “Picciridda” Di Catena Fiorello… che ha una particolarità.
Ma di questo ne parleremo domani.
-
Il signor Claudio Cimi (benvenuto!) ha lanciato una piccola provocazione.
Chi gli risponde?

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 00:26 da Massimo Maugeri


Vorrei brevemente tentare una risposta per il sig. Claudio Cimi.
Egregio,
la situazione italiana e’ proprio – come osservava Lei – ”drammatica”. E il dramma, a mio avviso, si sintetizza in poche parole: abbiamo la stessa immigrazione (numericamente e come provenienza degli immigrati) degli altri grandi Paesi europei; ma mentre queste Nazioni tengono una condotta etico-morale-politico-economica chiara, tradizionale, onesta e socialmente condivisa fra i cittadini tutti, in Italia neanche esiste l’idea di cosa voglia dire ”diritti dei lavoratori” o ”meritocrazia” ne’ ”curriculum vitae” o ”praticantato remunerato per legge”. Il lavoro nero non e’ un crimine, in Italia, ma E’ ”IL lavoro” per eccellenza, il principe degli impieghi della realta’ italiana. Esempio: molti marocchini in Francia sono intellettuali, poeti o giornalisti, invece da noi diventare giornalista di professione o scrittore e’ una chimera riservata ad una cerchia di persone ”introdotte”: numero chiuso: bisogna pubblicare gratis (unico Paese europeo che faccia questo) e fare altro per mangiare.
Ne consegue che ”barbari noi, barbari i nostri ospiti”. Lo stesso marocchino che in Italia spaccia eroina, se andasse a vivere in Germania, anche se avesse usanze barbariche, si guarderebbe bene dal manifestarle pubblicamente, perche’ la maggioranza dei tedeschi non apprezza le droghe e si comporta paritariamente con tutte le persone viventi nella sua Nazione. I tedeschi sono in genere persone normali, ergo: se vuoi starci ti togli grilli dalla testa e ti normalizzi, senno andare prego.
Idem per la prostituzione, il malaffare e la corruzione, eccetera: se siamo marci noi, chi deve sopravvivere in Italia marcisce o crepa.
Questa e’ la realta’ – eccetto casi minori di delinquenti stranieri calzati e vestiti che lo sarebbero ovunque.
Cordiali Saluti
Sergio Sozi

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 01:11 da Sergio Sozi


Volevo segnalarvi che anche Camilleri nel suo ultimo “Maruzza Musumeci” parla dell’emigrazione. Lo fa , al solito, con la sua mistura di siciliano e italiano, cogliendo molto bene lo stato d’animo di chi è costretto a vivere in una città che non gli appartiene…Come quando Gnazio, il personaggio principale, emigrato in America, pensa di non volersi sposare lì, nella “Merica”, perchè vorrebbe dire morirvi. E lui, invece, voleva morire nella sua terra, chiudere per sempre gli occhi davanti a un olivo saraceno.

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 08:15 da Simona


Vita! Vita! Vita!
come ho fatto a dimenticarlo? Dolce Mazzucco.
E’ “Il Romanzo” dell’emigrazione, perchè emigrazione in Italia è sempre stata “Llamerica”. Poi si, anche gli altri posti, ma gli Usa però ci hanno dato un esempio di cosa si possa diventare.
Il signor Cimi pone una quaestio molto sentita per chi si sente aggredito dai “Barbari”, per chi non comprende le moschee in Italia e perchè “non le chiese a Rihyad”.
Cent’anni di solitudine fa, da ragazzino, lessi “Questa terra è la mia terra” del poeta cantastorie yankee Woody Gutrhie, il maestro di Dylan.
Ricordo poco, ma ricordo quello che ho voluto tenere per me, che questa terra è di tutti, di tutti quelli che ci vivono e respirano, poi tocca ai politici organizzarvi la socialità e il rispetto delle leggi, quelli che arrivano non vorrebbero venirci. Vi immaginate l’arrivo a Lampedusa di un gommone carico di intellettuali americani proveniente da Tribeca o da Manhattan? E poi, chi lo dice che sono napoletano? Italiano?
Una signora mi fa “Perchè da dove venite?” dalla Spagna “E state da molto qui?” “Bhe si signora, da quattrocento anni, i Di Domenico (Dominguez) arrivarono a Napoli nel ‘600, scappando dalle galere castigliane”.
Chi lo dice che Maugeri, con quel delicato viso greco-siriano sia di Catania?
Avete sentito che bell’intervento ha fatto il “Presidente” sui nati in Italia?

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 08:40 da francesco di domenico


Ciao a tutti.
Questo sito mi piace sempre di più. Un bel salotto dove si respira aria buona. La prima volta che ho sentito parlare di Catena Fiorello è stata alla libreria Ciofalo di Messina dove, se non ricordo male, si doveva presentare il suo libro. Pensavo a uno scherzo. Tre geni in famiglia mi sembrava eccessivo. Da quello che sto leggendo mi sembra una persona alla mano e simpaticissima. Mi è venuta pure la curiosità di leggere il libro e magari recensirlo. L’emigrazione è un problema molto serio, andrebbe regolamentata con leggi più severe. Arrivano flotte di poveri di sgraziati, si rifocillano e poi vanno a disperdersi, molti di loro incrementando la delinquenza. Io credo che i Paesi più ricchi dovrebbero adoperarsi e creare le condizioni per un maggiore sviluppo economico nei territori più disastrati (Albania, Romania, Polonia). A nessuno piace emigrare e se lo fa è perchè si trova in condizioni disperate.

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 08:48 da Salvo zappulla


@ Di Domenico:

…e gli Innocentini, i Diotallevi, gli Esposito, gli Esposti o Degli Esposti, i Diodato, ecc. ecc. ?

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 09:40 da eventounico


@ sergio:
taccuino in mano, matita sfoderata e magari una bella targhetta sul cappello con scritto “stampa”.
Forse sei troppo giovane per ricordare un personaggio dell’Intrepido chiamato Teddy Sberla. Un cronista caciarone che agiva più o meno in quel modo e, ovviamente, non beccava una notizia nemmeno per miracolo.
peraltro, sai che differenza c’è tra un giornalista e un grande giornalista?
il giornalista trova notizie
il grande giornalista, sono le notizie che trovano lui
:-)

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 10:12 da Enrico Gregori


Lo so che differenza passa. La stessa che c’è tra me e te, che sei un GRANNNDE giornalista. Spero che mi concederai l’opportunità di imparare.

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 10:26 da Salvo zappulla


@ Francesco Di Domenico
Anche Australia, oltre che Usa.
Mio zio è emigrato lì a 18 anni e anche se adesso, a 73 anni suonati, sta più spesso in Italia che in Australia, la sua (numerosa) famiglia è tutta lì. Come dicevo non l’ho mai visto per lunghi anni. Poi sono andata a trovarlo in Australia e…sapessi che comunità di italiani e figli di italiani che parlano una lingua imbastardita, un pò dialetto un pò inglese un pò italiano!
E l’Italia di cui parlano, senza averla mai vista, è quella dei racconti dei loro genitori. Fa uno strano effetto, è come se per loro il tempo si fosse fermato.

@ Catena
Sei peggio del peggio del peggio? Io non direi, e Massimo concorda di certo con me. Salvo che tu non lo dica con l’accezione romana di “So’ proprio la peggio!!!”. Allora si, lì ti seguo! :-)

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 10:27 da Silvia Leonardi


Io invece ho scoperto, che prima dei siciliani, ad emigrare in America, furono proprio i bergamaschi. E furono numerosi, così tanti che in alcuni paesi della Valle Imagna ci sono lapidi e monumenti a ricordo di chi abbandonò case e monti, prima per l’America e poi per il resto d’Europa: cavatori di ardesia e i minatori. ( Proprio in questi giorni sto aiutando delle insegnanti a ricostruire mappe e percorsi dei flussi migratori di metà ottocento). Oltre ai documenti ho trovato anche vecchi libri di autori locali, diari e romanzi, narrazioni alla Martin Eden; storie di “ritorni” interessanti anche dal punto linguistico. In quelle pagine si riconoscono, oltre al dolore, lo spaesamento e le fatiche che sappiamo (chi di noi non è in qualche modo un emigrante?), le letture dei nostri antenati clandestini: Victor Hugo, Emily Bronte ed Emile Zola, soprattutto quest’ultimo con il Ventre di Parigi, Nanà e La bestia umana. Sarebbe interessante aprire un capitolo anche su questa immaginifica commistione di uomini e parole che ha originato la letteratura d’oltre Oceano.
A dopo, Miriam

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 11:45 da Miriam Ravasio


@ Salvo:
ma che stai a di’?
:-)

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 12:04 da Enrico Gregori


@ Massimo:
a quando un post-recensione sul libro “Allo specchio” di Silvia Leonardi?
Credo che sia il caso di dare finalmente spazio a una scrittrice siciliana!
:-)

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 12:08 da Enrico Gregori


@ Catena , leggerò sicuramente Picciridda, perché il soggetto è in tema con un dibattito aperto attorno ad un libro che sta riscuotendo molto interesse: Ancora dalla parte delle bambine di Loredana Lipperini. Mi piace che Maugeri abbia postato la discussione sul tuo lavoro, proprio in questi giorni, perché sono sicura, che il tuo contributo sarà significativo e conferirà umanità al dibattito. La sociologia si dimentica, esce dalla mente e nell’andarsene lascia solo delle tracce che col tempo si associano ad altro; o quanto meno ci privano del riscontro umano. Le emozioni, invece, anche se col tempo sbiadiscono, toccano però altre corde e riaffiorano ogni volta, formandoci per sempre. Sarà interessante leggere quelle pagine, che narrano di queste passeggiate nella sabbia, la sabbia del mare, dell’acqua che dà la vita a tutto. Immaginare quei piedini che camminano pensando,un passo dopo l’altro, mentre si cresce, per me non sarà difficile, perché, per le mie trasfigurazioni , io, piccola Heidi di montagna, penso sempre al mare e alla luce della spiaggia.
Miriam

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 12:18 da Miriam Ravasio


Scusami Enrico,
ho preso un granchio. Pensavo che avessi fatto polemica sul mio intervento, non avevo visto che la tua risposta era diretta a Sergio. Però sul fatto che sei un grande giornalista ci ho azzeccato.

Un abbraccio

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 12:20 da Salvo zappulla


Ciao Catena, complimenti per Picciridda. L’ho letto con passione. è un libro che regala emozioni e atmosfere. bravissima

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 12:38 da Marzia


@ Salvo:
e i grandi sanno perdonare allorché, e sia, ti perdono
ps: sto a gioca’!!!!!!
:-)

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 12:58 da Enrico Gregori


Grazie per le cortesi risposte.
Caro Sozi, lei ha ragione. Ma il problema non riguarda soltanto l’etica o il comportamento. Il problema grosso, secondo me, è che questa gente fugge dall’inferno e approda in Italia convinta di trovare l’Eden, mentre spesso trova un altro inferno che è più inferno del precedente proprio perché si trova in luogo distante dal loro.

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 13:03 da Claudio Cimi


Grazie.
Ero rimasto in ginocchio dietro la lavagna per la vergogna.
(anche a me piace scherzare)

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 13:03 da Salvo zappulla


Preciso. Negli anni Sessanta gli italiani emigravano e con tutte le difficoltà del caso trovavano lavoro. Gli stranieri in cerca di lavoro che giungono oggi in Italia, cosa trovano?

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 13:12 da Claudio Cimi


Caro Claudio, e anche lei ha ragione! Le proporzioni sono assolutamente invertite. Negli anni 60 si emigrava, si trovava lavoro e se eri bravo facevi anche carriera. Oggi la possibilità di trovare lavoro è già negata in partenza agli stranieri e, se anche lavorano, è sempre qualcosa di sottodimensionato rispetto alle aspettative.
Ma qui apriremmo un capitolo più grande e complesso della nostra Italia, che è quello della società, delle istituzioni, della politica e dei valori di accoglienza e di rispetto per il genere umano.

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 13:57 da Silvia Leonardi


Lavoro, Claudio Cimi, lavoro.
Lavoro che non vogliamo più fare perchè non abbiamo voluto combattere per salari dignitosi nella raccolta dei pomodori;
lavoro nelle cave di tufo sottopagato, qui a Napoli, che fanno gli Ucraini e gli africani (li porto io la mattina sul bus, e prendo a calci i miei colleghi controllori se tentano di fargli pagare il biglietto, ma sbaglio perchè l’80% di loro lo fa);
lavoro da domestici che fanno i cingalesi, perchè le “piattilografe” (negli anni precedenti le domestiche si definivano tutte “dattilografe” per vergogna) napoletane non lo vogliono fare e credono più onorevole lavare le scale dei condomini, sottopagate (spesso le imprese di pulizia sono in mano alla camorra da noi).
Un mio amico di Ceylon (Sry Lanka) mi diceva di quanto è difficile avere un mutuo di 10.000 euro dalla banca, nonostante la busta paga, perchè deve ricostruire la sua casetta abbattuta dallo Tzunami: “Embè, Alhoa, come fai con diecimila euro?” “Io, faccio, perchè a “Scrillanka” no costa molto!”
Lavorano, altrimenti “Money Transfer” e altri sanguisuga non camperebbero così tanto!
La settimana scorsa ho dovuto inviare 300 euro ad un mio figlio in Congo per pagare i funerali della sorella, si sono presi 40 euro di tasse.
Parlo di figlio e lo considero tale, lo abbiamo adottato moralmente e lo sosteniamo tirando sugli stipenducci finchè non diventa prete e gli danno una parrocchietta a quel nero “figlio d’un bianco” (dicono sia offensivo, dire ad un nero così, ma io gli dico anche vieni qui Watusso, sporco negro fatti abbracciare, e ripiango, lacrime di coccodrillo comunista).
Sarò un po’ una palla, ma aspetto che bolla l’acqua per gli spaghetti, che altro posso fare?

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 14:00 da francesco di domenico


In Sicilia la situazione è identica. Non c’è lavoro e i giovano vanno al nord. Allo stesso tempo si assiste a una massiccia entrata di persone che arrivano a incrementare il lavoro nero, sottopagato, che va a ingarbugliare una situazione già di per sé precaria. Nel ragusano molti extracomunitari trovano lavoro nelle serre, togliendolo di fatto ai braccianti del luogo. I proprietari preferiscono assumere mandodopera che si accontenta di 20 euro al giorno, piuttosto che uno cui devono riconoscere i diritti sindacali. Lo stesso succede con le signore polacche che assistono gli anziani. E non è vero che le persone del luogo si rifiutano di fare i lavori umili. La situazione in Sicilia è talmente grave che si lotta per la sopravvivenza. Lungi da me la tentazione di voler fare la guerra dei poveri. Il punto è: bisogna programmare l’entrata di persone che vengono a lavorare in Italia, imporre le stesse condizioni e gli stessi diritti. Le leggi, se ci sono, bisogna farle rispettare.

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 14:54 da Salvo zappulla


Enrico: L’Intrepido lo leggevo anch’io, saltuariamente – facevamo a scambio di giornaletti, a Spello dove ho vissuto dai cinque ai ventun anni di vita. Ho quarantadue anni, non venti. Pero’ ricordo altri personaggi, come tal Sorrow. Ma purtroppo io ero un seguace soprattutto di Topolino, Alan Ford e Il Monello… insieme ai libri, ovviamente. Ho avuto un’infanzia molto bella e fuori dalle turpitudini del mondo. Sono rimasto fanciullo fino a pochi anni fa.
Sergio

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 15:06 da Sergio Sozi


Per la questione ‘’stranieri (poveri) in Italia”:
ripeto che il problema dell’immigrazione in Italia e’ un problema delle nostre Istituzioni e di noi popolo congiuntamente. Serve piu’ onesta’ fra noi italiani, perche’ anche gli stranieri possano essere onesti. Se no la situazione rimarra’ sempre l’attuale sfacelo. In primis eliminiamo il lavoro nero e facciamo pagar le tasse a tutti i cittadini, poi vediamo. Ci scommettete che cambierebbe qualcosa?
Sergio

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 15:11 da Sergio Sozi


Sergio condivido pienamente il tuo punto e sono sicuro che molte cose cambierebbero.
Comunque quei fumetti l’ho letti anche io. Ho scoperto peraltro di essere più vecchio di te.
P.S.
Stasera vado a sentire Baricco e poi ti racconto

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 16:35 da eventounico


anche una sindacalizzazione a tappeto, roba che dall’ottocento non si fa più.
combattere per i diritti di tutti, per far prendere coscienza che sulla disperazione dei deboli prende vigore lo sfruttamento, e che dalle guerre tra miserie vince solo il padrone. e le mafie che lo affiancano.
scusate lo sbotto molto veterotutto.

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 16:41 da gea


d’altra parte, evidentemente c’è sul blog uno zoccolo duro di vecchietti di cui mi onoro di far parte…
:)

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 16:43 da gea


@ gea
zoccolo duro? onore a voi perpetui combattenti. io, ormai, ho deposto le armi e preferisco una zoccola tenera
:-)

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 16:53 da Enrico Gregori


Pur nell’afflosciamento di mente e corpo, ho ancora un germe di indignazione che si rifiuta di morire nonostante, e, pur stancamente, ogni tanto riaffiora.
E’ una malattia cronica, contratta in giovanissima età, tenuta sotto controllo ma inguaribile, temo.
Mi ci sono quasi affezionata..

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 17:09 da gea


E la cittadinanza?
Mio fratello è ‘emigrato’ in Canada nei primi anni ‘80. Dopo 5 anni di residenza aveva già il passaporto canadese ed il diritto di voto. La sua è stata una scelta, non una necessità, quindi non ci sono state particolari sofferenze degne di nota, anche se qui aveva abbandonato un posto fisso ed il lavoro se l’è trovato in loco, una volta arrivato.
Sua moglie (caraibica, di Grenada) è emigrata lì quasi una decina di anni dopo, trovando a Montreal una nutrita schiera di suoi conterranei. Ne ho conosciuti diversi: tutti lavorano regolarmente, dignitosamente vivono, votano, esistono. Lei (a casa aveva lasciato una nonna centenaria con più di 100 nipoti, una famiglia che neanche garsiamarches….) ha fatto la parrucchiera, la poetessa ed ora dipinge.
Decisamente una società più civile; qui gli emigrati una cosa così se la sognano di notte (ed anche di giorno).
Forse la sognavano già nella loro terra, prima di partire.
E cosa trovano qui? oltre a difficoltà enormi e nuovi stenti, anche la beffa di essere utilizzati da spauracchio nel giochino della politica fatta dai nostri politicastri.
Un omicidio (orribile, efferato, e chi lo nega) commesso da UN ROM (peraltro immediatamente arrestato grazie alla testimonianza di un’altra ROM) fa sì che una comunità di Romeni se ne torni in fretta e furia a casa propria per un clima da pogrom instauratosi a Roma nella settimana successiva (è cronaca, solo un esempio).
Alimentare la paura è un giochino ahimè molto usato in politica: crea facili consensi nei momenti di difficoltà. C’è chi lo fa anche per giustificare invasioni militari in altri paesi, autoinvestendosi del ruolo di difensore della sicurezza mondiale e travestendosi da missionario di pace a suon di bombe. Secoli prima di Hitler nella nostra Europa si sono sperimentate con successo tecniche del genere verso gli Ebrei: qualche fanfaluca su furti di ostie, omicidi rituali e poi via, un bel pogrom e giù a fottersi tutti loro averi ! Anche i debiti finanziari di re ed imperatori (le loro corti, le loro belle guerre costavano mica poco, porca l’oca) talvolta sono stati estinti senza versare un soldo ai finanziatori (ebrei) con questo geniale espediente.
Il razzismo, l’odio per il diverso e compagnia bella trovano terreno fertile dove viene seminata la paura. Tenere acceso il cervello, non farsi condizionare quando ciò accade mi pare un dovere civile di tutti.
Carlo Speranza

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 18:25 da Carlo S.


:) :) :)
messalina.
(che ahimé rima con naftalina)

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 18:43 da gea


Ciao, Gea, bentornata in questi loci!
Ad Eventounico:
si’, raccontami di Baricco, che qualche bel libro l’ha scritto. Io e mia moglie abbiamo anche un suo racconto inedito, risalente ad un paio circa di anni fa, quando io e lei stavamo raccogliendo racconti per un’antologia slovena di racconti italiani recenti e volevamo anche il bellissimo ”La Sindrome Boodman” appunto di Baricco. Solo che il possessore dei diritti – cosi’ ci fece sapere Baricco stesso – non voleva mollare il racconto che ci piaceva inserire nel nostro lavoro sloveno, cosi’, per sostituirlo, l’autore piemontese ci mando’ quel raccontino di un paio di pagine: una cosetta veramente indegna di Baricco che scegliemmo di non pubblicare.
Piccolo aneddoto.
Ciao e dimmi come e’ stato l’incontro pubblico
Sergio

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 20:08 da Sergio Sozi


Caro Claudio Cimi,
dunque la risposta – se vogliamo parlare di risposte e non solo stare a descrivere una situazione che si descrive da se’ – la soluzione, dicevo, sta gia’ in quel che dice Lei: cerchiamo di civilizzare l’Italia. Insomma rendiamo questo nostro Belpaese un posto dove anche la gente sia bella.
Saluti Cari
Sozi

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 20:19 da Sergio Sozi


@gea:
grazie per le due faccette. Ma cosa fare per la terza, la quarta, la quinta ?
Attendo trepidante come uno scèf la vigilia della pubblicazione della guidamiscelèn

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 20:22 da Carlo S.


Enrico,
ora che mi tieni in pugno col ”Maniaco” non te ne approfittare con le parolacce, senno’ vado dal capoclasse Maugger e ti faccio mettere coi ceci sotto le ginocchia dietro la lavagna dei giornalisti perfidi! (eh eh! Sono un infame verace, o no?)
S.

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 20:23 da Sergio Sozi


BRAVO CARLO! Solo che per trascrivere Miscelen sarebbe ottimo adoperare la ‘’sc” slava, ovvero la ‘’s” con sopra il cuneo, che da’ il suono appunto dell’italiano ‘’sc”.
Congratulescion! a biento’!
Sergej Giulianovo Sozev

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 20:27 da Sergio Sozi


Per tornar all’argomento ”illegalita’ e stranieri”, aggiungo a quanto sovradetto che sarebbe utile – insieme e non prima dell’equa tassazione e dei controlli a tappeto fiscali e degli ispettori del lavoro – anche l’introduzione di un sussidio di disoccupazione per tutti.
S.

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 20:33 da Sergio Sozi


@sergio
grazie! mi ero rotto la testa a pensarci. E mi ero reso conto che ’scl’ avrebbe dato un suono duro in italiano e una ‘i’ od ‘e’ aggiunta era un pò artificioso, ma non trovavo la soluzione.
Le mie radici, che sono pure istriane, non sono affiorate al momento opportuno.

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 21:09 da Carlo S.


Carlo,
io sono umbro-laziale, ma per giocare le trovo tutte!
Ciao caro
Sergio

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 21:11 da Sergio Sozi


Da Marja Lucja Ricciolovna: Scherzo anch’io ogni tanto!
Sdrammatizziamo un poco questo tema drammaticissimo…

Torno seria…
Vi ricordate il bellissimo ladro di merendine di Camilleri? Intrattenimento, ok, storcono il naso i critici, ma il rapporto di Montalbano col bimbo figlio di extracomunitari e “adottato” dall’accoglientissima sicilianissima famiglia di Mimì Augello è qualcosa che mi ha scaldato il cuore…
Abituiamoci a considerarci cittadini del mondo! La nostra patria è la Grande Madre Terra…
Di chi è l’Etna, se quando ‘a Muntagna è nata non c’era nessuno a vederla?
è un’utopia pensarla così?
Adottiamo bimbi a distanza e da vicino, indigniamoci se i nostri connazionali o i nostri vicini cingalesi vengono sottopagati e umiliati, accogliamo tutti i bambini del mondo nelle nostre scuole, perché sono solo igrandi ad essere razzisti!
La mia alunna cingalese era la più brava della classe, oltre a non essere MAI stata vista come diversa dai suoi compagnetti…
You may say that I’m a dreamer but I’m not the only one…

Postato venerdì, 23 novembre 2007 alle 23:05 da Maria Lucia Riccioli


Cara Maria Lucia… bello il tuo essere un po’ flauerpauer (flower power), ma forse sentirsi piu’ attaccati alla Patria potrebbe significare accettare e accogliere meglio gli stranieri, i quali sempre diversi da noi restano (perche’ lo sono) ma se stanno in una Nazione di veri patrioti si trovano meglio con tutti, se invece stanno in un luogo di ”cittadini del mondo” e’ come se stessero in un pianeta lontano privo di caratteristiche e proprie tradizioni. Se l’Italia non ama l’Italia, non puo’ certo amare i non-italiani.
Il mio patriottismo sta tutto qua: la nostra Patria e le nostre ataviche tradizioni di accoglienza, poeticita’ e benevolenza, la nostra arte e Letteratura, vanno conservati e estesi a chi viene a trovarci. Se cerchiamo di essere ”globalizzati”, invece, perdiamo noi stessi e in cambio non troviamo niente… perche’ CHI VIENE IN ITALIA VUOLE TROVARE GLI ITALIANI, NON I ”CITTADINI DEL MONDO”. Ovvio, questo, no, Maria Lucia?
Baciamano
Sergio

Postato sabato, 24 novembre 2007 alle 00:20 da Sergio Sozi


Zoccola tenera?
“Madonna damigiana, con tutti i santi dentro e Dio per tappo!”
Enrico Gregori, dove sei stato in tutti questi anni?
E’ una battuta da antologia.

Ragazzi ci stiamo parlando addosso, il libro della “fascinosa” Catena – fascinosa perchè sorella dei Fiorelli, o perchè è proprio faccia da Sicilia, da Peppuccio Tornatore? – è passato in sott’ordine perchè ‘o masto Maugeri ha fatto l’errore di dare un doppio tema e, maledetti beoni vi siete (ci siamo) tutti lanciati sul social – sociologico, dimenticando la poesia: “Partire è un po’ morire”; “Tornare alle radici della propria terra” e quant’altro.
Ritorniamo in tema?
Chi ha letto il libro “in-catenato” ce ne parli acciocchè ci possiamo sparare i sette dollari del prezzo in “economica”, senza doverci privare inutilmente di un pacchetto di Marlboro e di un Whisky!

Catena non me ne voglia, già l’amo, ma sette dollari per un tranviere non sono pochi.

Postato sabato, 24 novembre 2007 alle 00:35 da francesco di domenico


I commenti di Claudio Cimi hanno acceso il dibattito. Bene!
Ho letto i vostri commenti e li trovo condivisibili.
Ciò premesso vi pongo questa domanda:
sostenere che “questa gente fugge dall’inferno e approda in Italia convinta di trovare l’Eden, mentre spesso trova un altro inferno che è più inferno del precedente” non fa – come dire – un po’ comodo?

Postato sabato, 24 novembre 2007 alle 00:40 da Massimo Maugeri


Accolgo l’invito di Francesco Di Domenico e torno a parlare di “Picciridda”.
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Continuo il discorso iniziato nel mio precedente commento su “Letteratura ed emigrazione”.
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In linea di massima la maggior parte dei libri che si sono occupati, in un modo o nell’altro, di emigrazione l’hanno fatto considerando soprattutto il punto di vista dell’emigrante; di colui che lascia la propria terra in cerca di fortuna.
In un interessante saggio, pubblicato nel 2002 dall’editore Raffaello Cortina, con un titolo molto evocativo, La doppia assenza, il sociologo algerino Abdelmalek Sayad (1933 – 1998) evidenzia che in genere le “scienze delle migrazioni” continuano a focalizzarsi sui problemi che le ondate migratorie provocano nel paese di arrivo, senza tenere conto del fatto che l’immigrazione sconvolge anche i paesi e le società di partenza. Mentre invece le migrazioni – sostiene Sayad – sono un “fatto sociale totale”. La doppia assenza, dunque.
(Una è l’assenza dell’immigrato dalla propria patria, l’altra è l’assenza dell’emigrato nella cosiddetta “società d’accoglienza”. Ma c’è anche un’altra doppia assenza, considerata sempre nell’ottica dell’emigrazione vista come “fatto sociale totale”.)
Una, è l’assenza che percepisce e che strugge colui che parte: l’assenza dei propri luoghi e degli affetti più cari. L’altra è l’assenza che subisce colui che rimane, colui che è costretto a farcela nonostante la sopravvenuta mancanza di importanti punti di riferimento.
Ecco, partendo da questo preambolo, credo che uno dei meriti principali di questo romanzo di Catena Fiorello sia stato quello di esser riuscito ad affrontare il problema dell’emigrazione considerandolo come “fatto sociale totale”, considerando, cioè, la “doppia assenza” e analizzando con maggiore intensità quella delle due assenze che è sempre stata considerata di meno: cioè l’assenza subita da chi rimane.

Postato sabato, 24 novembre 2007 alle 00:47 da Massimo Maugeri


Nella fattispecie chi rimane è Lucia, una bambina di undici anni che subisce, appunto, l’assenza dei genitori. I genitori, infatti, si trovano costretti a emigrare in Germania, per questioni di sopravvivenza. E decidono di portare con loro solo il più piccolo dei due figli affidando “la grande”, sebbene pur sempre picciridda, alla nonna paterna dal carattere burbero.
Da qui si sviluppa la storia del libro.
-
Buona notte a tutti.

Postato sabato, 24 novembre 2007 alle 00:50 da Massimo Maugeri


Da come ne parli, questo libro potrebbe essere una cosa buona. Dipende pero’ da come e’ scritto: stile, personalita’, trama, struttura (inizio, svolgimento, finale), figure retoriche e raffinatezze… dimmi allora, Maugger: e’ un libro fatto da una letterata o piuttosto uno dei tanti pubblicato tanto per pubblicare? C’e’ la stoffa della scrittrice vera, dietro?
Sergio Analiticus

Postato sabato, 24 novembre 2007 alle 01:00 da Sergio Sozi


@ Sergio Analiticus:
C’è’ la stoffa della scrittrice vera. Davanti e dietro.
;)
Buona notte. A domani.

Postato sabato, 24 novembre 2007 alle 01:05 da Massimo Maugeri


Mi spiace, il libro di Catena non l’ho ancora letto, ma lo farò, statene certi.
Ma torno brevemente al tema “emigrazione in letteratura” per segnalare ancora una volta W.G.Sebald e le quattro storie raccolte ne GLI EMIGRATI. Per me, e lo ribadisco con forza, è uno degli scrittori più originali ed intensi del ‘900.
Credo nessuno sia riuscito a sondare con una tale delicatezza e profondità i temi dello sradicamento e del senso di estraneità dell’emigrato, che qui portano i protagonisti fino al suicidio, evitando però accuratamente le corde della tragedia, quasi con un meraviglioso e straniato pudore invece, e in una perfetta fusione di parole e di immagini, in bianco e nero, caratteristica di tutti i suoi libri.
Scusatemi se vi rompo di nuovo a citarvi Sebald e se ancora lo farò (perchè so che lo farò).
Mi scusi anche Catena per non poter esprimere ancora alcun pensiero sul suo lavoro, ma l’augurio più bello che posso farle è quello di riuscire a suscitare la medesima sincera passione che io tento di comunicare oggi per un altro autore.
E mi scusi infine il caro Francesco se, per i motivi esposti, io non posso esaudire la sua richiesta lasciandolo nel dilemma: bacco e tabacco o lettere ?
Con affetto per tutti voi, popolo di questo blog
Carlo Speranza

Postato sabato, 24 novembre 2007 alle 02:10 da Carlo S.


@Carlo:
continua così e le faccatte aumenteranno. Già, se guardi bene, erano due e mezza…
@ Francesco:
ti consiglio di guardare il video della presentazione in libreria. Catena, che devo dire mi è piuttosto simpatica, propone una soluzione al tuo dilemma. Brava ragazza.
Sugli sconvolgimenti dell’emigrazione vorrei raccontarvi una piccola storia, ma devo andare a lavorare. Se ci riesco, lo farò più tardi.
Buona giornata a tutti.

Postato sabato, 24 novembre 2007 alle 07:02 da gea


@ Sergio:
Aggiungo che quello che penso del libro è scritto nella mia recensioni che trovi cliccando sui link inseriti nel post.
-
@ Carlo S.:
Approfondiremo la conoscenza di W. G. Sebald. Grazie a te.

Postato sabato, 24 novembre 2007 alle 12:33 da Massimo Maugeri


@ francesco:
forse ero nell’iperspazio creativo senza sapere che Maugeri ne avrebbe inventato uno. Un precursore, insomma!
:-)

Postato sabato, 24 novembre 2007 alle 12:42 da Enrico Gregori


a Carlo Speranza:
perché non scrivi tu una recensione/presentazione su Winfrid George Sebald?

Postato sabato, 24 novembre 2007 alle 13:58 da Miriam Ravasio


Un libro che migliora con il susseguirsi delle pagine e la fine è proprio inaspettato nel complesso è un libro intrigante. La scrittrice descrive ottimamente una Sicilia retrograde, mi ha appassionato sino all’ultima pagina.
lucia

Postato sabato, 24 novembre 2007 alle 19:11 da Lucia


Visto che Carlo parla del suo Sebald, spero che nessuno se ne abbia a male se ora vi diro’ che in Italia e’ stata appena ristampata un’opera importante dello scrittore sloveno di Trieste Boris Pahor, il grande vecchio della Letteratura slovena (o meglio slovenofona). Si intitola ”Il petalo giallo” (”Zibelka sveta”: letteralmente ”La culla del mondo”) e l’editore e’ il coraggioso Zandonai di Rovereto (TN). Ne parlero’ meglio con calma – sapete, io sono un ozioso meridionale. Pero’ vi anticipero’ che si tratta di un’opera – pienamente mitteleuropea nello stile e nella ratio – trattante del dolore permanente che segue la barbarie umana (sia quella della ”microviolenza” familiare che la ”macroviolenza” del genocidio). Le vittime delle quali, pero’, possono incontrarsi lungo un tragitto insperatamente coincidente, almeno per alcuni tratti.
Scusami Maugger se ho sfruttato il post per parlare di di un’opera fuori argomento… almeno in parte.
Sergio

Postato domenica, 25 novembre 2007 alle 00:07 da Sergio Sozi


“Pensieri sullo sterco molle dei dromedari sulle dune a nord di Rabat”
è un’antologia intensa e pregnante di Amal Al-Katzoun, un poeta e narratore berbero vissuto nel ‘900 e morto ad Agadir nel 1947 d.c. tentando di salvare il suo cammello impazzito che voleva abbeverarsi ad un distributore di benzina.
I ventisette racconti seguono tutti uno stesso tema, quello del rapporto dell’uomo col suo animale, inteso anche in senso metafisico.
Della migrazione dalla sua terra, o dal suo giardino, in quella del suo vicino – sempre in viaggio – alla scoperta della di lui compagna Fatima, detta anche “Le doppie dune del deserto” per il prosperoso petto che ricordava le cupole della moschea di Ouarzazat.
Qui il tema della migrazione si fa passionale, perchè Amal, stravolgendo i canoni classici della letteratura Araba, di per se transumante per via dei molti arzigogoli fluttuanti della scrittura medio-orientale, la ferma, in modo occidentale; le blocca la poetica, riducendola a puro e, oserei dire mero e porco suo vantaggio, lasciandosi rotolare nello stallatico del ricovero dei cammellidi, insiemi alla ex nobile consorte del suo amico, combinandosi, lui e la Fatima, come dei lerci concubini, annullando poetiche e quant’altro.

Massimo: un’altro post, brodo lungo e seguitate: ci stiamo avvitando!

Postato domenica, 25 novembre 2007 alle 00:57 da francesco di domenico


@miriam
Svolgere il compito che mi proponi non mi è facile, e un pò mi imbarazza nei confronti di Catena Fiorello, che dovrebbe essere la protagonista di questo post. Cercherò pertanto di essere conciso, rinviandoti sostanzialmente a due indirizzi in rete:
- “W. G. Sebald o il reticolo ipnotico del romanzo”, di Massimo Bonifazio, da un supplemento del Manifesto (Alias 2001):
http://www.germanistica.it/saggi/sebald.asp -
- un breve saggio di Tim Parks sul suo primo libro apparso, “Vertigini” : “LE SEDUZIONI DI W.G. SEBALD” (New York Review of Books -2004),
http://www.adelphi.it/Files/parks_sebald.pdf
Aggiungo solo che le sue sole quattro opere narrative, tutte pubblicate tra il 1990 ed il 2001, anno della sua morte, mi hanno da subito profondamente impressionato e me lo hanno fatto amare soprattutto per la lievità con cui vengono trattati temi quali la memoria, l’oblio, l’estraneità, la desolazione, la follia; e per il pudore con cui lo scrittore si mette a nudo, in una sorprendente concatenazione di idee e di pensieri che si sostituisce completamente all’azione, quasi del tutto assente dalla sua narrativa.
E poi per l’uso abbondante di immagini (la maggior parte fotografie scattate dallo stesso Sebald) che costituiscono parte
integrante e indissolubile della narrazione e che guidano il lettore – tracce visive della memoria – talvolta evocando straniate atmosfere sospese nel tempo, come provenissero da album familiari, o da scatole di cartone gelosamente conservate in qualche soffitta.
Altri riferimenti letterari li potrai trovare nei due brevi articoli che ho indicato; interessante il secondo (quello di Parks).
Ciao
Carlo Speranza

Postato domenica, 25 novembre 2007 alle 01:23 da Carlo S.


@carlo e @ massimo
Ti ringrazio, ma io non volevo rubare spazio a questo post! Semplicemente pensavo che Massimo avrebbe potuto invitarti a scrivere un post per un adeguato spazio, da pubblicarsi più in là.
( un po’ mi ero già informata. Domani, se un fastidioso e incomprensibile – ma come avrò fatto- strappo muscolare me lo consentirà: farò un salto in biblioteca e in libreria, per Sebald e Fiorello)
Ciao e buona giornata
Miriam

Postato domenica, 25 novembre 2007 alle 12:37 da Miriam Ravasio


Caro Massimo,
presa da mille impegni lavorativi, leggo solo ora il tuo cortese invito a parlarti più diffusamente di New York 1920 – il primo attentato a Wall Street, scritto a quattro mani con Loredana Falcone e pubblicato a settembre del 2006 dalla Maprosti & Lisanti. Dopo un anno esatto dalla prima presentazione, abbiamo avuto l’onore di una lusinghiera recensione di Severino Colombo sulle pagine della cultura del Corriere della Sera. Per chi avesse voglia di dare un’occhiata rimando a http://www.anobii.com/books/01f6e9d5ba29dedd88/
Il romanzo narra le vicende di due fratelli, Eugenio e Cecilia Pepe, che partono da Napoli nel marzo del 1920. I personaggi sono di fantasia, ma reale fu l’ultima grande ondata migratoria verso il nord America, già scoraggiata dalle leggi degli Stati Uniti decisi ad arginare il flusso. La prima guerra mondiale era appena finita, negli USA era appena entrato in vigore il Proibizionismo, agli emigranti si richiedeva di essere giovani, in buona salute, in grado di leggere e di scrivere. La realtà che li attendeva, una volta superata la selezione di Ellys Island, era ben diversa da quella che si aspettavano. Per i nostri protagonisti l’impatto è choccante. Una stanza in un palazzone di Mulberry Street che niente ha da invidiare ad un basso napoletano. Un lavoro da scaricatore al porto per Eugenio, un impiego da sigarettaia in uno speakeasie bordello per Cecilia. E’ tempo delle lotte tra bande di irlandesi, italiani ed ebrei per il controllo del traffico di alcoolici. Ma soprattutto è tempo di discriminazione per tutti coloro che non appartengono all’etnia wasp. Eugenio e Cecilia lo provano sulla propria pelle, sbattendo il naso contro cartelli che vietavano l’ingresso negli eleganti negozi newyorkesi a cani, negri e dagoes. La voglia di riscatto non tarda a trasformare Eugenio in un malavitoso le cui aspirazioni vanno ad impattare contro le regole di Cosa Nostra. E su tutti grava, imminente, la tragedia del primo grande attentato subito da New York: una bomba da cento chili di tritolo fatta esplodere da un anarchico italiano davanti alla casa del banchiere Morgan per protestare contro l’arresto di Sacco e Vanzetti. La bomba esplose a mezzogiorno del 16 settembre 1920, a neanche un isolato di distanza dal ground zero del 2001. Ma quando la Storia impatta con la vita dei singoli, non è detto che da una tragedia non possa sorgere una nuova speranza.
Laura

Postato domenica, 25 novembre 2007 alle 15:56 da Laura Costantini


@ laura e a loredana (che non si vede mai)
complimenti per la bella e dettagliata recensione sul Corriere. Complimenti anche per riuscire a scrivere a 4 mani. Lo so che avete illustri predecessori, ma a me sembra una cosa fuori dal mondo e irrealizzabile

Postato domenica, 25 novembre 2007 alle 16:44 da Enrico Gregori


QUESTO POST è UNA… REAZIONE A CATENA!!!
:-)

@ Catena: quali sono gli autori che ti ispirano?
Quali sono i tuoi libri del cuore e dell’anima?

Postato domenica, 25 novembre 2007 alle 17:52 da Maria Lucia Riccioli


Grazie Enrico,
Loredana è la parte oscura e misteriosa della coppia, quella che ama poco l’apparire, fosse pure in un commento. Quella più timida e ombrosa. Ma esiste, tante volte ti fosse venuto il dubbio, e se passi dalle nostre parti (http://lauraetlory.splinder.com) avrai modo di leggerla.
Laura

Postato domenica, 25 novembre 2007 alle 18:22 da Laura Costantini


Tornando a Catena Fiorello…
Non ho fatto in tempo a segnalare qui che oggi Catena si è trovata a Catania a condurre un collegamento in diretta con Simona Ventura e “Quelli che il calcio” dall’interno di un club di tifosi del Catania.
Ci sono andato anch’io. Pomeriggio divertente in un’atmosfera serena. Nonostante il Catania abbia perso 2-0 contro il Napoli (a Napoli).

Postato domenica, 25 novembre 2007 alle 19:41 da Massimo Maugeri


@ Maria Lucia:
Proprio per il fatto che Catena si trova fuori sede temo che al momento non ti potrà rispondere. Ma lo farà presto.

Postato domenica, 25 novembre 2007 alle 19:41 da Massimo Maugeri


Sul tema “migrazione e integrazione” vi propongo un testo che ha fatto il giro del web e che probabilmente conoscete già. L’occasione è stata data dalla… “questione romena”.
Il titolo è: TRIANGOLO NERO. NESSUN POPOLO È ILLEGALE
-
violenza, propaganda e deportazione. Un manifesto di scrittori, artisti e intellettuali contro la violenza su rom, rumeni e donne
-
La storia recente di questo paese è un susseguirsi di campagne d’allarme, sempre più ravvicinate e avvolte di frastuono. Le campane suonano a martello, le parole dei demagoghi appiccano incendi, una nazione coi nervi a fior di pelle risponde a ogni stimolo creando “emergenze” e additando capri espiatori.
Una donna è stata violentata e uccisa a Roma. L’omicida è sicuramente un uomo, forse un rumeno. Rumena è la donna che, sdraiandosi in strada per fermare un autobus che non rallentava, ha cercato di salvare quella vita. L’odioso crimine scuote l’Italia, il gesto di altruismo viene rimosso.
Il giorno precedente, sempre a Roma, una donna rumena è stata violentata e ridotta in fin di vita da un uomo. Due vittime con pari dignità? No: della seconda non si sa nulla, nulla viene pubblicato sui giornali; della prima si deve sapere che è italiana, e che l’assassino non è un uomo, ma un rumeno o un rom.
Tre giorni dopo, sempre a Roma, squadristi incappucciati attaccano con spranghe e coltelli alcuni rumeni all’uscita di un supermercato, ferendone quattro. Nessun cronista accanto al letto di quei feriti, che rimangono senza nome, senza storia, senza umanità. Delle loro condizioni, nulla è più dato sapere.
Su queste vicende si scatena un’allucinata criminalizzazione di massa. Colpevole uno, colpevoli tutti. Le forze dell’ordine sgomberano la baraccopoli in cui viveva il presunto assassino. Duecento persone, tra cui donne e bambini, sono gettate in mezzo a una strada.
E poi? Odio e sospetto alimentano generalizzazioni: tutti i rumeni sono rom, tutti i rom sono ladri e assassini, tutti i ladri e gli assassini devono essere espulsi dall’Italia. Politici vecchi e nuovi, di destra e di sinistra gareggiano a chi urla più forte, denunciando l’emergenza. Emergenza che, scorrendo i dati contenuti nel Rapporto sulla Criminalità (1993-2006), non esiste: omicidi e reati sono, oggi, ai livelli più bassi dell’ultimo ventennio, mentre sono in forte crescita i reati commessi tra le pareti domestiche o per ragioni passionali. Il rapporto Eures-Ansa 2005, L’omicidio volontario in Italia e l’indagine Istat 2007 dicono che un omicidio su quattro avviene in casa; sette volte su dieci la vittima è una donna; più di un terzo delle donne fra i 16 e i 70 anni ha subito violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita, e il responsabile di aggressione fisica o stupro è sette volte su dieci il marito o il compagno: la famiglia uccide più della mafia, le strade sono spesso molto meno a rischio-stupro delle camere da letto.
Nell’estate 2006 quando Hina, ventenne pakistana, venne sgozzata dal padre e dai parenti, politici e media si impegnarono in un parallelo fra culture. Affermavano che quella occidentale, e italiana in particolare, era felicemente evoluta per quanto riguarda i diritti delle donne. Falso: la violenza contro le donne non è un retaggio bestiale di culture altre, ma cresce e fiorisce nella nostra, ogni giorno, nella costruzione e nella moltiplicazione di un modello femminile che privilegia l’aspetto fisico e la disponibilità sessuale spacciandoli come conquista. Di contro, come testimonia il recentissimo rapporto del World Economic Forum sul Gender Gap, per quanto riguarda la parità femminile nel lavoro, nella salute, nelle aspettative di vita, nell’influenza politica, l’Italia è 84esima. Ultima dell’Unione Europea. La Romania è al 47esimo posto.
Se questi sono i fatti, cosa sta succedendo?
Succede che è più facile agitare uno spauracchio collettivo (oggi i rumeni, ieri i musulmani, prima ancora gli albanesi) piuttosto che impegnarsi nelle vere cause del panico e dell’insicurezza sociali causati dai processi di globalizzazione.
Succede che è più facile, e paga prima e meglio sul piano del consenso viscerale, gridare al lupo e chiedere espulsioni, piuttosto che attuare le direttive europee (come la 43/2000) sul diritto all’assistenza sanitaria, al lavoro e all’alloggio dei migranti; che è più facile mandare le ruspe a privare esseri umani delle proprie misere case, piuttosto che andare nei luoghi di lavoro a combattere il lavoro nero.
Succede che sotto il tappeto dell’equazione rumeni-delinquenza si nasconde la polvere dello sfruttamento feroce del popolo rumeno.
Sfruttamento nei cantieri, dove ogni giorno un operaio rumeno è vittima di un omicidio bianco.
Sfruttamento sulle strade, dove trentamila donne rumene costrette a prostituirsi, metà delle quali minorenni, sono cedute dalla malavita organizzata a italianissimi clienti (ogni anno nove milioni di uomini italiani comprano un coito da schiave straniere, forma di violenza sessuale che è sotto gli occhi di tutti ma pochi vogliono vedere).
Sfruttamento in Romania, dove imprenditori italiani – dopo aver “delocalizzato” e creato disoccupazione in Italia – pagano salari da fame ai lavoratori.
Succede che troppi ministri, sindaci e giullari divenuti capipopolo giocano agli apprendisti stregoni per avere quarti d’ora di popolarità. Non si chiedono cosa avverrà domani, quando gli odii rimasti sul terreno continueranno a fermentare, avvelenando le radici della nostra convivenza e solleticando quel microfascismo che è dentro di noi e ci fa desiderare il potere e ammirare i potenti. Un microfascismo che si esprime con parole e gesti rancorosi, mentre già echeggiano, nemmeno tanto distanti, il calpestio di scarponi militari e la voce delle armi da fuoco.
Succede che si sta sperimentando la costruzione del nemico assoluto, come con ebrei e rom sotto il nazi-fascismo, come con gli armeni in Turchia nel 1915, come con serbi, croati e bosniaci, reciprocamente, nell’ex-Jugoslavia negli anni Novanta, in nome di una politica che promette sicurezza in cambio della rinuncia ai principi di libertà, dignità e civiltà; che rende indistinguibili responsabilità individuali e collettive, effetti e cause, mali e rimedi; che invoca al governo uomini forti e chiede ai cittadini di farsi sudditi obbedienti.
Manca solo che qualcuno rispolveri dalle soffitte dell’intolleranza il triangolo nero degli asociali, il marchio d’infamia che i nazisti applicavano agli abiti dei rom.
E non sembra che l’ultima tappa, per ora, di una prolungata guerra contro i poveri.
Di fronte a tutto questo non possiamo rimanere indifferenti. Non ci appartengono il silenzio, la rinuncia al diritto di critica, la dismissione dell’intelligenza e della ragione.
Delitti individuali non giustificano castighi collettivi.
Essere rumeni o rom non è una forma di “concorso morale”.
Non esistono razze, men che meno razze colpevoli o innocenti.
Nessun popolo è illegale.

Postato domenica, 25 novembre 2007 alle 23:25 da Massimo Maugeri


dopo aver letto quanto sopra posso dirmi certo che l’unico triangolo nero che mi piace è quello che sempre mi è piaciuto

Postato lunedì, 26 novembre 2007 alle 00:08 da Enrico Gregori


Ho comprato il libro di Catena Fiorello giovedì e l’ho divorato nel fine settimana. Bel libro. Grazie per la segnalazione.

Postato lunedì, 26 novembre 2007 alle 10:07 da Angela Mancuso


Oggi, domenica 2 dicembre, mi dedicherò a Picciridda!

Postato domenica, 2 dicembre 2007 alle 14:28 da Miriam Ravasio


[...] CATENA FIORELLO… E IO: UN ATTO DI ESPIAZIONE [...]

Postato lunedì, 3 dicembre 2007 alle 22:05 da Kataweb.it - Blog - LETTERATITUDINE di Massimo Maugeri » Blog Archive » BAMBINE, TRA LETTERATURA E VITA


Anche io ho letto il libro di Catena e mi è piaciuto moltisimo, attendo con ansia il suo prossimo romanzo. Visita il mio blog appena nato http://www.catenafiorello.splinder.com

Postato mercoledì, 6 agosto 2008 alle 19:41 da Rita


Ciao Rita,
in bocca al lupo per il tuo nuovo blog.
Ho sentito Cati un paio di giorni fa. È in vacanza, in Sardegna, a casa di Rosario.
A presto!

Postato mercoledì, 6 agosto 2008 alle 19:54 da Massimo Maugeri


HO SCOPERTO PER CASO QUESTO LIBRO E L’HO LETTO PRIMA DI PENSARCI SU’-NON AVEVO COLLEGATO IL RAPPORTO DI PARENTELA TRA IL MITICO E CATENA-
LA COPERTINA DICE GIA’ TANTO.LA STORIA MI HA COINVOLTO SUBITO.
I PERSONAGGI SONO INTRIGANTI E L’AMBIENTAZIONE E’ RESA BENISSIMO.
UNA STORIA NELLA QUALE CI SI PUO’ RITROVARE, UN PAESE PICCOLO E CHIUSO DOVE SI MORMORA SPESSO, CHI VIVE UNA PICCOLA CITTA’ PUO ‘ CAPIRE.POI..LE STORIE, GLI EMIGRATI, LA NOSTALGIA, L’AFFETTO, L’AMICIZIA , CI SONO TANTI SENTIMENTI..
POI..IL LIBERO E’ FINITO E IO MI SONO DOCUMENTATA, HO CONOSCIUTO CATENA UN PO’ PIU’ DA VICINO, COMPLIMENTI
SIETE UNA FAMIGLIA DI GENI ..IO AMMIRO ANCHE L’ATTORE !CIAO E..
AL PROSSIMO ROMANZO!!

Postato giovedì, 27 agosto 2009 alle 19:20 da marilena


Grazie, per il commento Marilena. Anche da parte di Cati.

Postato giovedì, 27 agosto 2009 alle 21:15 da Massimo Maugeri


conosciuta cati a colonna beach mentre per ben due tre volte ci ritrovammo sedute al tavolo di prenotazione trattamenti estetici entrambe col viso pulito e l’anima negli occhi.Simpatizzammo senza conoscerci ma non riuscimmo a scambiarci i numeri alla partenza.Come vorrei sentirla per poi scoprire Picciridda.

Postato martedì, 15 settembre 2009 alle 16:04 da ida della rocca



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