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lunedì, 11 febbraio 2008

LA LETTERATURA DELLA FOLLIA

Il tema della follia è uno di quelli più ricorrenti in letteratura.

Di seguito troverete un pezzo di Flaviana Zaccaria (pubblicato su letterariamente) e due recensioni. La prima è firmata da Ruggero Bianchi (pubblicata su Tuttolibri del 29 dicembre 2007) e riguarda il nuovo romanzo di Patrick McGrath che – dopo Follia (1998), Il morbo di Haggard (2002) e Port Mungo (2004), torna in libreria con Trauma (edito da Bompiani).

La seconda recensione è firmata, invece, da Silvia Leonardi e riguarda il libro di Pasquale Esposito (nome in codice: Eventounico), intitolato Come pagina bianca (edito da Aletti).

Due libri che, in un modo o nell’altro, rientrano nel tema.

Vi invito a discutere sia sul tema, prendendo come spunto il pezzo della Zaccaria, sia sui due libri recensiti.

A proposito… c’è un “romanzo folle” a cui siete particolarmente legati?

Chiudo con la domanda finale posta dalla Zaccaria.

Chi non ha mai lottato contro i mulini a vento?

(Massimo Maugeri)

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Da sempre la follia ha imperversato nella letteratura mondiale assumendo forme e valenze diverse; dagli antichi saltimbanchi ai romanzi di Dostoevskij e Pirandello, la follia non ha fatto altro che puntare il dito, focalizzando l’attenzione del pubblico su qualcosa di fondamentalmente universale: l’Io, i desideri e le espressioni più pure di se stessi. Cos’è infatti l’atto o le parole di un folle se non una espressione limpida, senza mediazioni raziocinanti, della propria mente, del proprio sentire?

L’arte ha adottato questa libertà per mostrare l’Altro, l’esistenza di qualcosa al di là della norma convenzionale sociale, alzando la sua polemica contro la “conformità-a-tutti-i-costi” e il rifiuto per il diverso: basta leggere qualche pagina del Sosia o delle Memorie del sottosuolo di Dostoevskij, o l’ancor più famoso Uno, nessuno, centomila di Pirandello, per rendersi conto della profondità in cui scende l’analisi umana nella sincerità della follia.

La “Follia seria” ha così accolto su di sé il difficile compito di esprimere l’angoscia, le ansie e il male di vivere dell’uomo; ma esiste anche un’altra faccia della follia: quella “che ride”, la follia giocosa dei saltimbanchi che nasconde dietro il suo riso le stesse inquietudini, che esorcizza i “mostri” e l’Altro mostrandone le contraddizioni e le irrazionalità. Ma ciò non significa che la sua sia un’opera di distruzione, al contrario, come scrive anche Bergson, la follia in tal modo dà consistenza e valore ad un modello, ad una determinata forma; che un personaggio, un avvenimento sia bersaglio del riso, non è che il riconoscimento della forza e dell’importanza di questo stesso.

Ariosto nell’Orlando Furioso mette in pratica proprio ciò: nella follia d’Orlando, che vaga seminudo nel bosco vaneggiando parole senza molto senso, che usa uomini a mo’ di mazza per colpirne altri e scorrazza per la foresta simile ad un animale, c’è l’affermazione di quell’uomo e del suo amore tanto grande da togliere il senno….. costringendo Astolfo ad arrivare fin sulla luna per riportarlo in sé!

Così nel “Don Quijote” di Cervantes, dove tra le risate davanti agli improbabili cavalieri e giganti sfidati, le gentildonne travestite da contadine e popolane e le locande trasformate in castelli, non si può far a meno di ammirare la forza d’animo e il coraggio con cui egli porta avanti il suo ideale cavalleresco e i suoi sogni di una gloria d’altri tempi, ove il cuore e la nobiltà d’animo erano i capisaldi di un grande uomo. Ciò ovviamente non lo esonera dagli scherzi del suo scudiero, il quale anzi, quando non è malconcio per le conseguenze delle avventure del cavaliere suo padrone, lo incalza nella sua follia arricchendola di nuovi personaggi e vicissitudini; ma la costanza e l’ammirazione con cui egli segue comunque il cavaliere errante al suo fianco, mostrano tutta la stima e l’elogio per un animo tanto grande.

Senza alcun dubbio ci sono delle differenze, e notevoli, tra i due componimenti, mentre infatti la follia ariostesca investe solo un aspetto ben preciso dell’opera e del carattere del suo protagonista, in Cervantes questa sembra investire tutti, traendo nella sua ridente tela tutti i personaggi, trasformando l’intera opera in una miscellanea di rocambolesche e divertenti circostanze; la follia sembra diventare la normalità e tanta è la partecipazione del lettore che non si può far a meno di fare il tifo per Don Quijote, sperando nella buona riuscita di almeno una delle diverse imprese, e proprio qui c’è l’affermazione del modello, del carattere del personaggio.

Il senso della follia che ride forse è proprio qui, nella partecipazione emotiva e nella leggerezza d’animo che suscita nei lettori, rendendoli con la magia del sorriso un po’ più consapevoli e più vicini all’Altro, chi mai infatti, se non altro durante la lettura, non si è sentito un po’ Don Quijote, senza sogni ad occhi aperti? Chi non ha mai lottato contro i mulini a vento?

Flaviana Zaccaria

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Trauma di Patrick McGrath, Bompiani, 2007, trad. di Alberto Cristofori, pp. 252, euro 17

Torna a volare alto Patrick McGrath in Trauma, un romanzo serrato e avvolgente pubblicato in anteprima mondiale da Bompiani (trad. di Alberto Cristofori, pp. 252, e 17), che ruota attorno alla figura di Charlie Weir, psichiatra newyorchese d’assalto che vive e opera nel cuore della Big Apple, tra la Ventitreesima strada, e dunque a Chelsea e ai margini del Village, e l’alta Park Avenue, e dunque ai bordi della Columbia e di Harlem. E’ lui a narrare e a interpretare la propria storia. O meglio, a cercare di interpretarla, come conviene a ogni seguace di Freud convinto che la vita quotidiana è una forma di continuo e inconsapevole mascheramento ruotante attorno a transfert e rimozioni e quindi – per dirla con le sue parole – lo psichiatra è il «fantasma» di un «assente» del quale il paziente va a caccia. Queste, per Charlie, le basi teoriche e metodologiche sulle quali fonda la sua professione. Ma la pratica è tutt’altra cosa. Un po’ perche’ indulge a contaminare Freud con le nuove dottrine eterodosse alla Laing; un po’ perche’ a volte e’ precipitoso e pasticcione; ma soprattutto perche’, prima di risolvere i traumi e gli shock post traumatici dei suoi clienti, dovrebbe riuscire a risolvere i propri. E di se’ questo anomalo «strizzacervelli» (lui pero’ mal sopporta tale definizione) ne sa meno di Agnes, l’ex moglie sociologa, di Cassie, l’affettuosa figlioletta, di Walt, il rozzo fratello artista e benestante. E forse anche di Nora Chiara, l’amante fascinosa e candidamente perversa, di Fred, il padre eternamente perdente, e persino di Leon, il pompiere secondo marito di Agnes. Nel tentativo di venire a patti con se stesso, Charlie scivola disinvoltamente e dolorosamente tra presente e passato, tra un oggi del quale solo eventi traumatici sanno spezzare il monotono flusso, e uno ieri che risale agli anni di Nixon, dei reduci dal Vietnam e del Movement, delle Twin Towers ancora in costruzione, dei primi successi dei Doors e della moda dello Zippo. Ormai prossimo ai quaranta, psichicamente ed emotivamente ingrigito come certi personaggi di T.S. Eliot, e’ costretto ad ammettere che quanto vale per i suoi pazienti vale anche per se’: lui pure ha il problema del «gemello», fratello o doppio che sia. Lui pure ha un Edipo non risolto che gli fa vivere moglie e amante come surrogati materni e anelare alla «casa» come a un ritorno all’utero. E, soprattutto, lui pure vede lo psicanalista come un ficcanaso che vuole aiutare, spesso con disastrose conseguenze, persone che non vogliono essere aiutate ma solo farsi confessare ed essere assolte: un ruolo a mezza via tra il medico e l’amante che offre compassione a chi invece ha urgenza di amore. Non e’ facile d’altronde applicare nei propri confronti regole e metodi usati con gli altri, convincersi che anche la propria esistenza e’ il tentativo di dar corpo a un «modello drammaturgico di vita sociale» e che dunque la propria memoria non e’ un «deposito» di fatti e dati oggettivi bensi’ un «imprinting somatico dinamico», cioe’ una falsificazione e una reinvenzione delle esperienze passate. La psicanalisi, insomma, sembra essere un modo di apprendere piu’ che di insegnare. E Charlie dovra’ rendersi conto che certe scelte finali dei suoi pazienti – magari spararsi in bocca o buttarsi dal cornicione di un edificio – potrebbero essere anche le sue. Ma la chiusa del romanzo – con il colpo di scena d’obbligo, peraltro lievemente forzato e smorzato – lascia scorgere una soluzione pacificatoria, in linea con l’andamento cullante e pacatamente attutito di tutto il romanzo.

Ruggero Bianchi

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Come pagina bianca di Pasquale Esposito, Aletti, pag. 104, euro 14

In un mondo dove il normale altro non è che il valore che ognuno vuole dare a questo termine, i ruoli sembrano ribaltarsi. Chi è sano è il vero malato, e viceversa. Resta sospeso nell’aria questo dubbio, aleggia furtivo tra le parole del protagonista, internato in un manicomio con la sola “colpa”- se di colpa si possa parlare – di non essersi omologato al mondo, alle convenzioni, alle abitudini che negli altri determinano la normalità. Nessun riferimento a date, a luoghi che non siano la stanza da cui il protagonista scrive le sue lettere, il romanzo resta volutamente su un piano astratto, quello di uno spazio e di un tempo da immaginare liberamente. L’uomo, nella sua esistenza in solitudine, non può far altro che affidarsi alla penna, immaginando un amore ideale a cui scrivere, come a raccogliere i pensieri, concentrarli e fissarli per evitare – questa volta davvero – di impazzire, di restare “come pagina bianca”. Inespressiva e inascoltata. Inquietante la lucidità di pensiero del protagonista, azzeccata l’idea di non usare nomi se non uno, che comunque non è reale, quello di Girolamo, l’unico personaggio che infine sembra comprenderlo senza parole e senza giudizio.

Le lettere sono il contorno, la cornice perfetta di quelle piccole perle in versi che Pasquale Esposito incastona. Tra le rime c’è tutto quello che in altro modo è difficile spiegare e comprendere. Un caleidoscopio emotivo in cui prosa e poesia si alternano e si integrano. E se anche il protagonista dichiara fin dall’inizio di non essere avvezzo all’uso delle parole, mirabilmente le giostra, le plasma, in un linguaggio dal sapore vagamente retrò. Di certo non c’è ansia nel libro, tutto scorre come acqua sotto i ponti, e il lettore intuisce che di sorprese non deve aspettarsene. E’ la vita, quella vita, che va come deve.

Silvia Leonardi


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Scritto lunedì, 11 febbraio 2008 alle 00:11 nella categoria EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI, SEGNALAZIONI E RECENSIONI. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.

212 commenti a “LA LETTERATURA DELLA FOLLIA”

Ribadisco…
Vi invito a discutere sia sul tema (follia e letteratura), prendendo come spunto il pezzo della Zaccaria, sia sui due libri recensiti.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 00:13 da Massimo Maugeri


Poi… c’è un “romanzo folle” a cui siete particolarmente legati?

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 00:13 da Massimo Maugeri


Chi non ha mai lottato contro i mulini a vento?

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 00:13 da Massimo Maugeri


Un’ultima cosa.
Lo so, forse l’immagine de “L’urlo di Munch” è un po’ inflazionata.
Però a me ha sempre fatto venire in mente l’angoscia e la follia.
A voi?
Parliamo anche di questo quadro, se volete.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 00:15 da Massimo Maugeri


La follia. Un argomento, anzi forse piu’ che altro un essere informe e strisciante, perverso e immortale, anzi eterno, che risiede con prepotenza e tenacia nel mio cuore; dove mi ricorda, quando provo a colloquiarci, quanto siano sfaccettate le sue (occulte) sembianze: divise fra dolore e assolutezza, idealismo e debolezza, incoscienza e turpitudine, disarmonia e amore, odio, spontaneita’ primitiva, labirinticita’ eccentrica.
Si’, follia; tu e la Natura – le dico quando mi fa la grazia di ascoltarmi – siete proprio come i ladri di Pisa: di notte andate a rubare insieme e di giorno litigate. Metodicamente. Da sempre… ”da sempre?”, poi, mi chiedo guardando quel gorgo come a volerne timidamente provocare una risposta quanto meno orientativa se non storica.
”Da sempre?”
Allo scoccare della fatidica domanda resto sempre solo, abbandonato anche da lei. Anzi da lui, il gorgo.
Piccolo risultato ma non disdicevole, dopotutto. Una pausa nella Storia?

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 01:19 da Sergio Sozi


Poi proverei a rispondere alla domanda di Massimo sulla relazione tra follia e Letteratura, se non pensassi che la vera follia – quella che strazia chi ne e’ affetto e lo porta alla tomba, quella sinonimo solo di ”dolore” – non lascia parole in bocca all’uomo che la subisca.
Le parole scritte, organizzate in periodi e narrazioni, per quanto folli, non sono ne’ mai saranno niente di comparabili con la follia; potranno interpretarla, potranno aiutare lo scrittore a sentirsene immune, potranno esprimere dei momenti di debolezza psichica o di labilita’ complessiva, ma, come tutte le altre grandi cose umane, le parole non saranno mai in grado di esprimerla, la follia. Perche’ le parole sono la piu’ grande arma spuntata in possesso di alcuni fra gli uomini, l’aspirazione nostra piu’ sublime, il sogno di fratellanza e comunicazione che s’infrange contro il tempo intercorrente fra il cuore, il cervello e le mani: troppo tempo, perche’ tutta la verita’ prodotta dal cuore possa mai restare sulla pagina.
Eliminiamo lo scorrere del tempo ed elimineremo l’incapacita’ ontologica della Letteratura. Non ci riusciremo, certo, mai, per fortuna: se cosi’ non fosse ci divertiremmo molto meno a vedere quanto siamo fondamentalmente stupidi. E divertirsi e’ importante, nella vita.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 01:39 da Sergio Sozi


Errata corrige: comparabile.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 01:40 da Sergio Sozi


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Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 05:38 da Fontan Blog » LA LETTERATURA DELLA FOLLIA - Il blog degli studenti.


Letteratura e follia. Sono convinta che siano un modo per salvarsi a vicenda. Che scrivere salvi il folle. E che la letteratura sia salvata da pure voci visionarie.
Mi pare che Virginia Woolf ne sia un esempio. Pur schizzofrenica, pur abitata da “voci” che le giungevano da ogni parte e la invadevano come sciame d’api moleste, scriveva. Era l’abisso prima del buio o forse era il ciglio sul quale si fermava prima di cadere nell’oscuro dominio del suo male. Eppure, era quell’abitudine a colloquiare con l’assurdo, a percepirne una familiarità dolente con la nostra essenza , a dettarle alcune tra le pagine più belle che la letteratura ci abbia consegnato.
Il perchè sta forse nell’affondo che la parola compie nella vita. Se l’artista ne è consapevole con lucidità e forza, se del mistero che ci domina coglie lembi inespressi o inesprimibili, ecco…forse è nel destino della scrittura essere folle.
D’altra parte anche quando scrivere non è distacco malato dalla reatà, anche quando è risanamento o equilibrio , lo scrittore rimane voce fuori campo. Alito che percepisce ciò che gli altri non vedono. E voce che rimanda suoni che altri non sentono.
Sia pure a un livello minore, a un livello forse controllato e consapevole, la linea di quella che gli altri chiamano “nomalità” per chi scrive è sempre un po’ più lontana, più imprendibile e meno definibile.
Lo scrittore ha con la follia un rapporto filiale e materno. Ne è generato e la produce. Altrimenti non sopravviverebbe allo sforzo di penetrare la realtà.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 08:18 da Simona


Per noi uomini grande cosa è la follia se possiamo vivere con essa senza chiamarla tale.

Non riesco a trovare parole per il gesto di benevolenza di Massimo nei miei confronti.
Ancor meno riesco a trovarne per Silvia che il libro lo ha letto ed anche recensito.

Tuttavia l’accostamento tra McGrath edito da Bompiani ed Esposito edito da Aletti (con tutto il rispetto per Aletti) è pazzia autentica.

Cosa rimane se non sfruttare la mia presenza ? Quella sola.
Che poi sia bella o divertente, come indicato da Sergio, sta ad altri giudicarlo.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 08:37 da eventounico


I primi due interventi mi hanno aiutato molto a comprendere e a comprendermi.
La letteratura, cioè le lettere, le parole che si mettono su carta o dovunque altro e che sono la proiezione della mente, sono il frutto di una costante ricerca di dialogo: perchè lo scrittore scrive?
Effettivamente per dialogare o per mostrare la sua anima mentale, come un’esibizionista il suo corpo aprendo l’impermeabile sullla figura nuda?
Per comunicare cosa? Il suo disagio? La sua timidezza, o la sua latente follia?
La pazzia fa ridere, sorridere e raramente provoca tristezza e per questo che gli umoristi si chiamano in gioco sempre, non per interpretarla, ma per esporla, come i galleristi i quadri sulle pareti.
L’umorismo – come raccontava Pirandello, in un famoso saggio del 1920, che non riesco più a trovare – è il rovesciamento della realtà, è “l’uomo che morde un cane” che per il giornalista fa notizia, per l’umorista racconto. Gli umoristi raccontano la follia e i Fratelli Marx, con il loro cinema hanno fatto della follia una vera letteratura (per non citare altri).
Buon giorno amici.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 08:47 da francesco di domenico


@Pasqualì (godo come un bambino a sapere come ti chiami),
parlavo dei primi due interventi perchè scrivevo mentre tu pubblicavi il tuo. Complimenti (per la follia?)

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 08:50 da francesco di domenico


@evento- Pasquale: veramente l’accostamento tra te e Macgrath è riuscitissimo e così pure le bellissime parole di Silvia nel recensirlo.”Come pagina bianca” evoca subito l’isolamento della stanza in cui si scrive e del ristretto margine del foglio che colmiamo. C’è già nel titolo un forte impatto emotivo e visionario.
Molto coinvolgente anche quello che dice Silvia nel sottolineare che per la durata dell’intera narrazione usi un solo nome, fittizio. Che non ci sono altri spazi che quella stanza nè altri nomi da invocare. Mi piacerebbe leggerlo.
Trovo questa solitudine e il modo di dirla così alto e dolente da intenerirmi.
Silvia ed Evento:Bravissimi!!!

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 09:14 da Simona


Buongiorno. Arrivo in questo spazio dall’Universo accanto di Ibridamenti, dove ho incontrato eventounico. E siamo impazziti insieme, diventando amici. Una serata magica nella quale mi ha fatto da Virgilio nella oscura foresta della mia pazzia, quella insidiosa, subdola, non troppo evidente e spettacolare, ma altrettanto rovente, fisica, presente.
Quella pazzia che ti porta a voler amare.
Ed a volerlo dire, scrivendolo.
Se mai dovessi dare un suggerimento da omeopata, consiglierei un paio di gocce al giorno di sorridente follia per superare l’abbrutimento del grigiore odierno, per stanare dai meandri antichi del nostro io la furia della vita ed il potere della poesia.
ormai siamo tutti uguali, figli di parti plurimi della televisione, della moda, del trending.
Io non ci sto.
je so pazzo quanto basta per non diventarlo.
E sorrido ognitanto della mia stessa follia.
e lo scrivo
ciao eventounico.
Che il grande Erasmo passi sempre dalle nostre parti e non rimanga sempre a Rotterdam: qui c’è O’ Sole !!!!
GB

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 09:25 da astrogigi


Della follia conosco poco, mel senso che non sono uno studioso, conosco qualcosa della follia nel “senso comune” del quotidiano , in letteratura ed in pittura e ho letto il libro di Pasquale Esposito – Come pagina bianca-
penso che il libro di “Eventounico” sia un racconto non solo di “follia” ma anche di un persorso di vita, di un uomo che trova nella parola la sua unica possbilità per uscire dalla “follia”
Un percorso accompagnato dalla musica come misura del tempo, e da una struttuta di racconto che è in sè musicale, assonanze e dissonanze, pause e ritmi alternati con cambio di scrittura tra prosa e poesia, quasi a rimandare ad una mente complessa, ad una mente colta che trova nell’epressione scritta un suo compimento.
Ho sempre pensato che la follia “clinica” quella che è dolorosa e straziante difficilmente sia possibile raccontarla “totalmente” con le parole, esse possono avvicinarsi al dolore e allo strazio e questo fa in maniera magistrale il libro di Pasquale Esposito.
Cerca nel racconto, sotto forma di lettere, un modo per scavare dentro di sè, dice all’inzio :
***Le parole che ti dedico sono per me come sorsi di assenzio.***
e credo che in quella frase si riassuma tutto il percorso che tenta il protagonista.
Un percoso affascinante, onirico ed intrigante, perchè il libro è di grande piacevole lettura, vengono messi allo scoperto sensazioni ed emozioni, dolori ed angoscia, che per molti versi ci rappresentano come uomini “moderni”
Una scrittura quella di “Eventounico”, colta, musicale, pittorica, di grande impatto emotivo, al cui interno trovano spazio delle piccole perle, i suoi versi.
chicca

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 09:58 da chicca


Simona non sarei mai stato capace di scrivere un commento come quello di Silvia.
Quanto a te, laddove scrivi “forse è nel destino della scrittura essere folle” esprimi una convinzione anche mia.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 10:03 da eventounico


Grazie Simona per le belle parole, e grazie anche a Pasquale e Massimo. Ragazzi, sono io ad esservi grata!
Quello che soprende nel romanzo di Pasquale è la totale compenetrazione nel personaggio, folle solo per convenzione e mai perchè ne siamo realmente convinti.
Come nella vita, del resto, in cui il confine è talmente labile che superarlo è un atto che a volte avviene in modo inconsapevole.
Per questo rispondo alla domanda “Chi non ha mai lottato contro i mulini a vento?” convinta che ciascuno di noi l’abbia sperimentato come fuga dal quotidiano, come alienazione del vivere, fondamentale elemento della condizione umana.
Senza darne un’accezione negativa se intesa come modalità per fuggire angosce e drammi, rifiuto del mondo per accettare e scoprire se stessi. Una follia permeata di normalità, convinti che non conta com’è la realtà ma come la si vede.
“Così è, se vi pare”, Pirandello docet.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 10:06 da Silvia Leonardi


Beh…. è piu’ folle chi lo è ma si crede normale o chi è normale ma si crede folle?
E pariliamo di follia patologica, o solo quella impropriamente chiamata tale perche’ incorente con le regole del vivere quotidiano’
Ricordo in vecchio adagio che recitava: se non sono matti non li vogliamo.
Un perche’ ci sara’. E chi non è folle almeno un po’ si smarrisce in questo mondo, che tutto è tranne che normale e coerente.
P.S: pasquale. Non so perche’ ma non è una sorpresa scoprire che hai un libro tutto tuo e su questo tema poi ;-)
Paola

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 10:16 da Paola


Il quadro di Munch è l’opera che più si appresta a descrivere un momento di ordinaria follia. La prospettiva ha un alto significato: il particolare di due figure che sul ponte osservano lo scorrere naturale del fiume e il primo piano rappresentato dall’urlo angoscioso di chi si sente perso nella propria solitudine e diversità: due contrapposizioni che hanno sempre avuto un forte impatto su di me; più che altro mi hanno sempre fatto sorgere una domanda? L’urlo non è forse l’espressione altisonante di questa situazione umana? L’uomo deve essere necessariamente considerato folle se riesce a captare quella voce coscienziosa che lo porta a svegliarsi dal “naturale scorrere del fiume”?
I matti non esistono, forse. I folli son capaci di scrutare e scrutarsi dentro fino a fare e farsi (forse) paura… e quando si apre quella famosa porta dell’indefinibile, beh, allora quel capire e spiegare l’anormalità diventa follìa dato che va oltre la comune scorrevolezza del pensiero, rimanendo irrisolto. Il mulino a vento diventa invincibile, in questo caso…. perchè non ci lasciamo guidare dalla direzione del SUO vento.
Glò

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 10:43 da Gloria


Be’… argomento scottante, direi; perché inflazionato e perché raccoglie capolavori difficilmente ripetibili. Mi dedicherò a due delle tue domande, il quadro: a me fa pensare a un essere che chiami il mare, invece. Che invochi un ritorno all’acqua, a qualche acqua, originaria e confortante. Mulini a vento: io soffro di attacchi di panico e so cosa significhi avere a che fare con la forza della mente. Molti hanno paura di dirlo, di confessare questa ‘tara’ per così dire e proprio perché hanno il terrore di doverla catalogare come ‘follia’, perlomeno davanti agli occhi del profano.Io, invece, non ho mai avuto paura di dirlo, ma ho paura degli attacchi, so quanto possano rapirti e confonderti. Aprono uno spiraglio su un mondo sommerso, immenso, potente, sconosciuto. Un mondo affascinante, dopotutto e tiranno. Non scriverei mai un libro sulla follia, sebbene abbia scritto scene esilaranti sugli attacchi di panico (eh, mi prendo la rivincita!) ma l’atto di scrivere, in quanto conoscenza, mi ha aiutata a sondare la mia psiche (anche se non scrivo affatto di me, ché mi annoierei da morire). Follia come realtà? Normalità come follia? Vecchio romantico dilemma. Falso a mio avviso. Follia come follia e normalità come normalità. Tutto qui, senza vie di mezzo. Romanzi sulla follia? romanzi, appunto. Intendo che sono vie separate e non è vero affatto che il limite sia indefinito e labile. Lo jato è insuperabile invece. Un salto nel buio.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 10:48 da cinzia


Bella recensione, Silvia! Avendo letto anch’io il libro di Pasquale devo dire che non potevi scrivere di meglio.
Le impressioni di lettura che ne ho ricavato io sono a disposizione di chi volesse leggerle nel mio blog.
Nel libro di Pasquale la follia è superamento dei limiti della quotidianità, è un soliloquio che abbraccia, da una stanza, il mondo, lo rappresenta nei più svariati percorsi del conoscere e rende il proprio percepire necessario ed essenziale alla vita stessa.
cari saluti
cri

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 10:51 da cristina bove


ah, ovviamente non ho letto i libri recensiti ma auguro a pasquale enorme fortuna. Ciao.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 10:52 da cinzia


Cinzia ti ringrazio. Il tema delle vie/vite separate è proprio uno degli spunti dai quali sono partito.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 11:08 da eventounico


Il termine follia è, fortunatamente, generico.
“Folle” è il buontempone che si scopre il culo allo stadio quando segna Totti, e folle è colui che ha perso il senno in tal modo da non appartenere più a questo mondo.
Una vasta gamma di “follie” che, se translate nella Medicina, acquisiscono il nome di specifiche malattie.
Di quale follia si parla, allora?
Io sparo nel mucchio. E colpisco, per esempio, Cervantes e Ariosto. Due aspetti della follia, forse. La prima come strumento per staffilate alla società e alla morale, la seconda come viaggio fuori da un mondo arido e prosaico.
E, accanto a Cervantes e Ariosto, ci mettiamo Pasquale :-)
Diciamo, senza offesa, che al suo libro ho preferito sia il Don Chisciotte che l’Orlando Furioso (mi perdoni Pasqua’?), però mi sono già espresso sul suo “Come pagina bianca” e lo ritengo un viaggio entusiasmante tra i percorsi della mente. “Leggilo ma non ti piacerà”, mi disse Pasquale.
Ti ho smentito. Il tuo libro è uno shampo nel cervello, è l’aspirapolvere delle ansie. Che poi il repulisti funzioni o meno è il piccolo “giallo” di “Come pagina bianca”.
Colgo l’occasione per ribadire che tutti gli ospiti di questo blog che mi hanno fatto avere i loro libri, essi sono stati da me letti.
In tutti, ma proprio in tutti, ho trovato almeno un motivo per dire “bravi!”.
Se non altro per la “follia” di scrivere.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 11:39 da Enrico Gregori


[...] Massimo Maugeri, affermato scrittore e fonte inesauribile di spunti letterari sul suo blog Letteratitudine:http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/02/11/la-letteratura-della-follia/ [...]

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 11:57 da Kataweb.it - Blog - eventounico » Blog Archive » gratitudine


@ Cristina
Grazie! Ho letto già da tempo sul tuo blog la recensione al libro di Pasquale e..pensa un pò, sono io ad aver pensato che meglio di te non avrei potuto scriverla!! :-)
diciamo dunque che si completano e si integrano. Invito tutti a leggerla.
ti abbraccio

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 12:06 da Silvia Leonardi


Enrico ti ringrazio.
Devo confessarti che se non avessi fatto la precisazione “al suo libro ho preferito sia il Don Chisciotte che l’Orlando Furioso” avrei seriamente pensato ad uno shampoo nel cervello avvenuto molti anni addietro in occasione di quell’evento unico che è stata la tua nascita.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 12:06 da eventounico


Osservate con quanta previdenza la natura, madre del genere umano, ebbe cura di spargere ovunque un pizzico di follia. Infuse nell’uomo più passione che ragione perchè fosse tutto meno triste, difficile, brutto, insipido, fastidioso.
Se i mortali si guardassero da qualsiasi rapporto con la saggezza, la vecchiaia neppure ci sarebbe. Se solo fossero più fatui, allegri e dissennati godrebbero felici di un’eterna giovinezza.
La vita umana non è altro che un gioco della Follia.
Il Cuore ha sempre ragione

Erasmo da Rotterdam
“Elogio della follia”

complimenti davvero caro Pasquale:)

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 12:13 da Teiluj


Caro eventounico, dove trovo il libro? Mi piacerebbe tanto leggerlo e avere tra le mani le pagine profumate della tua sensibilità.
Questa è la mia idea di follia:

CERCHIO E FOLLIA di Emanuela Chiriacò (2005)

Ruota il cerchio.
In overflow
La corteccia
Di pensieri
Sovraffollati.

Le eccitazioni maniacali
Indossano
Cappotti d’estate e
Canotte d’inverno

Poveri matti
Libertà assoluta.
Emozioni sociali:
atomarporculo

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 12:42 da emanuela


Mi interessa il libro dell’eventissimo e me lo procurerò. Mi interessa il libro di Mc Grath e mi procurerò pure quello, entrambi questi libri sembrano interessanti dalle recensioni che si leggono qui. Il primo articolo, quello della Zaccaria l’ho trovato piuttosto scontato e banale. questa simbolica della follia come depositaria dell’alterità e dell’angoscia è un concetto oramai un bel po’ inflazionato. Cosa buona e giusta eh, e dirlo è meglio che non dirlo, ma a me sembra davvero troppo qualunquiista quell’articolo. Nei confronti della psicopatologia, nei confronti della letteratura. annulla le differenze, annulla le specificità, e mi ritrovo più d’accordo con un sergio sozi, il quale giustamente distingue la possibilità dell’esperessione dalla sua impossibilità.
Alcune riflessioni spontanee.
– Gli è che qui si parla della dimensione simbolica della follia. Che poi è un termine che fondamentalmete a me non dice molto. Cioè qui ci si chiede, cosa rappresenta lo svitato in una cornice narrativa? cosa rappresenta lo svitato in una cornice sociale? La rappresentazione der suddetto pazzariello è funzionale alla visione dell’autore, a quella di chi lo interpreta e viene vieppiù estetitizzata. Ma quant’è carino Don Chisciotte, com’è nobile la sua ingenuità. E’ una follia filosofica, esistenziale. E’ una saggezza filosofica ed esistenziale. La faccenda dei mulini a vento è il grande anteriore filosofico della scoroporazione tra realtà pensata e realtà percepita. Se Kant avesse conosciuto Cervantes lo avrebbe baciato.
-Ma questa bella follia è svuotata di un senso importante, che è il senso del dolore.
Le buone intenzioni di chi approccia artisticamente la follia e rivaluta l’esperienza soggettiva di chi vive un disagio, scotomizzano spesso la sofferenza. Lo fanno eroe di un eroismo proiettato. Scrive Silvia sul personaggio di Pasquale. “Il suo peccato è quello di non essersi omologato”. Ora io non posso parlare del libro di Pasquale, posso parlare della mia esperienza in cliniche psichiatriche. Questi pazienti non scelgono di non omologarsi, le migliori psicoterapie sono quelle che riescono a far trovare quella scelta. Ma nonnonnò è una scelta costretta, costosa amara. Ora io avrei voglia di scrivere troppe cose per la vostra pazienza, ma la questione per esempio della schizofrenia, è che spesso, la persona vuole che tu la capisci, e Dio santo, non la capisci. questo è amaro. la persona vuole comunicare e sballa la comunicazione. Oppure non comunica affatto ed è solo. solo in maniera micidiale. La follia – cioè non le nevrosi, non i diversi e gravi dolori che affliggono per esempio gli eroi di Dostojevskij, è una solitudine epistemologica, non scelta ma fisiologicamente capitata.
Avrei molte cose da dire, ma in caso ve affliggo a tappe.:)

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 12:46 da zauberei


0. Preludio

Ti scriverò. Ho deciso.

Dal momento che la mia condizione non mi permette altrimenti,
proverò a dirti di me, attraverso le lettere che riceverai. Le cose che
ti dirò non avranno un ordine prefissato. Mi limiterò a seguire il
corso del tempo.

Ho raggiunto un accordo con il Direttore, che dimostra una certa
benevolenza nei miei confronti: gli consegnerò un plico a settimana
e lui provvederà a tutto.

Mi sembra un buon accordo.

Così ha dato disposizioni per farmi avere il necessario, carta e
penna. Sono un pò spaventato dal foglio che ho davanti, mi chiedo
quante parole serviranno a riempirlo, ma forse devo solo trovare
quelle giuste. In fondo, tu capirai il senso, senza contarle. Potrei
scriverne anche una sola, di parola, al centro del foglio. Già, ma
quale ? Quando ci si prefigge un compito importante c’è sempre il
timore dell’inizio, come se dall’attacco si potesse poi giudicare tutto
quello che seguirà. La prima nota, quale cellula primordiale, la
prima frase come sintesi estrema di tutto ciò che vorrei dire. Non
posso subire questa pressione, potrebbe impedirmi di scrivere per
tutta questa settimana. Ed io voglio che tu non ne perda una di
lettera, avresti sempre il dubbio su ciò che avrei potuto dirti. Proprio
questo dubbio, devo credere che esista in te, così da esserne
pungolato. Il dubbio quale sprone per la mia ritrosia a parlare di me.

Ti racconterò quello che penso e quello che sono, così, liberamente.

A me sarà di grande giovamento ed a te consentirà di conoscermi
e di decidere se provare a rispondermi, o addirittura se presentarti a
me di persona. Oppure, se lasciar cadere nel silenzio questa strana
corrispondenza che ti troverai improvvisamente a subire, senza esserne
stata avvisata in alcun modo. Solo ora ti preannuncio ciò che
seguirà, non per seguire un ordine nelle cose. Bensì per una forma
di preliminare rispetto, dal momento che le mie parole, se seguiranno
ciò che l’anima già contiene, non potranno attenersi ad un codice
di condotta. Esse saranno unicamente l’espressione delle emozioni,
delle quali, per mia natura, ho sempre dimostrato di avere
poco controllo, fino ad essere come sono. Come sono ora qui e
senza la tua presenza.

Non posso accettare di vivere da solo, soprattutto con l’unica
compagnia di ciò che provo. Troppo grande fardello per questo
uomo. Cosicché ho deciso di scriverti, pur non essendo avvezzo
alle lettere ed alla scrittura, per fermare su carta questi giorni che
seguiranno. Giorni brevi per ogni testo che riuscirò a finire. Giorni
lunghissimi per ogni parola che non mi verrà in soccorso. Il mio
essere esisterà pur privato di un nome e quindi noto solo a me. Si
dibatterà, nella sua cattività, fino a che i tuoi occhi si poseranno
sulla sua descrizione e gli daranno modo di essere chiamato, che sia
un verso o solo una frase, una parola d’amore o un pensiero sul
mondo.

Ti prego, accetta questa progressiva scoperta. Disponi il tuo animo
a questo incontro. Sarai la presenza costante del mio tempo e
del mio silenzio. Potrò parlarti e dirti ciò che mi accade. Pur essendo
da solo in questa stanza chiusa dall’esterno, potrò viaggiare in
compagnia della tua attesa ed il tempo scorrerà più lieve e le cure
che ricevo risulteranno meno penose. Sarò tutto intento, entusiasta
e dedito al tuo pensiero ed al momento in cui queste mie lettere
riceveranno una risposta. Qualunque sia.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 12:54 da eventounico


Sono d’accordo con te Zau. Non ho esperienze di cliniche psichiatriche, ho solo conosciuto il personaggio di Pasquale e io, quel personaggio, lo capisco, eccome, lo ascolto. Ma parliamo di una storia, appunto. E non di un impatto visivo con un uomo che è un mondo a sè.
Però, leggi il libro se puoi, dopo mi dirai…
ciao cara!

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 13:00 da Silvia Leonardi


Oltre a congratularmi con Evento per il suo libro che non conoscevo e la brava Silvia per la puntuale recensione che abbiamo potuto leggere, vorrei ricordare fra i grandi autori del novecento che hanno trattato questo delicato argomento, lo scrittore Mario Tobino. L’autore era nato a Viareggio, si laureò in medicina a Bologna e dopo si specializzò in psichiatria. Egli, per quaranta anni esercitò la propria professione di valente psichiatra, nel manicomio di Maggiano vicino Lucca. Nello spledido libro ” Le libere donne di Magliano” (1953), l’autore annotò, giorno dopo giorno, il tempo vuoto che i malati trascorrono nelle nude stanze dell’ospedale,studiò i loro disagi e le diverse immagini che assommano la follia. Tobino profilò, con profonda umanità e pietas ,in uno struggente diario una serie di ritratti di malati di mente, descrivendo i loro particolari deliri ed ossessioni. In quet’opera ritenuta fondamentale per “l’iter” letterario dello scrittore, egli voleva dimostrare che i suoi pazienti dall’equilibrio mentale instabile, erano creature degne di rispetto e di attenzione . Con la sua quotidiana frequentazione con persone affette da turbe psichiche, alternate a momenti di normale lucidità, egli arrivò persino ad affermare :- “pensavo che i matti non fossero malati”. Mario Tobino ha proseguito ad analizzare la vita dei suoi cari degenti nell’altro
interessantissimo volume ” Per le antiche scale”.
La vita frenetica, convulsa e turbolenta alla quale siamo giornalmente sottoposti, ci ha ampiamente dimostrato che la dpressione e il disagio mentale stanno dilagando a macchia d’olio e tale situazione non è affatto entusiasmante. Ma è comunque compito di ciascuno di noi, rendere più serena e potabile la nostra labile esistenza.
Tessy

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 13:06 da M. Teresa Santalucia Scibona


Scusami Sivietta ho tralasciato un “con”, riuscissi mai a scrivere senza commettere errori. Evento il tuo intervento mi ha commosso.
Tessy

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 13:12 da M. Teresa Santalucia Scibona


Eventissimo complimenti – è davvero un bel brano. E leggerò volentieri il tuo libro. Che ha una storia sua e un significato suo, un momento storico in cui è immaginato.
Perciò quanto sto per dire, non è assolutamente un’accusa a te.
semplicemente, l’eroe di questo romanzo, non è folle manco un po’. La follia è proprio un’altra cosa. Se proprio vogliamo usarla questa parola che non significa molto: non esiste manco “la follia” ma esistono una grande quantità di disturbi con identità diverse, funzionamenti diversi, itinerari diversi trame e romanzi diversi. Follia è un termine che gli ambienti clinici, per esempio, non usano più.
scusatemi questo è mio campo, e anche un campo a cui voglio molto bene. Vi chiedo: ma che intendete per follia? Quante cose ci volete mettere dentro in questa parola paniere? Cos’è i mulini avento? essere originalucci? scambiare fischi per fiaschi?
I

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 13:19 da zauberei


Per Maria teresa:

4. Quarta notte della IV settimana

………………

Privare l’uomo della compagnia è una delle peggiori forme di violenza.

Eppure io qui sono solo, solo con le mie idee, i miei pensieri che
non posso comunicare a nessuno per non incorrere in dosi ancora
più forti di medicinale o a terapie ancora più umilianti. Devo tenere
per me quello che sono oppure in minima parte scriverlo a te, in
queste lettere.

Qui, come forse saprai, ciò che non serve viene considerato dannoso.
Ciò che non ha valenza pratica è una pericolosa attività e può
essere perseguita.

………………

È una strana vita, la mia, tutta improntata all’apparenza di ciò che devo essere: una figura umana plasmata secondo il canone della società, ma che pure si dibatte nel suo intimo per preservare la parte autentica di
sé. Proprio quella che disturba il pensiero comune, che spinge altri
uomini a considerarmi diverso e per questo ad assoggettarmi a prescrizioni terapeutiche che cercano di arrestare la mia capacità di
pensiero.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 13:19 da eventounico


ciao silvia:))

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 13:19 da zauberei


Zauberei sei arrivata sul tema. Vedi l’estratto che ho postato per rispondere a Maria Teresa.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 13:21 da eventounico


Forse, ai limiti di una generica follia, collocherei “Il male oscuro” di Giuseppe Berto. Un autore, peraltro, abbastanza dimenticato ma che del disagio e della sofferenza fece “plot” di quasi tutta la sua opera.
Forse anche da un dolore che stronca la lucidità deriva la “follia”.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 13:32 da Enrico Gregori


evento
il problema di questo tuo testo molto bello, è che un uomo in cella di isolamento, in un carcere, poteva scrivere la stessa cosa, e infatti Foucault ci ha fatto su un sistema filosofico. Ma questa persona che scrive, per come scrive è sana. Io non so fondamentalmente perchè è stato internato. in che epoca, con che diagnosi, etc. Posto naturalmente che i manicomi sono stati chiusi da un bel po’. (Aggiungerei anche che questa cosa è stata un gran bene, ma ha aperto le vie di altrettanti inferni, che la scotomizzazione della sofferenza, e delle difficoltà che questi problemi creano non fa che ampliare. questo è Off Topic forse, ma ci starei attenta)
Ora, io non so la trama del tuo libro e la sua contestualità storica. Quindi non credo che abbia molto senso da parte mia pontificare su qualcosa che non ho letto. avrei bisogno di più dati.
-
Io credo che un bellissimo libro sulla follia, il più bello che ho letto, e quello che ho trovato veramente mimetico è “la pecora nera” di Ascanio Celestini. Lo consiglio caldamente.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 13:39 da zauberei


[...] Read more [...]

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 13:39 da Appunti Blog IT » LA LETTERATURA DELLA FOLLIA


Un commento di corsa, per problemi lavorativi. Avrei varie cose da dire sul tema, ma per il momento volevo ricordare, se già qualcuno non l’ha fatto, L’Horlà, di Maupassant, e il libro di Savinio, Maupassant e l’altro, dove si parla dell’Inquilino nero.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 14:13 da alessandro defilippi


Parlando di pazzia e letteratura volevo citare il classico “Elogio della follia” di Erasmo da Rotterdam. Purtroppo Teiluj mi ha preceduto. Ma dovevi proprio prendere i versi utilizzati nello spot della BMW? ;)

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 14:13 da Jean de Luxembourg


Riconosco nell’analisi di Enrico, anche il mio ragionamento: il termine follia è, fortunatamente, generico.
La follia che nasce da un dolore riconosciuto (e forse, proprio per questo non è più follia) sublimata dalla letteratura, un po’ patacca, del post romanticismo mi sta antipatica. Autocelebrante. E mi ricorda sempre, per certi aspetti, la figura di Isadora Duncan, e per altri Klimt,: una follia estetica, da appartamento e da condividere con pochi eletti. Diversa fu la follia di Van Gogh, o quella dissacrante e provocatoria, e umorale di Benvenuto Cellini, che, fra l’altro ci riporta a Cervantes.Ma l’elenco sarebbe lungo, soprattutto nell’ambito degli artisti figurativi: follia visionaria. Dovremmo citare Bacon, Hieronymus Bosch, lo stesso Goya; solo un “folle” poteva concepire Saturno e tutte le Pitture nere. Nella categoria inserisco anche Lovecraft e i suoi racconti del Terrore, espressione di follia compiaciuta, inquietante, ad effetto: una pazzia Kitsch o, se vogliamo essere benevoli, Camp che va al di là delle genuine intenzioni.
Fra le “follie letterarie” contemporanee riconosco in Superwoobinda di Aldo Nove, un esempio originale, sentito e alto, che ben esprime il nostro quotidiano. “Ho ammazzato i miei genitori perché usavano un bagnoschiuma assurdo, Pure & Vegetal”. Mentre se vogliamo ricondurci all’Ariosto, ma il viaggio non è più “fuori dal mondo arido e prosaico” penso che L’oscura immensità della morte di Massimo Carlotto,ben rappresenti quel sentire cupo, chiuso ad ogni infinito e ad ogni speranza, che nasce da un oppressione solitaria e dolorosa. Un viaggio non fuori da, ma dentro alla nube nera, che avvolge, come il Giove del Correggio le belle carni di Io.

@Evento: mi procurerò il tuo libro.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 14:43 da miriam ravasio


Miriam ed Enrico, avete ragione. Il termine è generico.

D’altro canto Silvia scrive “In un mondo dove il normale altro non è che il valore che ognuno vuole dare a questo termine, i ruoli sembrano ribaltarsi. Chi è sano è il vero malato, e viceversa. Resta sospeso nell’aria questo dubbio, aleggia furtivo tra le parole del protagonista, internato in un manicomio con la sola “colpa”- se di colpa si possa parlare – di non essersi omologato al mondo, alle convenzioni, alle abitudini che negli altri determinano la normalità.”

Provo ad andare oltre per proporre un altro piano del libro. Di seguito un ulteriore estratto nel quale ho inserito dei “-” ad inizio riga per conservare la spaziatura che altrimenti la piattaforma del blog rimuove:

5. Ultima notte della V settimana
-
Parola cercata, è così forte il bisogno di te che non riesco a concederti,
a concedermi, nessuna distrazione. L’ossessione di un tuo
ipotetico disinteresse, sia pure per un istante, devasta l’ultima traccia
di amore che ancora ho per me stesso ed annulla ogni cautela
verso ciò che sono, verso ciò a cui tengo di più.
-
Qualora mi imponessero di andare in un mercato immaginario nel
quale ognuno vende ciò che ha di più caro, ebbene io credo che
presenterei la mia merce con immensa paura di separamene: il cervello,
il cuore, le mani. Il cervello ed il cuore che tanto mi hanno
assistito finora nella voglia di scoprire, strumenti indispensabili per
i miei pensieri ed i miei desideri. E le mani, che hanno sfogliato,
costruito, sperimentato, imparato, prodotto. Esse sono il mio bene
più prezioso. Non esisterebbe prezzo per ripagarmi, in qualunque
parte del mondo. A meno che non ti appressassi tu, alla mia bottega,
all’incanto della mia merce, con lo sguardo fisso su di me, oggetto
della tua attenzione. Ebbene troverei giusta moneta in questo.
Potrei cedere tutto, senza contrattare, l’accordo sarebbe fatto.
Cosa sarebbe, se non poca cosa, la privazione dei miei beni, se potessi
in cambio ricevere, costante, la tua attenzione. Non esiste
miglior pubblico per andare in scena ogni giorno della mia vita e
non servono applausi, dal momento che vederti presente in sala,
seduta sull’unica sedia di questo grande e vuoto teatro, sarebbe il
più grande degli appagamenti. Potrei cibarmi del tuo sguardo fino a
sazietà, oppure dissetarmi fino a traboccare. Per mezzo di esso potrei
evitare di coprirmi in inverno e riceverei frescura nella stagione
calda. E sarei ricco, dal momento che contando, quali gemme preziose,
gli istanti in cui i tuoi occhi si poseranno su di me, alla fine
avrei raggiunto un ammontare maggiore di qualunque ricchezza
umana. Il mio tesoro s’accrescerebbe solo che tu mi guardassi, ma
al contempo svanirebbe se tu distogliessi gli occhi per un attimo. La
stessa aria che respiro sarebbe approvvigionata da quello sguardo,
come una brezza costante e leggera, odorosa di primavera.
-
Come potrei dunque privarmi del tuo sguardo ?
-
Dovrei mettere in opera ogni gesto, ogni movenza, ogni guizzo,
ogni cenno, inchino, figura ginnica e mimica ed espressione intensa
o anche attonita o buffa per mantenere viva la tua attenzione. Inventare
nuove sequenze con le braccia e le gambe, come marionetta
di legno guidata ogni volta da un puparo diverso, che compie
danze ed animazioni mai viste prima. Ad ogni mossa una scommessa
sulla successiva che non potrà risultare peggiore per non perdere
la tua attenzione, un crescendo costante e senza fine.
Oppure dovrei ottenere la tua attenzione non tanto per le movenze
del corpo, quanto per i moti dello spirito. Allora potrei cimentarmi
nelle forme più elevate di arguzia, oppure nell’ironia più graffiante,
poi nella satira, nel dileggio innocente, nell’umorismo, nella comicità.
Potrei puntare a farti sorridere, per non distogliere gli occhi
dalla fonte del tuo divertimento. In alternativa potrei colpire la tua
sensibilità, dibattere con la tua anima, dialogare con il tuo cuore,
potrei urlare, flagellarmi, rendermi ridicolo perfino, o oggetto di
compassione. Tutto pur di non perdere il tuo sguardo. Non avrei
alcun decoro per me stesso, a meno che tu non ne rimanga offesa. Il
mio io inseguirebbe l’impari baratto. E via dicendo potrei diventare
fiore per l’ape, bottino per ladri, terra inesplorata per navigatori,
paese da conquistare per pionieri e carriera per un militare, ascesi
per un monaco, impero per un re. Potrei incarnare tutti i desideri del
mondo pur di soddisfarne uno solo dei tuoi. E quando allo stremo,
provato, esausto, senza più forza nemmeno per respirare, se solo
volessi ancora mantenere i tuoi occhi su di me, mi nascerebbero
dentro tutti i fuochi di un cielo d’Agosto, sentirei tutti i cori per
Odisseo legato e incoraggiato dalle nenie degli sciamani mi spingerei
nuovamente al confine della tua attenzione.
-
Resta fissa su di me, dunque, rimani nella mia mente, prendendo
in cambio tutto me stesso. Cambiami o lasciami uguale, purché a te
gradito. Non chiedo altro al mio destino, asservito, come sono, al
tuo nome, quale luce votiva della tua immagine. Per tuo tramite
posso evitare di perdermi.
-
Scambierei il mio corpo
-
con i tuoi pensieri,
-
le mie mani
-
con i tuoi desideri.
-
Vorrei essere ovunque
-
per non farti voltare lo sguardo.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 15:26 da eventounico


Sapete una cosa?
Quando qualcuno si vuol togliere dai piedi le rogne allora inizia a dare del pazzo al prossimo.
Il siciliano Pirandello fu maestro in questo e con un abilità demoniaca faceva uscire di scena la persona poichè il personaggio non gli serviva più. A lui importava solo la finzione.

Caro Luigi,
Come per incanto rivedevo tutti i personaggi da te magistralmente creati ed altrettanto magistralmente annientati, con quel tuo metodo così sottile che è l’abile (da sempre conosciuto da tutti) promotore di un grande concetto di diritto soprattutto siculo, ovvero quello che recita il diritto all’onore, ossia il sentimento della propria dignità personale.
La tutela alla sfera psichica del soggetto, non escludendo la sua reputazione accompagnata ulteriormente da fama, decoro, credito, per tua convenienza personale l’ hai capovolta nel suo contrario e, infastidito dalla verità divina, hai preso tutti per matti.
Ricordi? Mi raccontasti che una mattina mentre ti radevi allo specchio sei scoppiato a ridere di tè stesso, spinto interiormente dalle urla di tutti coloro che bussavano da dentro la tua pancia e dove nelle tue trame avevi relegato con malvagità. Erano urla alla giustizia.
Povero stronzo ci sarai tu!
Per mia scelta e piacere spirituale non mi sento affatto l’Esclusa.
E ti penso al calduccio, con una bella copertina di lana sulle gambe davanti a un caminetto acceso, con l’occhio di fuoco che divampa, mentre le fiamme di fronte a te bruciano la legna insieme alle pagine di qualche tua commedia oramai resa illeggibile dalle tarme.

La sempre sicilianissima Rossella

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 16:22 da Rossella


@ evento:
passo dopo passo ce lo sbatti qui tutto? pietàààààààààààààà
:-)

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 16:22 da Enrico Gregori


@evento: è un testo meraviglioso. Fa pensare a un ondeggiare di marea, a risacche e continui annaspi di un’onda. Mi si pianta nel cuore a ogni verso.
Bravissimo.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 16:27 da Simona


@ Gloria
Gloria a te che hai capito che Munch fu un grande pittore che riuscì a trasmettere la sonorità attraverso l’immagine.
Se ti piace questo pittore ti consiglio un altro quadro dove dipinge la gioia di una festa da ballo. Ha la capacità di farti entrare là dove lui sta dipigendo, così come di farsi ascoltare.
Ciao

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 16:40 da Rossella


Ohi, mi avete preso in contropiede. Qualche impiccio di lavoro e si diserta un po’ sto blog, e che ti viene fuori proprio nel mentre ? Che si parla del libro di Evento, che ce lo recensisce Silvia, e che siamo già a più di 40 commenti postati e io che non mi sono ancora neanche fatto vivo.
E vai Pasquale/Evento (meglio di “Evento pasquale”), sono molto contento che questa volta sotto i “nostri” riflettori ci sia il tuo libro, perché anche dal poco che ho letto le tue parole meritano molta, ma molta più luce.
Se stasera riesco a trovare un po’ di tempo mi rifaccio vivo.
Salùt.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 16:42 da Carlo S.


Un manifesto sulla follia (ma anche sulla libertà, sull’ingiustizia, sulla dignità)?
Per me è “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, uno dei dieci libri che porterei con me sull’isola deserta…

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 16:46 da gabry


Enrico, mica ti voglio far vivere due volte quell’angoscia che descritto così bene. Stai tranquillo. Tuttavia mi sembrava opportuno che chi viene qui a leggere e commentare avesse modo di capire cos’è che ti fa tanta paura… :-)

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 17:08 da eventounico


Sul quadro di Munch:
volevo far notare che quell’urlo è muto. Nessuno lo sente: non le altre figure sul ponte che non si scompongono minimamente. E’ l’urlo tutto interiore dei miei incubi di bambino, dove gridavo aiuto ma non riuscivo a emettere il minimo suono, che mi si strozzava in gola, e da questo mi svegliavo angosciato. Per me è sempre stato così: per questo mi ha sempre ispirato attrazione e repulsione.
Ed è così anche per la follia, che attrae perché permette visioni della realtà del tutto nuove, anticonvenzionali, spesso affascinanti, talvolta geniali; ma che suscita repulsione perché capace di scrollare alle fondamenta tutto ciò che siamo riusciti a costruire.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 17:17 da Carlo S.


Il quadro di Munch a me non ricorda la follia, quanto gli incubi che generano angoscia, e concordo con Carlo S. quell’urlo è muto, sìì, e appunto perchè nessuno lo percepisce genera angoscia.

Per rappresentare la follia, (che può diventare arte), avrei scelto qualche opera dell’“l’art brut”, o meglio ancora di Adolf Wölfli e della sua follia creatrice, che ha molti anni prima, realizzato opere che si possono ricondurre a Picasso, a Warhol, ai calligrammi di Apollinaire, e che mentre dipingeva calmava le sue crisi violente, come il protagonista di “Come pagina bianca” usa la parola come “sorsi di assenzio”.
chicca

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 17:39 da chicca


credo che follia e solitudine spesso si facciano compagnia
ed insieme possano generare grandi cose

la follia poi è rifugo ed estasi per le anime di vetro
le menti più fragili e più sensibili
le fantasie più inusuali

eventounico, da quello che ho potuto percepire leggendo il suo blog, ha sensibilità e pudore e abilità sufficienti per affrontare questi aspetti…
ma vorrei leggere il libro per poterne parlare con consapevolezza…
in bocca al lupo

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 18:44 da RedPasion


@ Carlo Speranza
hai ragione l’urlo di Munch è muto ed è nell’immaginario di tutti. E per quel suo essere diventato un immagine di serie, forse non dice più nulla nemmeno a noi. Ogni tanto lo rubano, ma poi viene sempre ritrovato; sembra che non sia nemmeno coperto da assicurazione…così mi raccontò tempo fa un importante collezionista, ma non so se questo è vero.
A differenza di Rossella, gli altri quadri di Munch non mi piacciono; sono inquietanti, pregni di delirio e troppo “intimi”. Belli e importanti per lui, ma io non amo la Brut Art , ma questo, però, è un lungo discorso…

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 19:18 da miriam ravasio


@evento, ti ringrazio per la pagina del tuo bel libro a me dedicato.Ciò che scrivi è molto vero e comprendo il senso di solitudine che ti attanaglia e ti spinge ai margini della vita. Sai benissimo che ci si può sentire soli anche se immersi in una famiglia numerosa. Del resto anche quando ti confronti con l’altro, spesso resti deluso, poiché le sue risposte o le sue azioni sono sempre inferiori alle aspettative che hai sognato. Anche l’amore è una meravigliosa follia. L’essere umano tende alla perfezione e nel sentimento, spesso idealizza l’amata o l’amato, ma nessuna persona per quanto la si possa amare, riuscirà a saturare il nostro bisogno di amore.Per ritornare alle accattivanti pagine del tuo bel libro,ora però la tua solitudine si deve affievolire, poiché finalmente sei circondato da tanti amici che ti ascoltano , ti apprezzano e condividono i tuoi molti interessi.
@Sivia, grazie per le dolci parole che mi hai scritto, sono troppo belle.Ti voglio bene.
Tessy

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 19:55 da M. Teresa Santalucia Scibona


Intervengo al volo per ringraziarvi di cuore per i commenti.
Purtroppo sono alle prese con un’influenza di quelle molto (molto) pesanti e non so se riuscirò a commentare ancora.
Di certo vi leggerò con l’affetto di sempre.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 19:58 da Massimo Maugeri


Nessuno di voi conosceva Patrick McGrath?

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 19:59 da Massimo Maugeri


Tessy, ti ringrazio per le tue affettuose parole. Sono sicuro che anche il protagonista del libro, costruito senza attingere alla mia sfera autobiografica, ne sarebbe felice.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 20:13 da eventounico


Massimo io ho letto follia e il morbo di Haggard
Te dovessi di’ ….non è che rimasi folgorata ecco.
Ma te riguardeteeeee (io l’influenza ce l’ho leggera, ma da tre settimane:)

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 20:15 da zauberei


@Zau
abbiamo qualcosa in comune (un influenza leggera che non passa)
:-)

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 20:30 da miriam ravasio


Miriam credo più d’una:)))
anche se ipo nun zo d’accordoPPPP

e non so te, ma io tra propoli e aspirine oramai so n’incrocio tra l’ape magà e er piccolo chimico:)

(scusa Massimo:)

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 21:27 da zauberei


un mio amco, che è psichiatra, adora ‘Follia’di McGrath.
Io capisco che possa affascinare molto, giacchè è intrigante, ma non mi esalta(trovo forse più interessante ‘Grottesco’).
Questo ‘Trauma ‘ non mi ha detto granchè.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 21:35 da laura


che meraviglia eventobianco,
un testo pre-maturo, ma che allo stesso tempo non rende perfettibile l’essere. un prematuro che dura fino alla morte, come a dire che si muore prima di venire al mondo. “venire al mondo”. una vigilia. pagina bianca. parola. condizione d’esistenza e morte. prendo tempo.
in questa danza tesa in un istante bianco, respiro, muoio o son detto, sono io in potenza, io, non io, ma mai educabile, indicibile.
danzo per non esser detto, posso vivere solo se m’invento.unico e che la parola sia.io oltre.qui o morte.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 21:43 da MS


Il tema è vastissimo e di grande interesse. Gabry cita un film (“Qualcuno volò sul nido del cuculo”) che forse avrò visto oltre una dozzina di volte. Uno splendido inno alla libertà, tratto dal romanzo d’un grande autore americano, Ken Kesey, morto pochi anni fa. Non so da dove iniziare. La letteratura, soprattutto quella occidentale, affonda le proprie radici in questo humus (come non ricordare la follia del principe Amleto e del viandante della Mancia?). Ho avuto il piacere alcuni anni fa di leggere – e di scrivere su di esso per la rivista Orizzonti – il libro di Eventounico-Pasquale il quale saluto con affetto. Un libro bello e importante. Sono molto contento di ritrovarlo qui. Forse il testo avrebbe bisogno solo d’una piccola “ripulitura” attraverso un editing più accurato. Per molti anni ho seguito e letto e riletto innumerevoli volte i testi dello psichiatra-poeta visionario e uomo d’elevata spiritualità Ronald Laing (si parlava allora di antipichiatria o, più correttamente, di psichiatria umanistica). Ho avuto la fortuna di partecipare molti anni fa a un workshop sulla nascita, guidato a Roma proprio da Laing (autore del notissimo “L’io diviso” e d’un testo visionario bellissimo, “L’uccello del Paradiso”, in appendice a “La politica dell’esperienza”), ho avuto la fortuna altresì di partecipare (nel 1976!) ad un convegno residenziale di tre giorni mi pare, una specie di happening, dove c’era, tra gli altri, lo psichiatra David Cooper, autore de “La morte della famiglia”, una sorta di “vangelo” underground degli anni Settanta. Erano testi, quelli appena citati, che sapevano creare una commistione tra generi di scrittura: saggistica, narrativa, poesia. Gli autori che mi vengono in mente sono tantissimi, ma qui cito solo alcune opere e pochi autori, in un assortimento eterogeneo e disordinato: lo scrittore americano William Burroughs (amico di Keruac e Ginsberg), autore del famoso “Il pasto nudo”; dei suoi libri segnalo, tra i tanti, ad esempio, il terribile “I ragazzi selvaggi”. E poi, il cupissimo e delirante “La civetta cieca”, da leggere con le precauzioni che si usano generalmente per un farmaco potentissimo, di Sadeh Hedayat (Teheran 1903, morto suicida a Parigi nel 1951), un autore che ha saputo fondere il linguaggio del suo paese con quello della letteratura europea, soprattutto con l’esistenzialismo. La scelta estrema del mutismo d’un personaggio de “Le voci di dentro” di Eduardo che comunica attraverso i fuochi d’artificio. “Quattro novelle sulle apparenze” di Celati. I racconti di Poe, naturalmente. Ecc. ecc.
Buona serata a tutti,
Gaetano

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 21:44 da Subhaga Gaetano Failla


Rileggo ora. Il tema del convegno del 1976 citato era “La follia”, appunto. Ciao,
Gaetano

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 21:48 da Subhaga Gaetano Failla


Gaetano, ti ringrazio per la visita ed il commento da par tuo.
Sull’editing hai ragione. Se mai Bompiani decidesse di pubblicarmi sicuramente avrei un testo più pulito.
Ricordo la tua recensione molto attenta, scritta con grande partecipazione e con numerosi riferimenti ad autori che non nomino qui. Tra i tanti, tuttavia, mi colpì l’accostamento a Gustav Meyrink e mi entusiasmò il riferimento al Funes di Borges.
Credo, in verità, di essere molto distante da quei grandi e forse già affermarlo può essere considerato un atto di presunzione da parte mia.
Come sempre il lettore giudica con sovranità piena.
Cionondimeno, su una sola cosa auspico la tua lungimiranza: l’augurio di buona fortuna per il libro. Cosa può desiderare di più un padre per un “figlio” ?

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 22:27 da eventounico


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Egregi amici per anni ho ricevuto messaggi di questo tipo da una persona che mostrandosi pazzo, pazzo non è.
All’inizio mi faceva tenerezza e non capivo le sue forsennate intenzioni di angosciarmi con tutto questo spam. Comunque ho iniziato a rispondergli anche perchè accanto alle frasi di cui sopra mi inviava testi in inglese con strani moniti, previsioni, robba da brividi, una specie di individuo dalle mille risorse!
Insomma a parte questa mania di allungarselo all’infinito e di viagra e cialis e di strane cose che non so se vi faranno sorridere o che altro, avvertivo uno strano fascino. Mentre le leggevo capivo che dietro questi messaggi si nascondeva una persona molto colta e letterata, un vero genio pieno di idee, divertito di tutto ciò, per niente folle, ma che adoperava l’esca della stranezza per attirarmi.
Secondo voi, per quanto intelligente e colto e geniale, come si definisce un uomo che per anni invia tre anche quattro messaggi al giorno, tutto pimpante nella comunicazione, e non riesce o non vuole rivelare il suo vero volto all’interlocutrice?

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 22:59 da Rossella


@ Carlo e Miriam e Chicca
La biografia di E. Munch è abbastanza strana a causa di un rapporto sbagliato con la madre soffrì di grandi crisi nervose ed entrava ed usciva dalle case di cura.
Ma permettetemi di dirvi che non è affatto semplice tradurre le proprie emozioni attraverso le immagini: quel che voi chiamate mutismo apre il linguaggio della comunicazione non verbale, del senza parole, si racconta attraverso le mani sul volto, le linee fluttuanti di aranci e blu scuri, un ponte simbolo di collegamento fra lui e l’esterno, i passi di coloro che avanzano, queste sinusoidi che sembrano l’alta marea della sofferenza psicologica.
Miriam tu sei una persona sensibile e sono certa che in altri quadri di Munch (quello dove dipinge due innamorati che si baciano per esempio dietro una tenda) noterai che l’elemento più che da Brut Art è di un uomo che sta a guardare in maniera infantile, non brutale.
Altrimenti non ci sarebbe la poesia che nei suoi dipinti non mi sembra affatto assente.
Saluti

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 23:19 da Rossella


@Evento caro,
io penso che stai fregando un po’ tutti: che centra la poesia con la follia?
Come per Maugeri (che ha affisso “L’Urlo”), che centra Munch con la follia?
Ho letto i passaggi del tuo libro e non posso esimermi dal farti i complimenti. L’uso della parola è cosi musicale, cosi fisicamente sicuro che mi impressiona: sembra stucco a riempire le fessure di un ragionamento sull’amore; è d’amore che parli non di follia, come di dolore per il “mancato” amore parla Munch, non di follia ( e poi il norvegese è così greve, mentre la pittura è la mente che scrive l’amore coi pennelli), poi se vuoi confessare il contrario fai pure, ma il libro non è più tuo, o almeno “quel” pezzo che ci hai donato: “…la poesia non è di chi la scrive, ma di chi la usa…”, concedimi di usarla come meglio m’aggrada.
Chapeau.

Postato lunedì, 11 febbraio 2008 alle 23:40 da francesco di domenico


Didò a te non si può nascondere proprio nulla !
Ebbene si, è un libro sulla poesia. Anche.
I libri, come tu mi insegni, hanno più piani.
Quello della vicenda, volutamente il più provero, proprio per non incorrerere in ciò che paventa Zaub, parla della follia. Gli altri piani, tutti tessuti con il filo della metafora, sorreggono riferimenti alla cultura sapienziale, ai libri, alla memoria, all’arte, alla musica, alla poesia ed all’amore. Il reale obiettivo, però, era quello di scrivere un libro sull’attenzione, a mio avviso il più grande bisogno dell’uomo moderno. Ti rendi conto contro quale mulino a vento volevo lanciarmi ? Allora Sancho Panza mi ha suggerito a modo suo, con quel parlare da gente comune, di raccontare tutto questo a qualcuno. A chi ? Alla persona alla quale le lettere sono indirizzate. E’ reale ? Arriveranno a destinazione ? Chi può dirlo. Solo un folle, però, poteva sperare di farla franca.

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 00:30 da eventounico


Ho letto “Trauma” di Patrick McGrath, invogliata dal suo “Follia”, che mi aveva affascinato e preso parecchio, ma sinceramente mi ha deluso.
Charlie Weir è un personaggio a mio avviso inverosimile, anche se conoscendo un po’ la realtà U.S. , potrebbe starci uno psichiatra di tal fatta, ma spesso la narrazione è noiosa e non sempre coinvolgente.
Le sue personali vicende irrisolte e molte situazioni che si presentano alla lettura sono spesso mescolate come in un minestrone, molto colorato, ma con poco sapore.
chicca

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 01:38 da chicca


Ciao, Pasquale,
quando, molto prima, ho parlato di ”divertirsi”, volevo dire esattamente questo: poiche’ la Letteratura e’ ontologicamente incapace di esprimere a pieno le caratteristiche umane piu’ profonde e i pensieri meno verbali (perche’ il tempo non permette a noi uomini di trascrivere precisamente tutto), ne consegue che lo scarto esistente fra la pagina scritta e quanto di immaterialmente esistente dentro di noi fa si’ che la Letteratura sia, sempre, una specie di ”diario di imbecilli pretenziosi e buffi”. E non mi riferivo a te, ovviamente, ma a tutto quanto sia Letteratura. La scrivo con la ”l” maiuscola ma la considero cosa insufficiente, tentativo di traduzione di astratti concetti e sentimenti, pensieri, aliti. Cosi’ poi ne conseguiva: questa nostra congenita incapacita’ letteraria ci rende l’idea della nostra stupidita’. Meglio cosi’: possiamo riderne, ovvero capire di essere dei nani e provare a superare noi stessi, pur sapendo che non ne siamo in grado. Sarebbe una cosa sovrumana avere delle possibilita’ di esprimere appieno i nostri sentimenti.
Questo, intendevo, certo, non riferendomi al tuo libro. Anche perche’ purtroppo l’ho perso fra i meandri del mio vecchio computer… mannaggia.
Tuo
Sergio

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 02:27 da Sergio Sozi


Sergio, mannaggia…se scrivevi rimandavo.
Comunque sta tranquillo tra nani ci si capisce. A proposito…stasera tocca a me dedicare versi a Biancaneve. Speriamo che almeno mi guardi, altrimenti…

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 08:06 da eventounico


@ evento:
ricordi il patto? cazzate solo a partire dalle 9.30. Sei in anticipo di un’ora abbondante. dacci pace

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 08:13 da Enrico Gregori


enrico mi avvantaggiavo perché poi arrivi e vuoi dirle per forza tutte tu

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 08:47 da eventounico


Ho letto tutti i libri di McGrath. E’ un autore che riesce a entusiasmarmi. Anche “Trauma” mi pare all’altezza dei precedenti.

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 09:38 da Margot


naturalmente Follia mi ha fatto pensare di piu’, a distanza di tempo scoprivo cose sui personaggi che mi rendevo conto di aver sottovalutato. trauma l’ho letto in una sera, da poco, mi ha preso molto anche se se alcuni personaggi come Agnes non li ho molto capiti. il finale nasconde sicuramente qualcosa. Devo rileggere il romanzo con calma.
Sono ansiosa di leggere tutto di questo autore che avevo capito subito essere psichiatra.

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 10:19 da francy


Mah! penso che la follia di un Van Gogh sarebbe quasi saggezza oggi, se pensiamo che in ogni tempo ci si deve allineare a un modo di pensare corrente, oggi forse matto è chi ha idee completamente discordanti con quelle imperanti.
E comunque, il primo romanzo che mi viene in mente come simbolo di follia è Fosca, di Tarchetti. Già la storia in sè, un tizio che si innamora di una donna bruttissima e malata e per lei lascia la fidanzata bellissima. Poi come è scritto: in un modo martellante, ossessivo, fobico (chiaramente in senso letterario, il bello di Tarchetti è che la follia è al servizio della letteratura).

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 10:43 da Ayesha


Ci ho pensato a lungo, poi mi sono detta che forse a Pasquale avrebbe fatto piacere leggere le mie impressioni sul suo libro, anche qui, così:

Ho appena finito di leggere un libro un po’ particolare, “Come pagina bianca” di Pasquale Esposito. Particolare perché, sebbene abbastanza stringato , è invece una miniera di riferimenti colti, riflessioni che prendono spunto e si diramano in molteplici campi del sapere.

E’ un libro in cui si riversa l’anima dello scrittore che, attraverso la narrazione in prima persona del protagonista, ti rende partecipe della sua cultura e dei suoi dubbi, delle infinite sfaccettature della sua mente e delle riflessioni che ne scaturiscono sulla caducità delle cose e sull’importanza del Tempo.

Le parole assumono significato totale e irradiante, rappresentano il senso della vita in contrapposizione al senso della morte. Diventano porte spalancate da cui poter sortire per esplorazioni dal centro del sé alle periferie dell’altro da sé, in diramazioni e rivoli che raccontano di antica sapienza, di attuale conoscenza, di regioni della mente che sono anche substrato del presente “ …Siamo unici eppure un tutto incontenibile, aggregato non enumerabile di idee e sensazioni. Per la lista dei nostri pensieri non basterebbe la carta di tutti i libri stampati, se mai volessimo trascriverli.”

La poesia vi si innesta quale trait-d’union fra logica ed irrazionalità, come se, per un processo alchemico, la pietra e l’oro si trasmutassero a vicenda per giungere insieme alla Luce. Nell’Ein Sof traente da Sé ogni categoria e manifestazione.

Nel suono, forse, di un flauto magico che ne riunisca tutti i vari aspetti per alfine pervenire alle nozze mistiche.

Puoi sentire la musica sprigionarsi in parallelo, mentre la parola risuona come voce sola e distinta, supportata dalla melodia.

Persuasivo il linguaggio che sfida la tendenza alla dispersione cercando di garantire alla mente stessa l’identità ed esistenza, nella certezza che

“Nulla vale sapere e potere

nulla saggezza e oro

giacchè possiamo

ancora morire

se manca una parola.

Potremmo non esistere

se non fosse noto

che ci siamo.”

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 12:30 da cristina bove


sulla follia e’ stato scritto molto purtroppo perche’ e’ un argomento molto diffuso – molte persone piu’ di quante noi ne immaginiamo sono attanagliate dalla follia !!
a suo tempo quando ho letto FOLLIA di Patrick McGrath – sono rimasta colpita da quel romanzo anche perche’, come ho gia’ detto un’altra volta proprio su questo blog, spesso nella mia esistenza ho avuto paura di non tornare indietro………ma, per me erano solo piccoli esaurimenti – immaginiamo cosa prova qualcuno che ne e’ veramente catturato (dalla follia intendo) –
non ho letto invece i testi che vengono citati per il tema di oggi, sara’ mia cura farlo prossimamente –
FOLLIA divento’ poi anche un film, ben interpretato da una v. Richardson (moglie di Liam Neason) se non sbaglio – bravissima – anche se il film non e’ stato cosi’ avvincente come il libro – come spesso succede –
la follia, comunque, e’ in ognuno di noi, puo’ scattare da un momento all’altro, provocata magari da un avvenimento che per altri puo’ essere normale, in alcuni soggetti scatena l’immaginabile !!
anch’io penso che L’URLO di Munch rappresenti un attimo di follia !!
spero di non aver scritto baggianate !! un saluto a tutti anna di mauro

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 13:07 da anna di mauro


Di “Trauma” dico che sto cercando di finirlo da due mesi. Boh, non mi piace.
Della follia invece dipende da come si intende.
Per me in senso clinico è una faccenda seria che non ha nulla a che vedere con la creatività o con l’intelligenza, tanto meno col genio. E’ una condizione in cui il subconscio prende il sopravvento sullo stato di coscienza. Quindi chi dice che tizio è folle perché parla da solo dice cazzate.
Invece la non accettazione delle regole, se lede la altrui persona, è o stronzaggine o criminalità.
Di norma gli psicotici sono distruttivi più che creativi. La panzana del genio e follia mi è sempre stata sulle palle. Se andate ad analizzare le biografie degli artisti comunemente etichettati come pazzi scoprirete che al massimo erano fortemente nevrotici, pittori e musici compresi.
Non dimentichiamo che la pazzia, quella vera, di norma paralizza in uno stato quasi onirico, allucinatorio, nel quale è assai difficile agire.
Quelli poi che addirittura si autodefiniscono folli li manderei a demolire palazzi con i denti.
Infine, se vogliamo parlare del perché scriviamo di gatti che fanno le spaccate e girrarrosti con le tette, be’, se si tratta di questo la risposta è semplice: perché le regole che abbiamo inventato ci annoiano a morte, ma se non le seguiamo moriamo anzitempo. Per non dovere affrontare quotidianamente nessuna delle due condizioni ci fermiamo a metà strada. In un punto non meglio specificato che porta il nome di fantasia.

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 14:31 da F. M. Rigo


Sul sito Ibs è disponibile questa recensione del romanzo “Trauma” di McGrath
———
Nel nuovo romanzo di Patrick McGrath, ritornano i temi del dolore e dell’angoscia, della labilità della mente umana e della intensità delle pulsioni. Dopo il successo di “Follia” (1998), un libro in cui lo spazio asfittico del manicomio si riversa nel comportamento deviato dei personaggi, “Il morbo di Haggard” (2002) e “Port Mungo” (2004), con questo nuovo romanzo McGrath conferma il suo talento nello svelare i lati oscuri e i labirinti intricati dell’animo umano.
Tornano, in queste pagine, tutte le immagini ricorrenti della sua opera. Il rapporto conflittuale con una madre in preda a continue crisi depressive. Un padre assente e lontano, che ben presto abbandonerà il suo ruolo di modello di riferimento nella vita del giovane Charlie, per presentarsi come realmente è, un uomo fallito e alcolizzato. Un fratello più giovane, Walt, pittore brillante e di successo, che vive la vita in maniera edonistica e disimpegnata. Una figura che rimane ai margini dei conflitti che colpiscono la famiglia, un po’ per l’incapacità di assumersi le proprie responsabilità, un po’ perché le strazianti richieste di aiuto da parte di una madre ormai spenta si rivolgono unicamente al figlio maggiore.
Charlie Weir è un personaggio estremamente affascinante e complesso. Psichiatra di scarso successo a New York, sceglie la sua professione, così come molti altri psichiatri, a causa di sua madre, a causa del senso d’impotenza che lo ha accompagnato per tutta la vita nell’assistere alla lenta e inesorabile disfatta della donna. Il senso di colpa si nutre negli anni e sfocia nella frustrazione di notare la completa indifferenza del fratello, del padre, della madre stessa che accetta passivamente la sua terribile malattia. E il morbo che ha infettato l’animo di sua madre, alla sua morte, si riversa nel figlio, come in una catena ineluttabile in cui il male e l’angoscia non termina neanche quando la vita finisce, ma si trasmette e si perpetua nella mente di chi ha cercato di affrontarli e di combatterli. La vendetta dell’oscuro, la parte più nascosta e intima della psicologia umana, serpeggia nelle pagine di questo agghiacciante romanzo. La storia di un uomo vinto dallo stesso male che cerca di curare, un medico che avvelena se stesso e i flebili rapporti che riesce a costruire, quasi come se il rimedio alla follia fosse una cura omeopatica. E l’amore, in questo contesto, è l’ingrediente della cura. Un veleno che innesta le reazioni in grado di far emergere le pulsioni e i traumi repressi. Un veleno che appare sotto la veste di Nora Chiara, una donna di una bellezza mozzafiato ma dall’aria terribilmente sofferta. Una storia che scatena una passione fulminante ma che col tempo si rivelerà portatrice di nuove e angoscianti paure.
Passione sfrenata da una parte, ma anche un’estrema vulnerabilità, che si trasmette da Nora Chiara a Charlie, un dolore che attiva altri dolori trascinando il medico alla ricerca degli abissi del proprio animo, trasformando il dottore in paziente e il rimedio in veleno. Al cuore di ogni cosa, nel profondo di ogni animo, c’è un trauma latente. Un pozzo nero che avvelena le acque vorticose della passione, che solleva atroci sospetti, ricordi sepolti nell’inconscio pronti a riemergere con tutta la loro terribile evidenza.
Un romanzo che, come una vertigine, ci conduce negli abissi dell’animo umano, una lettura capace di imprimersi a fuoco nel nostro universo percettivo e di farci comprendere i meccanismi intricati con cui, dalla profondità dell’Io, tutto tende, inevitabilmente, a riemergere.

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 14:43 da Cicerone 1


F.M. è bella questa cosa che hai scritto.

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 14:44 da eventounico


Che bello sarebbe poter vedere “Come pagina bianca” in nuova uscita per la Bompiani! In bocca al lupo Eventounico!
Ho pensato poi a due storie fondamentali, su questo tema, da consigliare vivamente, le quali fanno parte della grande stagione della letteratura russa: il romanzo breve “Il sosia”, di Dostoevskij, che narra la storia di uno sdoppiamento psichico, e il racconto “Il diario di un pazzo” di Gogol, contenuto nella raccolta “I racconti di Pietroburgo”, scritto con una tecnica frammentata e delirante in consonanza con le vicende narrate. Gogol sapeva per esperienza diretta di cosa parlava: sembra che durante una sua grave crisi psichica abbia dato alle fiamme la seconda parte del suo grande romanzo “Le anime morte”.
Se a qualcuno interessa, proprio pochi mesi fa ho pubblicato su una rivista mensile on-line, Faranews n.94, ottobre 2007 (è una rivista, leggibile on-line, dicevo, di Fara editore) il racconto dal titolo “Lo zio Pino”, completamente centrato sul tema della follia.
Un caro saluto a tutti,
Gaetano

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 14:53 da Subhaga Gaetano Failla


Ehm concordo nello spirito la fausta righessa e nel concreto massimo le sue conclusioni sui girarrosti con le tette. E anzi me la rivenderò se me lo permette. aldila de giochino dice una verità filosofica importante, pure se a questo punto mi preme fare qualche specificazione e riflessione.
– La psichiatria sta costantemente tra due fuochi: la cultura e la natura. adesso si comincia a parlare di psichiatria transculturale, la quale va dimostrando che ci sono forme di schizofrenia in tutti i contesti, mentre altre patologie sono più “culture baund”- esempio l’anoressia. I due fuochi si traducono in un altra dicotomia, ovvero ambiente (cure familiari, traumi, esperienze, accudimento etc) biologia (genotipo, funzionamento dei neurotrasmettitori, funzionamento di determinati organi: amigdala, ippocampo, ipofisi etc). Ci sono delle patologie maggiormente determinate da un lato quello culturale, e altre dalla iattura di quello naturale. La schizofrenia ha una partenza genetica forte e come conseguenza genera anche delle risposte ambientali distorte.
Perciò, quando si parla di follia, ci riferiamo a un disturbo che ha un correlato fisologico di un certo tipo – devo dire Fausta, distruttivo in una percentuale anche ridotta dei casi. La creatività comunque c’è molto di rado e quando c’è è incerti casi limite che dispongono di questa preziosa e sacrosanta risorsa. Ma se no questa risorsa è come sepolta dal macello. Siamo noi a poeticizzarla, perchè attanagliati dall’angosciante omologazione dell’industria culturale, chiediamo a quel poveraccio che invece la prima cosa che desidera è la nostra banalità, di riscattarci. Poetizziamo la follia, così saremo un po’ più belli anche noi. questo ci fa fare bella letteratura ma non è granchè realistico.
Il caso degli artisti che impazziscono è un caso diverso. e’ naturale pensare che sia la stessa cosa, ma da un punto di vista scientifico non lo è affatto. Esistono depressioni mal curate e disturbi bipolari malcurati che possono degerare in “depressioni psicotiche” forse quello è il germe di follia anna di mauro alludeva. e che appunto se lo si ascolta non degenera. Ma è cosa diversa, e forse non è la follia che si intende comunemente.

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 14:55 da zauberei


L’urlo:
la scena è riportata dallo stesso Munch sul suo diario nel periodo in cui, ammalato, si trovava a Nizza :
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“Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad un recinto. Sul fiordo neroazzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura… e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura.”
.
Tutta la natura è pervasa da quell’urlo, le linee caratterizzate dalla stessa curvatura ed i colori che accendono di fuoco tutta la scena.
.
Eppure gli amici continuano a camminare e la strada è dritta.
.
L’interpretazione, molto personale, che ho sempre dato dell’immagine è che quell’urlo possa essere, in qualche modo liberatorio. Un angoscia forte, pervasiva, che si estende tutto intorno al protagonista, ma istantanea. Un angoscia che è tutta in quell’urlo, destinata quindi a finire.
La strada dritta una speranza di poter proseguire il cammino e raggiungere gli amici.

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 14:57 da eventounico


Zaub, quando dici “disturbi bipolari malcurati che possono degenerare in “depressioni psicotiche” ti posso chiedere, anche a beneficio degli altri, a quale tipo di malcura stai pensando e che caratteristiche avrebbe la depressione psicotica (quali manifestazioni) in questo caso ?
-
Mi rendo conto che è quasi una consulenza, ma poi ci accordiamo sulla parcella.

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 15:02 da eventounico


Evento mio smakkete smakkete ad ogni piè sospinto.
Piuttosto che ne facciamo di tutti i nani che sono rimasti?
Grego ha detto che ci dava una mano a smaltirli ma come al solito si è defilato … che dici gliene portiamo una carrettata al Messaggero?

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 15:03 da F. M. Rigo


e per fausta hip hip urrà!
sono qui al volo in situazione precaria, quindi non posso e non voglio entrare nel merito del post. ho letto mcgrath, ho intenzione di leggere evento. ma di quello che è follia non mi sento di parlare. vengo da trieste, e ho vissuto da abbastanza vicino l’esperienza della nuova psichiatria per sapere che una cosa è la vera malattia mentale, che è dolore infinito, altra cosa la cosiddetta pazzia dei geni, che è solo creatività e voglia di epater les bourgeoises. i quali bourgeoises per parte loro tendono ad etichettare come pazzia tutto quello che esula dagli stretti confini dei loro limitati orizzonti. ma ringraziando il cielo non riescono più, almeno non sempre e non dappertutto, ad eliminare il disturbo facendo rinchiudere il disturbatore.
un abbraccio a tutti e a pasquale in particolare
:-)

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 15:04 da gea


F.M. meglio di no. Chissà che uso ne farebbe…

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 15:05 da eventounico


Gea, verrai anche da Trieste, ma sei una buongustaia. ;-)

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 15:06 da eventounico


@ zaub
io ci avrò il sidol, ma come strofini tu… fai le stelline
:-)

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 15:08 da gea


Zaube, sapevo che mi saresti venuta in soccorso. Ti amo, i gatti e i girrarrosti sono tuoi.
Perdonate il tono un po’ duro, il fatto è che la malattia mentale mi sta molto a cuore, in particolar modo la sofferenza che questa causa. Come dice Zaube ci “impossessiamo” del concetto di follia stravolgendolo e dandogli dei significati di comodo assai poco attinenti alla realtà.

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 15:11 da F. M. Rigo


Noooooo, Evento, anche coi nani? Eh ma allora non ci si può fidare più di nessuno. Pensa che a me aveva detto: “Porta, porta, che c’ho una Onlus che li disintossica e gli trova anche lavoro”. Non ho parole.

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 15:15 da F. M. Rigo


Un saluto a tutti voi. Bel post questo sulla follia.
Solo a leggerlo e a leggere i commenti c’è da uscire pazzi.
McGrath non lo conosco, ma rimedierò. Complimentissimi a Eventounico. Non sapevo fossi scrittore.
Una domanda per Massimo. Perché non hai detto che anche il tuo romanzo “Identità distorte” affronta il tema della follia? Eh? Perché ogni tanto non parli anche delle cose tue?
Secondo me fai troppo il timido.
Te lo dico con affetto.
Smile

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 15:26 da Elektra


@ EVENTO E FAUSTA:
se conosceste le canzoni di Fabrizio De Andrè potreste farvi un’opinione sui nani

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 15:26 da Enrico Gregori


Io la faccenda der sidol non l’ho capita. Ma quanno lustro lo faccio con convinzione. Cioè spero di aver capito è per i complimenti? se era per i complimenti si! So lustratora. Grazie Faustissima:)
Eventissimo
qualche tempo fa ho conosciuto in una clinica psichiatrica una signora. La quale sposata con tre figli. Un figlio a un certo punto ha un grave incidente. Sopravvive ma rischia veramente la vita. Comincia una brutta depressione di questa signora, che non rientra e dura anni. Ogni tanto un po’ di farmaci, da parte del medico generico. Ma nessuno prende sul serio questa signora. Un po’ di maschilismo, un po’ di superficialità.
Esagerata.
E perchè fai così mo’ te porto a fare na’ bella passeggiata.
Epperò quando arriva in clinica la signora dichiara che di avere la casa piena di terroristi islamici che la vogliono ammazzare. Che i marziani ci puniranno tutti. e che lei è in contatto con degli informatori. Ripete queste cose in continuazione. E’ veramente spaventata e spesso piange, perchè ecco ora è in clinica e Bin Laden sta a sfascià tutto il salotto. e magari le bombe. Dei contenuti persecutori e penosi che la signora non si è data la possibilità di ascoltare si erano ingigantiti con gli anni. Prima era la continua paura degli incidenti, poi la paura dei medici, e via cosi di categoria in categoria dal reale all’irreale.
Io facevo il mio primo tirocinio e una bravissima dottora di quella clinica mi disse: “quando arrivano qui è spesso troppo tardi”. Cioè la patologia che prima era psicologica ed era una reazione a dei vissuti esterni e interni, si è cronicizzata e non ci restano che i farmaci.
Nel caso della signora un incidente al figlio può davvero racchiudere dei simbolismi incredibili per una madre (sensi di colpa, desideri inconsci contro il figlio, senso di irresponsabilità) che la poveretta non affrontò a tempo debito, e che potevano essere collegati a altri nodi irrisolti che però la lasciavano relativamente tranquilla – questo poi non lo so – una psicoterapia ben fatta, avrebbe potuto evitare un crollo psicotico.
(Pasquale nun sei arrabbiato commè ve?)

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 16:03 da zauberei


@Fausta,
se anchio dico, con ritardo, che mi sei piaciuta arrivo ultimo?

Un po’ m’è ventuto in mente quandi i ragazzi per darsi un tono frivolo dicono:”oggi stò a pazzo!; facimme ‘na pazzaria?”

Io ricordo Benito, che era pazzo veramente e, uscendo dal manicomio (dopo la legge Basaglia i malati uscivano e rientravano a piacimento) alle 5 del mattino mi chiese una sigaretta, io scesi dal posto di guida del bus e gliela offrii, Benito scoppiò a piangere :
“Benì, ma che succede?” e lui
“Se non mi paghi il caffé, come me la fumo?

Su Munch,
un aneddoto personale?
A mia figlia, prima di pubblicarle in catalogo un’opera le chiesero un commento critico: si infuriò e mi disse: “Papi, scrivi quattro cazzate per questi ( che tu a cazzate sei bravo!), vogliono che interpreti la mia pittura, questi sono folli e, sopratutto sciocchi, se sapessi quello che faccio quando dipingo sarei uno scrittore.”

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 16:03 da francesco di domenico


No, Zaub. Al contrario. Quello che hai detto mi è utile per quanto ho scritto, ma soprattutto per una cosa mia, ma è un’altra storia quella.
.
Lasciamo da parte le cose troppo serie e rispondiamo a Didò che gli voglio bene. Francè quel benito a me non sembra pazzo nemmeno un pò e neanche fesso. Forse lo faceva, il fesso, “per non andare in guerra”…. Tua figlia è grande ! Mi permetto solo di rettificare parzialmente. Anzichè scrittore direi cantore di storie.
.
Gaetano, se Bompiani decidesse di valutare il mio romanzo, vorrebbe dire che sta cambiando il mondo, ma quello è il compito della letteratura vera non di quel carretto di parole che porto in giro io nei vicoli.
.
Didò mi vuoi aiutare ? Raccogliamo tutte le parole vecchie, stantie, obsolete, fuori moda e le mettiamo in esposizione sul carretto. Qualcuno, secondo me, si ferma pure di tanto in tanto e allora gli raccontiamo una bella storia costruita a caso con quelle parole. Che ne dici ?

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 17:00 da eventounico


Un libro che io ricordo sulla follia,sulle vicende di un malato di mente,e’ quello di Groddek ‘lo scrutatore d’anime’,essendo un libro scritto da uno psichiatra,anche se i forma di romanzo,diventa uno strumento dottrinario a sostegno di una propria tesi sulle origini,ragioni e possibili cure della follia.
Ma quello che piu’ affascina e’ studiare la follia come sottile e labile confine del nostro agire quotidiano.a volte una grande gioia,o più spesso un improvviso e immenso dolore,ci spingno oltre quella linea di demarcazione e cosi’ ilo nostro comportamento deborda nel regno inqiuetante dell’assurdo,dell’irrazionale,del male.Ma forse neanche questo evento-causa e’ necessario se freud diceva che nel corso di una giornata,piu’ volte ,un individuo oltrepassa quel confine.ripenso cosi’ alle nostre piccole nevrosi quotidiane,alle angosce notturne,alle fobie compulsive.
ma sono attimi,poi la mente rientra negli argini della ragione,e ,si spera senza lasciare vittime,cosa impossibile il piu’ delle volte.
Mi torna in mente una storia di ‘ordinaria follia’ che invece mi esalta,in quianto la comprendo da un punto di vista umano,una follia prefettamente comprensibile.Quel famoso archeologo innamorato del mito di Troia,fin da bambino la sognava,ed era convinto che fosse davvero esistita,per cui con enormi sacrifici mise da parte i soldi per andare a scavarla fuori dalla favola.Quando si accorse di essere vicino al famoso tesoro di elena,disse ai suoi operai di abbandonare gli scavi perche’ tutto era inutile.calata la notte scavò da solo,tiro’ fuori la cassa e la trascino’ fino alla tenda dove la moglie dormiva.la sveglio’ di soprassalto e le disse’SPOGLIATI’,la rivesti’ poi di tutti quei preziosi e sontuosi monili appartenuti alla donna piu’ bella dell’antichità,e la guardo’ tutta la notte.Mi sembra di vederli i suoi occhi,scintillanti di follia e del luccichio di quelle pietre,delle lacrime di soddisfazione,dei suoi sogni di bambino,dell’amore per chi aveva creduto in lui.queste sono le storie di follia che vorrei leggere e sentire raccontare.
alla prossima.

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 17:41 da m.g.


ciao Event/Pasq…visto che sono riuscita a passare un’altra volta? e ho pure visto che si parla di uno scrittore che ho conosciuto ultimamente e che mi piace da morire (McGrath….il libro “Follia” è stupendo!)….e volevo lanciare un sassolino a tutti: “perchè non leggere anche “i pensieri degli altri” oltre “come pagina bianca”? A me è piaciuto anche di più e lo consiglio a tutti i tuoi “fans”….. poi per la pubblicità “non occulta”…. aum aum :-) ) ciaoooo

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 17:47 da ila


Ila, ti ringrazio di essere passata. Cosa vai a ripescare… quel libro, solo un esperimento e niente di più, è addirittura fuori produzione. Quello si che necessiterebbe di un editing serio. I fans ? Non sai quanto mi sono costati.
Veniamo invece alle cose serie. Dicci qualcosa di più su McGrath che merita ben di più e, tra l’altro, ti è anche piaciuto.

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 17:57 da eventounico


Eccomi di nuovo qui.
Be’, grazie mille per i nuovi commenti…

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 19:02 da Massimo Maugeri


@ Evento
Pasquale, ti ringrazio per i generosi stralci del tuo libro che hai postato qui.

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 19:04 da Massimo Maugeri


@ Elektra
Sei molto gentile. Però questo post è dedicato a McGrapth ed Esposito, non a Maugeri.
Comunque grazie per il pensiero.
:)

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 19:05 da Massimo Maugeri


@ Zauberei
Prima o poi verrai pagata per le tue ottime consulenze psicoterapiche. Organizzerò presto una colletta letteratitudiniana.
Ora che ci penso… potremmo mettere in piedi un servizio di psicoterapia on line (magari di gruppo). Penso che ne avremmo un po’ tutti bisogno.
Che ne dici?
:)

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 19:07 da Massimo Maugeri


Dimenticavo di sottolineare che l’ottima Silvia Leonardi è autrice di questo libro:
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/12/06/allo-specchio-di-silvia-leonardi-recensione-di-enrico-gregori/

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 19:09 da Massimo Maugeri


@ Subhaga Gaetano Failla
Perché non “posti” qui il tuo racconto dal titolo Lo zio Pino ?

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 19:11 da Massimo Maugeri


Ancora su… L’URLO DI MUNCH
In un precedente commento avevo scritto quanto segue:
“Lo so, forse l’immagine de “L’urlo di Munch” è un po’ inflazionata.
Però a me ha sempre fatto venire in mente l’angoscia e la follia”.
-
Didò precisa che non c’entra granché con la follia, e forse ha ragione… ma a me ha sempre fatto venir in mente “angoscia e follia”.
-
Ringrazio Evento per aver riportato frasi estratte dal diario di Munch.
-
Un paio di domande:
Siete d’accordo sul fatto che “L’urlo di Munch” sia diventato una sorta di icona pop (o giù di lì)?
Secondo voi a cosa è dovuta l’enorme fama di questo quadro?

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 19:17 da Massimo Maugeri


Vi riporto l’incipit di “Trauma”, copincollato da “Vertigine”:
http://vertigine.wordpress.com/2008/01/13/patrick-mcgrath-trauma-incipit/

Incipit di “Trauma”

di Patrick McGrath

La prima crisi depressiva di mia madre si verificò quando avevo sette anni, e io sentii che era colpa mia. Sentii che avrei dovuto prevenirla. Questo accadde circa un anno prima che mio padre ci lasciasse. Si chiamava Fred Weir. A quel tempo sapeva essere generoso, divertente, espansivo – mio fratello Walt assume lo stesso atteggiamento, a volte. Quando si avvicinava una crisi c’erano dei sintomi evidenti, almeno per me – non so per gli altri. Poi, ecco l’improvvisa perdita di controllo, la fuga precipitosa dalla stanza, la porta sbattuta in fondo al corridoio e, infine, il silenzio stupefatto. Io, però, ero in grado di evitare tutto questo. Facevo lo sciocco, o il bambino piccolo, e distraevo mio padre dall’ondata crescente di noia e frustrazione che probabilmente avvertiva, trovandosi intrappolato nella soffocante atmosfera domestica che la mamma amava creare. Più tardi, quando lei incominciò a scrivere, non creò più nessuna atmosfera: solo un vago squallore, molto alcol e tristezza. Ma mio padre se n’era già andato da un bel po’.
A quel tempo vivevamo in un grande appartamento, brutto e scomodo, sull’Ottantasettesima Strada Ovest, dove oggi abita mio fratello Walter con la sua famiglia. Non ho mai messo in discussione il diritto di Walt ad averlo dopo la morte della mamma, e ho accettato il fatto che a me non abbia lasciato niente. In realtà, mi diverte che mi abbia sbattuto in faccia quest’ultimo insulto quando era già nella tomba. Era giusto che mio fratello avesse l’appartamento, date le dimensioni della sua famiglia e la circostanza che io vivevo da solo, anche se lui non aveva propriamente bisogno di quella casa. Walt è un uomo ricco – il pittore Walter Weir! Ma non provo risentimento per questo: di certo, se avessi sentito uno dei miei pazienti affermare una simile cosa, avrei subito colto la rabbia celata nelle sue parole. Con consumata abilità, allora avrei tirato fuori la verità, l’avrei portata in superficie, dove entrambi avremmo potuto affrontarla senza reticenze: Lei odiava sua madre! La odia ancora!
Come ormai avrete compreso, sono uno psichiatra. Per mestiere, faccio ciò che voi fate spontaneamente per le persone che amate, il cui benessere vi è stato affidato. Per molti anni, ho avuto lo studio in Park Avenue, cosa meno grandiosa di quel che sembra. L’affitto era basso, al pari delle mie parcelle. Lavoravo perlopiù con le vittime di traumi, che fra tutte le persone mentalmente disturbate della città di New York sentono con particolare intensità di essersi meritate le loro sofferenze. Ciò le rende lente nel recupero. Ho scelto questa professione a causa di mia madre, e non sono l’unico. Sono le madri che hanno spinto la maggior parte di noi verso la psichiatria: di solito, perché le abbiamo deluse.

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 19:21 da Massimo Maugeri


Ora torno a dedicarmi alla mia influenza.
Statemi bene.
-
(off topic – più tardi o al massimo domattina publicherò un post su San Valentino incentrato su due libri).

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 19:25 da Massimo Maugeri


Follia:

Una parola di per sè astratta, ma che una volta assunta nel suo vero significato e contenuto, ci fa gioire, rabbrividire e anche impazzire. Chi vuole confrontarsi con lei, deve essere molto preparato e forte d’animo e carattere.
È lei, che ci incita a dare un senso tutto proprio alla nostra vita, che ci trasporta nella dimensione dei sensi, i quali, non più sottomessi alla ragione, ci fanno vivere da grandi e ci rendono sazi dei suoi effetti avvincenti ed esplodenti.
È giusto goderla per un attimo, ma non più, dopo il quale il ragionare assume di nuovo il suo senso di necessità e di misura, per poi appropriarci di nuovo del nostro tempo, che riprende così a scorrere uguale e monotono.
Chi la temesse, non riuscirà mai a scoprire l’infinità della sua fantasia, dei suoi desideri, dei suoi tormenti, delle sue paure che in lei trovano la loro vera espressione e validità.
Follia e normalità sono le due facce di un volto non finito e definito, ma che tende a trovare la sua espressione e aspetto finale nella loro simbiosi.
Sul percorso delle nostre cognizioni, dobbiamo riconoscerle e affrontarle, perché senza di loro non saremmo mai in grado di riconoscerci per quello che siamo e non sapremmo mai come servirci di loro per raggiungere l’armonia finale.
Lorenzo Russo

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 19:27 da russo lorenzo


La sparo? Sì, la sparo. Non avevo letto “Trauma” ma, dall’inizio, preferisco il libro di Pasquale. Me ne fotto delle prebende e dei peana. Leggendo l’incipit di McGrath provo solo una noia mortale senza alcun interesse di avvicinarmi ai personaggi.
(Ri)leggo le prime pagine di Pasquale…ed è subito “ambiente”. Non è poco.

@ m.g.:
prima o poi per starti al passo dovrò andare a rispolverare i libri del ginnasio. Enciclopedica!

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 19:33 da Enrico Gregori


@ Enrico
E se avessi cenato con McGrath anziché con Pasquale sarebbe stato lo stesso?
:)
Ora vado davvero…
-
P.s. Voci di corridoio parlano di un’ulteriore cenetta romana. Magari se ne potrebbe parlare ne “La camera accanto”

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 19:38 da Massimo Maugeri


[...] segnala qui, qui e [...]

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 19:46 da Kataweb.it - Blog - terzapagina » Blog Archive » RAMADAN INSISTE NELLA POLEMICA CONTRO LA FIERA DEL LIBRO DI TORINO


@ Massimo Maugeri
Grazie per l’invito a postare qui il mio racconto, in tema, “Lo zio Pino”. Essendo però piuttosto imbranato per quanto riguarda il “trasloco” lascio l’indirizzo: se per cortesia puoi farlo tu, cioè trasferire il mio racconto qui, ti ringrazio tanto.
http://www.faraeditore.it/faranews/94.shtml
Ti faccio tanti auguri per una rapida guarigione dalla tua influenza,
Gaetano

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 19:54 da Subhaga Gaetano Failla


Didò, una cosa un giorno spero mi racconterai: come cacchio si guida una cosa grande come un autobus? Non so perché ma il mio settanta barrato me lo vedo completamente ammaccato, co’ due ruore sgonfie e lo specchietto pendulo.

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 20:58 da F. M. Rigo


Uno dei libri sulla follia che più mi è piaciuto e’ stato “il pazzo ” di Gogol.
Un’altro libro che potrebbe essere illuminante sull’argomento è stato per me Auto da Fè di Canetti. Il solipsismo monomaniacale dei protagonisti è stato per me una delle più grandi rivelazioni letterarie.

Dei due libri in questione non posso dire nulla. Non li ho letti anche se cercherò di colmare la lacuna……

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 21:09 da outworks110


@ EVENTOUNICO E Francesco RIGO e Massimo Maugeri
Il quadro di Munch hai ragione tu è un allucinazione; viene fuori, comunque, un evento artistico dovuto alla sua unicità. Il pittore ha fotografato dentro di sè l’intemperia psicologica e l’ha restituita allo spettatore con il movimento provato e vissuto dentro e fuori. Non è poco e, sapendo come fare, ha dato al quadro la meritata fama.
Tuttavia sono d’accordo con Francesco quando distingue il creativo dalla parola follia (e quindi autodistruzione) e con Zauberei. Coloro che sentono il bisogno di creare sono una specie di “tramite” e spesso i loro periodi li possiamo definire altalene fra gli opposti, sole e luna, notte e giorno, etc. Ma questo, purtroppo, c’è chi non riesce a gestirlo, sopraffatto da quel qualcosa che ammazza la creatività; attualissimi gli esempi di Van Gogh suicida o di altri artisti famosi, l’alcolismo, la droga, il gioco d’azzardo per lo stesso Dostojesky.
A mio avviso bisogna essere molto accorti di fronte a queste cose, c’è una bella differenza anche nel voler mantenere l’ordine delle cose e, per concludere, lo stesso Munch ha sovvertito l’ordine dei colori mettendo un caldo giallo-arancio in cielo e nel mezzo della sua fronte, mentre gli azzurri-bluette li ha adoperati in basso per le acque, i personaggi esterni, persino per il ponte.
Non mi sembra che Munch la pensasse pop, aveva ben altro di cui preoccuparsi.

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 21:19 da Rossella


Fnalmente Pasquale ha il posto che si meritava: i tanti apprezzamenti lo sottolineano, e meglio ancora l’intervento di Fausta Maria Rigo, di cui vorrei riportare l’apice: ”Non dimentichiamo che la pazzia, quella vera, di norma paralizza in uno stato quasi onirico, allucinatorio, nel quale è assai difficile agire.
Quelli poi che addirittura si autodefiniscono folli li manderei a demolire palazzi con i denti.”
Parole sacrosante, Fausta. La vera follia e’ una policroma marea di problematiche e pulsioni fra le quali ne spicca solo una: il dolore e la sofferenza solitari. La solitudine come cornice di un quadro il cui soggetto puo’ essere a volte riportato alla normalita’ solo a prezzo di grandi sacrifici. Non confondiamo i significati: genio e sregolatezza si’, ma genio e follia no… magari si tratta di ”vita da artista, da bohemien”, ma non di vera pazzia, ossia di quella che manco ti permette di parlare o di scrivere cose leggibili.
Sergio

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 21:28 da Sergio Sozi


P.S.
Magari parlare di ”tempi folli” e’ un altro paio di maniche: mi sembra giusto farlo.

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 21:30 da Sergio Sozi


A Rossella,
che infine chiede: ”Secondo voi, per quanto intelligente e colto e geniale, come si definisce un uomo che per anni invia tre anche quattro messaggi al giorno, tutto pimpante nella comunicazione, e non riesce o non vuole rivelare il suo vero volto all’interlocutrice?”
A me verrebbe di risponderti: il tuo persecutore e’ semplicemente (!!!)innamorato di te o veramente ha qualche tonnellata di problemi bloccati a livello di cucuzza e crede di poterli risolvere grazie a te, visto che gli hai dato spago rispondendogli. Comunque fa’ attenzione, Rossella: di gente semi-sballata, ovvero ”borderline”, ce n’e’ tanta in giro, soprattutto oggi. Meglio tenersene lontani ed analizzare la cosa senza farsene coinvolgere.
Il Prudente Sergio

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 21:41 da Sergio Sozi


Per spiegarmi ancora meglio ha usato gli opposti di due colori (complementari) arancio e blu, gli opposti di segno quali le sinusoidi ovoidali e le rette, dalla quale apparente disarmonia dicotomica nasce questo spirito con tanto di urlo che non vuole spaventare chi lo guarda (se uno si spaventa dovrebbe iniziare a preoccuparsi lui) ma tira fuori la sua anima. Guardate attentamente la forma della parte blu alle sue spalle: è una specie di gabbiano con le ali protese verso coloro che avanzano, drasticamente separato da una zona giallognola. Ogni parte del dipinto è strutturato sulla coppia……. degli opposti. Non è bellissimo?

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 21:55 da Rossella


Sergio,
ti ringrazio davvero per essere stato l’unico a rispondermi al post di ieri.
Anch’io la penso come te e il quadro di Munch ci aiuta a cogliere l’essenza del discorso. Ma permettimi di dirti che non ho mai ammazzato nessuno e che questo signore, nascondendosi, ha voluto un pò esibire che cosa è diventato l’uomo di oggi, tecnologico e al computer, preoccupato del viagra e del cialis, ossessivo con ste cose qui, che poi ne fa spaccio col computer, povera cucuzza davvero la sua, sai quante volte gli ho scritto di andare almeno da un andrologo???!!!! Però è molto simpatico. A proposito di Cucuzza….conosco solo quel giornalista siciliano con quel programma del menga ogni pm…Ciao e grazie

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 22:10 da Rossella


Rossella,
Non parlavo di ”ammazzare qualcuno” (a cosa ti riferivi, scusa?) ne’ del quadro di Munch; intendevo dirti solo di stare attenta a tipi simili, che purtroppo spesso non sono proprio come il Maniaco del mio racconto. Comunque grazie.

Sergio

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 22:30 da Sergio Sozi


Outworks,
e cosa ne pensi del ”Naso” o di ”Diario di un pazzo”, sempre di Gogol – stanno nei ”Racconti di Pietroburgo”? A me sembrano dei capolavori che tutto riassumono in un’atmosfera stralunata e pazzoide ma in fondo estremamente lucida e pessimistica sulla reale ”lucidita’ mentale” dell’umanita’ di sempre…
Sergio

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 22:47 da Sergio Sozi


Sergio,
mi riferivo al fatto che prima o poi mi aspettavo si sarebbe rivelato e che tutta questa ritrosia è perfettamente inutile… in fondo sarebbe stato un atto di rispetto e lealtà nei miei confronti da parte di chi ha simulato una parte maniacale che in fondo non gli appartiene.
C’è comunque un rischio molto serio: vedere questo l’aspetto della follia da vicino (non da medici) nell’interpretazione della scrittura o della pittura o quanto può rappresentarla porta con sè l’arma letale di rimanerne imprigionati, come se si volesse fare un pò il bagnino con qualcuno che affoga… ma a questo punto è d’obbligo capire i limiti.
O.k. Ti saluto

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 23:21 da Rossella


Eccomi di ritorno per leggere gli ultimi commenti.
Enrico, dopo la sua affermazione, al fine di espiare ha deciso di trascorrere il resto dei suoi anni da stilita leggendo tutte le pubblicazioni di McGrath che la Bompiani ristamperà apposta per lui in caratteri cirillici.
F.M. pianterà dei gerani ai piedi della colonna e li innaffierà con le sue lacrime cantando le canzoni di De Andrè. Massimo si pentirà amaramente di aver ospitato questa recensione, scomunicherà Silvia e Cristina per le loro benevolenti parole e getterà per sempre la sua camicia celeste. Insieme a Sergio e Didò riformeranno il gruppo degli Aphrodite’s Childs e coopteranno come vocalists Gea, Elektra, Miriam. Tutti gli altri, diretti da Carlo, andranno a formare il grande coro dell’Antoniano che canterà durante la pubblicità.
Io, che dovrei pentirmi più di tutti per aver beneficiato della segnalazione di Silvia e delle belle recensioni sua, di Cristina Bove e di altri, nonchè dell’ospitalità di Massimo, non lo farò. Dal prossimo post di Letteratitudine indosserò nuovamente i panni del modesto commentatore e vedrò scorrere libri ben più meritevoli del mio.
Nessuna grande casa editrice avrà avuto il coraggio di compromettere la propria dignità proponendomi un contratto di edizione. Chi vorrebbe mai avere a catalogo un Pasquale Esposito qualsiasi. E che sò Pasquale io ? Diceva il grande Totò.
Umberto Eco aveva ragione. Solo Valentino Bompiani poteva osare di gridare “Questo è un autore, capisce ?” comunque si chiamasse.
Un autore, una dignità tra le più alte.
Di questa dignità ho goduto davvero per queste poche ore. Perchè non si è tali solo con un ISBN. Bisogna riuscire a suscitare emozioni con quel dagherrotipo della vita reale che è un libro. Le ho sentite le vostre emozioni. Tutte e di qualunque tipo fossero.
La dignità di essere un autore, dicevo. Questa stessa dignità impone di avere consapevolezza di ciò che si è. La vera grandezza sta nel riuscire ad accettare di essere inadeguati ai propri sogni. Dunque, mi godo ancora per qualche ora questo evento e poi ridiventerò unico.
Enricoooo…non c’era nessuno in sala, vero ? Ne ho sparate talmente tante…

Postato martedì, 12 febbraio 2008 alle 23:22 da eventounico


Pirandello e la lucidità della follia: un grande.
Tasso, una follia poeticissima che faceva piangere Leopardi in pellegrinaggio sulla sua tomba.
I nostri pazzi poeti novecenteschi, primo fra tutti Campana a schiavardare le convenzioni poetiche logiche amorose esistenziali.
La Mazzucco quando ci racconta di Annemarie Schwartzenbach in manicomio…

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 00:09 da Maria Lucia Riccioli


M.G. Che bello! Mi hai fatto ricordare una storia che mi ha sempre affascinata… Schliemann e l’archeologia del sogno, della letteratura…
A Rossella: bellissima la tua analisi del quadro di Munch. Io da profana lo vedo come l’urlo dell’uomo che vuole farsi sentire dalla natura che è soprattutto silenzio o ha voci per noi inudibili… è l’urlo liberatorio, vitale dell’amore, della vita che rischia di implodere in noi rendendoci folli…
Amo la pazzia dei bambini e degli anziani e le temo insieme.
Soffro per mio cugino schizofrenico che vive il buio e lo scompiglio dentro di sé con una lucidità e una consapevolezza commoventi.
Ho temuto per la mia salute mentale ma credo fossero le solite ciclotimie dei creativi… ah-ah!!!

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 00:39 da Maria Lucia Riccioli


@ evento:
in un post in qualche modo ispirato alla follia non può esserci certezza sulla reale consistenza delle opinioni espresse. può darsi benissimo, infatti, che gli stessi ospiti del blog si siano immedesimati nell’atmosfera psicotica dell’argomento. molti, o tutti, potrebbero essersi ammutinati a capitan Maugeri, comandante di questa “ship of fools” sulla quale siamo imbarcati. solcando le onde della pazzia e aggrappati a una malferma polena, abbiamo delirato mescolando sogni e realtà o, meglio ancora, invertendoli.
Il tutto mentre, a prua, Carlo Speranza cinge da dietro Zauberei in una rivisitazione hard del Titanic.
Pasqua’, butta a mare un canotto. Me ne vojo anna’!

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 08:25 da Enrico Gregori


@ Enrico
Mi piacerebbe molto immaginare Carlo S. nei panni di Leonardodi Caprio e Zauberei in quelli di Kate Winslet

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 09:01 da Massimo Maugeri


@ massimo:
depravato. ma del resto….”identità distorte”
:-)

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 09:03 da Enrico Gregori


@ Evento
Scrivi: “Un autore, una dignità tra le più alte.”
-
Dài, che sei un autore con dignità pari agli altri. La casa editrice che pubblica (grande o piccola che sia) può decretare la fortuna di un autore, non misurarne la dignità.

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 09:04 da Massimo Maugeri


@ Enrico
Tu chi sarai? Il corrispondente del rivale di Di Caprio?
Povera Zauberei!
:)

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 09:06 da Massimo Maugeri


@ Rossella
Grazie per la preziosa consulenza sul quadro di Munch.
Quando parlavo di icona pop, però, non mi riferivo certo alle intenzioni dell’autore, ma al fatto che quell’immagine – per un verso o per l’altro – è entrata a far parte dell’immaginario collettivo.

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 09:09 da Massimo Maugeri


Massimo, citavo Eco.
Ma quale corrispondente ?
io remo

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 09:29 da eventounico


@ massimo:
tranquillo, io piuttosto che abbracciare zauberei mi apparto nella cambusa col nostromo storpio e ubriaco
:-)

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 09:34 da Enrico Gregori


@ Evento
E ora potrai citare Maugeri che dice: “Un editore può decretare la fortuna di un autore, non misurarne la dignità”.
:)

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 09:36 da Massimo Maugeri


@ Enrico
E chi sarebbe il nostromo storpio e ubriaco tra quelli del clan letteratitudiniano?
Non io. Io sono solo il regista (l’equivalente di James Cameron).
;)

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 09:37 da Massimo Maugeri


@ massimo:
nel caso di evento il suo editore ha decretato la fortuna dei lettori stampando un numero limitato di copie

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 09:38 da Enrico Gregori


@ massimo:
vedi qualcuno più adatto di didò in quel ruolo? a me sembra impossibile

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 09:39 da Enrico Gregori


Didò… mi pare perfetto (più ubriaco che storpio, però)
:)

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 09:41 da Massimo Maugeri


Massimooooooooo:))))
Mi hai fatto ammazzare dal ridere:) Ma in quanto a dimensioni per interpretare la Winslet abbasta tranquillamente il mio braccio sinistro.
Gregori caro, ma tu non sei da sempre abbracciato con un nostromo ubriaco, poverazzo (il nostromo)

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 10:37 da zauberei


Scusate, ma devo una precisazione al mio editore che potrebbe non conoscere il clima scherzoso di questo blog. Ringrazio Aletti per tutto quello che ha fatto per. Soprattutto per aver creduto nel libro.

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 11:31 da eventounico


Mi districo faticosamente dal braccio sinistro di Zauberella per scendere dal Titanic e rispondere @ Rossella riguardo al maniaco del viagra:
ma veramente cerchi un contatto interlocutorio reale con uno che ti invia SPAM ? E sei sicura che sia uno solo, sempre lo stesso ? Perchè dietro a queste proposte di traffici di pillole e pillolette, creme miracolose, offerte di lavoro più o meno irregolari che circolano in rete a migliaia (o milioni ) ogni giorno e per fermare le quali esistono appositi “filtri” da installare sul PC, non credo che ci sia una reale persona fisica, ma un sistema automatico che cattura indirizzi nella rete e distribuisce delle e-mail a casaccio. Se poi invece effettivamente ti rispondono, beh, la tua operazione di “stanare” l’essere umano dietro la maschera della macchina potrebbe anche essere interessante, ma non sottovaluterei l’ipotesi che le risposte fossero buttate lì da un chiunque (non necessariamente da un maniaco), tanto per prenderti per i fondelli.
Quanto al quadro di Munch, e a riprova della sua giusta indicazione di “icona pop” nell’immaginario collettivo da parte di Massimo (e senza nulla togliere al suo valore reale nella storia dell’arte moderna, nè alle intenzioni originarie dell’autore) vi invito a vederne la divertente versione “Homer Simpson”in:
http://mydeejay.deejay.it/contenuto/L%26%23039%3Burlo+di+Homer/153616

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 12:46 da Carlo S.


Posso permettermi di andare un attimo fuori tema per motivi diciamo ”personali”? Chiedo scusa in anticipo e lo faccio brevemente:
una persona alla quale tengo moltissimo ora sta lontano da me, a Berlino per motivi letterari (incontro pubblico su un suo libro di racconti), ed io vorrei tanto che si collegasse a Letteratitudine per acchiappare al volo questi cinque-sei quintali di bacetti che le mando. Sta’ tranquilla: centodieci persone alla Europhaus sono meglio di dieci-quindici che si sentono troppo libere di intervenire. Invece in centodieci si fa ”massa” e si tace di piu’. Va’ tranquilla e in bocca al lupo per stasera!
Aufwiedersehen
Tuo
Sergio
P.S.
Il 14 febbraio e’ san Valentino, il santo ternano, mio corregionale ‘nsomma. Ma sai, io preferisco i Lupercalia dell’Antica Roma che San Valentino sostitui’ in epoca di Cristianesimo ufficiale. Mi dispiace per lui, ma… domani ti diro’: ”Buoni Lupercalia!!”.

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 13:51 da Sergio Sozi


@ Carlo
“L’urlo” è ormai un’icona pop: bellissima la variante Homer!
In questi giorni, in una seconda elementare, sto realizzando un progetto che titola così: La vita nelle icone. Ho dato ai bimbi tante piccole icone dell’arte (medievale) e loro riproducendole hanno perfettamente acquisito il senso del termine icona, anche nei confronti del significato contemporaneo, le icone del computer. Non è poco, ti sembra? Lo dico in risposta a quelli che pur scrivendo sul blog quotidianamente, non perdono l’occasione per rimarcare la loro antipatia nei confronti di un mezzo, il pc, che invece ha delle potenzialità creative e formative, incredibili.
:-)

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 13:58 da miriam ravasio


@miriam
Le tue operazioni con i bambini sono sempre interessanti e molto significative. Ti faccio i miei complimenti ed auguri. Ciao.
Carlo

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 14:12 da Carlo S.


@ Sergio (off topic)
Un saluto affettuoso alla tua Veronika che ci legge da Berlino (fa freddo lì?).
Presto avremo il piacere di ospitarla qui a Letteratitudine.

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 14:23 da Massimo Maugeri


@ Miriam e Carlo
Mi fa piacere che sulla “questione” icona pop la pensiate come me (grazie, Carlo, per “L’urlo di Homer”).
Ma secondo voi perché quel quadro ha avuto (ed ha) una forza così dirompente da farlo entrare, appunto, nell’immaginario collettivo?

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 14:25 da Massimo Maugeri


Raccolgo l’invito di Massimo e, a rischio di dire anche delle stronzate, sinteticamente ci provo.
L’urlo è un quadro di fine ‘800, ma molto moderno: nasce mentre Freud inventa la psicanalisi e mentre il teatro di Strindberg (che mi pare lo stesso Munch conoscesse) comincia a venire rappresentato. Un tema “moderno”, quello rappresentato in questo quadro per l’appunto li accomuna: quello dell’angoscia, un sentimento che il medico viennese iniziava a sondare scientificamente e lo scrittore svedese poneva sotto i riflettori, stanandolo dalla vita di tutti i giorni dei “borghesi”, in contrapposizione ad un mondo che cominciava ad evolversi in maniera molto più rapida che non nel passato e che all’uomo contemporaneo cominciava a poter apparire come nemico ed “estraneo”.
Nel 900 che si apriva veniva fuori il concetto di “alienazione” in senso moderno, e questo quadro sembrava poterla rappresentare in una sintesi grafica direi quasi perfetta. Ed eccolo sempre più riprodotto: a corredo di articoli, e sulle copertine di libri, sia scientifici (di psicologia soprattutto) che di letteratura (ove si parlasse in qualche modo di alienazione, di angoscia, o anche solo per storie del terrore o di “follia” nel senso più ampio). A mente non li so citare, ma mi ricordo molte di queste copertine, sia a colori che in bianco e nero (queste utilizzavano la versione per incisione dello stesso autore).
Credo che sia stata l’ampia diffusione dell’immagine e quindi la sua inflazione, molto spesso legata a quei contesti specifici, a creare l’associazione e a renderla poi inscindibile dal concetto; anche (e soprattutto) verso coloro che di arte non si interessano e non sanno neanche chi diavolo Munch fosse, e a fare diventare quindi quel quadro una “icona” nell’immaginario collettivo: l’ “icona pop” dell’angoscia, dell’alienazione, della paura e della follia.

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 15:30 da Carlo S.


Mi sono sinora trattenuto per evitare di fare autocitazioni. Ma il massimo della “follia dipinta” è, per me, un quadro sensazionale. Dove non solo c’è pazzia, ma anche dolore, angoscia, denuncia, filosofia, sconvolgimento, arte, sberleffo e (ovviamente) genio.
Chi ha avuto la bontà d’animo di leggere il mio libro (scusa Pasqua’ se ti invado il post) forse sa di cosa parlo. Comunque……….

http://www.umbertosantucci.it/immagini/consul.gif

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 15:48 da Enrico Gregori


@ Carlo
Grazie!
:)

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 16:47 da Massimo Maugeri


@”l’urlo” di Munch è un’angosciante schifezza! E’ la guerra di un demente norvegese contro se stesso; la noia degli scandinavi portata all’eccesso; il plagio di un dilettante delle immense cromie di un vero folle: l’insuperabile Van Gogh (un uomo che tenta di impedirsi gli stimoli sessuali , per il rifiuto dell’amore di una puttanta di Reims, tagliandosi il lobo dell’orecchio – che nel simbolismo nipponico rappresenta la testa di un feto, e cioè il cervello – è un folle autentico, e solo un buffone può plagiare un folle).
@Fausta,
se sapessi come si guida un autobus (a Napoli) sarei una persona anormale. Sono automatismi, abitudini, disperazione di chi, sapendo fare altro, pavidamente non ha mollato, dicendo sempre: okay, domani mi dimetto.
Sono un corpo estraneo tra i miei colleghi; io che leggo nelle pause il libro di Gregori e loro che parlano del modulo della squadra di calcio; io che ri-leggo (stamane) “Tre uomini in barca” di Jerome K. Jerome e uno che mi dice: “Vecchio ’sto libro, ma di nuovi non ne fanno?”
Potrebbe guidarlo anche Sozi, ma Greg sarebbe perfetto…qualcuno mi ha anche chiesto se questo Gregori non fosse “L’ultimo tronista” di Maria De Filippi, ho risposto no, fa il tronista a “”Letteratitudine”.

p.s. ogni tanto riafferma che ti chiami Fausta, qualcuno ti apostrofa Francesco e…sono geloso.
Il Nostromo

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 16:47 da francesco di domenico


@ didò:
meglio essere tronista a Letteratitudine che esserlo come te sulla tazza del cesso a produrre quelle cose che poi scrivi qui

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 17:23 da Enrico Gregori


@francesco di domenico

mi permetto di assentire molto con quanto scrivi, penso siano davvero altri i quadri che possano rappresentare la follia, se penso alle “serpentine” di Wölfli o i “cieli” di Van Gogh,
ma si è preferito nel tempo fare dell’”urlo” un’icona perchè a mio avviso era “visivamente” piu’ facile, ed indolore accreditare quell’immagine di una molteplicità di significati che non sporcarsi le mani nel rapporto tra arte, e follia, tra pittura e follia, prendere contatto con “l’art brut” e mettersi in gioco
chicca

chicca

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 17:37 da chicca


@enrico
Con Hyeronimus Bosh mi inviti a nozze. Oltre al da te suggerito “La cura della follia” propongo, dello stesso autore, la “Ship of fools”, vedi:
http://cgfa.floridaimaging.com/bosch/p-bosch8.htm
E, poichè il sito a cui tu indirizzi fa vedere piccolo e male il “tuo” quadro, lo ripropongo da questo sito:
http://www.allposters.it/gallery.asp?aid=85097&apnum=1347355&LinkTypeID=1&PosterTypeID=1&DestType=7&Referrer%20=http://www.artcyclopedia.com/artists/bosch_hieronymus.html

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 17:37 da Carlo S.


@ carlo:
bravo e grazie. allora già che ci siamo……

http://it.wikipedia.org/wiki/Immagine:Hieronymus_Bosch_053.jpg

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 17:53 da Enrico Gregori


@ enrico
sembra che facciamo la gara a chi ce l’ha più grosso. Niente niente sei tu il maniaco che importuna Rossella con gli SPAM che cercano di piazzarle cremette del tipo “enlarge your penis” ?

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 18:08 da Carlo S.


Dido’,
lo sai che da bambino sognavo di fare il tassinaro? Se cerchi sostituti eccomi qua!
Sergio

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 18:53 da Sergio Sozi


Non dite che “L’urlo” è un quadro brutto o poco significativo… è diventato un’icona pop suo malgrado…
Neanche Leonardo avrebbe potuto immaginare che “La Gioconda” ispirasse “The Da Vinci Code”!!!

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 19:44 da Maria Lucia Riccioli


@Chiccha grazie,
ma quanto sei simpatica, sono andato sul tuo blog: “Gente allegra Dio l’aiuta”! Non badare a Gregori, sembra un orso ma quando si rade è simpatico.
@Carlo’s,
puntuale e analitico, poi Bosch è il massimo.
@Serggiosozi,
più che tassinaro ti vedrei cocchiere di carrozze, con cilindro e tabarro mentre trasporti Paganini sotto una tempesta da Padova a Venezia; lui tenta di provare e impreca contro di te e i tuoi cavalli neri; tu urli brani dalla “Gerusalemme liberata” e :”…or mi passi la grappa maestro/ce ne vuol’ per mé e’ destrieri, e suoni maestro, suoni!”

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 20:43 da francesco di domenico


Caro Eventounico,
ti ho letto con piacere, anche in più di un’ occasione in questo “maugger blog”, nei tuoi interventi quotidiani, nell’iperspazio creativo e in un altro pos-post dove hai raccontato il disagio giovanile ai giorni nostri attraverso i versi di un “rap” di tua ideazione: la versatilità è la tua peculiarità nell’uso delle parole e di vivere la cultura come stile di vita, la tua peculiarità principale, se me lo consenti.
Venendo all’anticipazione del tuo romanzo “Come pagina bianca” che ci hai proposto, preceduta dall’accurata e acuta recensione di Silvia Leonardi, devo riconoscerti che il tuo personaggio riesce a far credere all’esterno, il manicomio,al le persone che l’osservano – che solo loro riescono a convincersi di tenere sotto controllo la vita degli altri – dandogli da leggere i suoi profondi e delicati pensieri , la sua visione poetica della vita, mentre in realtà scrive al suo doppio nell’intento di ricevere conferme e solidarietà morale, e per questo non riceverà nessuna risposta, che il tuo personaggio non abbia già esplicitato nel trattare i suoi dubbi esistenziali; per la ragione, ben intuendo che il Direttore del manicomio non le farà mai recapitare le lettere così accorate; pertanto, preferisco immaginare questo come finale del tuo romanzo e considerare una “vera follia” quella di quegli uomini che ci stanno attorno solo per compatirci,senza venirci realmente incontro,rimanendo nel racconto; mentre Noi siamo coscienti della nostra integrità morale ed ideologica, a dispetto di quello che ci succede attorno, questo è quello che ho percepito.
Nel caso il tuo personaggio volesse intenzionalmente prendere le distanze dalla sua realtà personale, mi viene spontaneo chiederti:
Ti sei sentito mai deluso dagli autori che hai amato in tutti questi anni, o in alcuni momenti della tua vita, potendone verificare i contenuti rispetto al tuo vissuto?
In buona sostanza conoscere il pensiero, le emozioni e le esperienze intense vissute dagli scrittori che abbiamo più condiviso, hanno in qualche modo condizionato le nostre scelte di vita e di scrittura?
Ti ringrazio caro Pasquale Esposito, perché sei riuscito a farmi reagire dal punto di vista letterario e per questo voglio farti un dono virtuale:
Caravaggio – “ la testa di Medusa”,un quadro convesso (1595)) olio su tela impiantato su un vero scudo ovale di pioppo – scudo da parata – la storia mitologica è nota. Anche consapevole che il personaggio del tuo libro si fa scudo solo di sé VS il mondo che lo circonda, ma nel caso dovesse cambiare idea, potrebbe farsi anticipare all’esterno da questa immagine di sicuro avvertimento, forse, secondo me.
Una vera espressione di paura e orrore quella della dea “Medusa” con la testa mozzata: chissà se Munch l’avrà presa in considerazione?
Con empatia,
Luca Gallina

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 21:05 da luca


@ Maria Lucia Riccioli
Ma non c’è niente di negativo nel fatto che “L’urlo” sia diventato un icona pop; si è consacrato all’eternità dei posteri con un nuovo e fruibile linguaggio. Nessuno può/potrà sottrarsi a quell’immagine, vestendola, ogni volta , di significato.
@ Carlo ed Enrico
bello il vostro duello fiammingo! Però quella di Hieronymus Bosch, è solo un’ illustrazione, fa pensare ma non turba. E’ un allegoria lucidissima e ragionata, studiata come un saggio sul tema. Per me sono altre le opere che spiazzano, riconducendoci, loro malgrado, al tema della follia. La prima e la più importante è Il giudizio universale di Michelangelo. La composizione, assolutamente fuori dagli schemi e da ogni logica di spazio; l’ammasso di figure, i dannati, dio, il suo autoritratto, gli angeli e i diavoli, l’azzurro accecante. Una quinta assurdamente piatta, senza volumi ne’ prospettive: immagini vomitate in verticale, anzi schizzate fuori da pennelli impugnati a braccio teso. Solo con una tensione assolutamente integra, solitaria e forte di rabbia e di volontà (forse di pazzia) ha reso possibile quell’affresco: un opera sempre contemporanea. L’uomo e la morte.
Di Goya ho già scritto, ma ripeto: le Pitture nere, I capricci e Saturno sono opere che rendono molto bene il senso della follia. Esagerate, cupe, aggressive, esaltate da tocchi di luce violentissima. Immagini che s’ improno nella memoria nonostante la volontà di dimenticarle.
Poi aggiungerei, ma l’elenco delle opere e degli autori sarebbe infinito, il Campo di grano con voli di corvi di Van Gogh. Osservatelo, se potete, proiettato in grande su una parete; i blu del cielo, il giallo del campo e il nero dei corvi: si avvertono i rumori dei pennelli consumati e
schiacciati con violenza sulla tela, e lo sbattere veloce delle ali, non corvi ma arpie vendicatrici.

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 21:35 da miriam ravasio


Do you want enlarge your penis up to 4 inches?
If answer is YES. Please visit our site
http://Hunnerbunsies.com

Questo è l’ennesimo messaggio ricevuto qualche minuto fa insieme ad altri quattro messaggi dello stesso genere (dalle “proprietà” i dati di rilevazione appartengono sempre al solito mittente) il quale dopo quattro anni non si è ancora stancato di provocare…ma che bell’immagine dell’uomo moderno caro Carlo Speranza! E siccome vedo che conosci bene l’argomento se Bosch fosse vissuto ai nostri tempi avrebbe dipinto il caos a tavolozza piena: il suo errore, oggi come allora, non fu tanto quello di mettere la luce sugli inferi, ma di compiacersene a bandiera libera.
Se permettete Munch è un puro di fronte al caos (apparentemente calmo) dell’uomo di oggi, indifferente, alienato, nevrotico e paranoico, impotente di fronte alla vita, regalo gli ultimi quarant’anni da parte dei nostri libri di storia e che, oltretutto, non riesce neppure a gridare aiuto per difendersi.
Dall’ ondata e dagli abissi Much ne esce donandoci arte.
Dalla palese immoralità degli ultimi 40 anni l’etimologia della parola ARTE (mettere ordine) trova solo naniche si fingono giganti.

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 21:54 da Rossella


COMUNQUE SIGNORI E SIGNORE
se vi piace il tema follia in pittura Vi prego guardate i ritratti di THEODORE GèRICAULT!!!!!! Trovere ampia scelta di monomaniaci (ladri, cleptomani, assassini) dove la fisiognomica la fa da detective. Ne rimarrete insuperabilmente schoccati!!!
BYE

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 22:06 da Rossella


@ Rossella
fra tutte le definizioni di arte, quella che indichi tu mi suona nuova: arte sta, in primo luogo, per tecnica. Chiederei aiuto a Sergio Sozi.
E a proposito del tuo inquietante “provocatore” perché non cambi il tuo indirizzo? Sarebbe semplice e lo maderesti a quel paese una volta per tutte.
:-)

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 23:21 da miriam ravasio


Per Sozi,
chiedo scuso per l’errore effettivamente intendevo Diario di un Pazzo, ho letto anche il Naso e la comicità stralunata e disperante di tali racconti mi ha fatto comprendere quanta grandezza e follia ci voglia per comprendere completamente la nostra piccola sorte di esseri umani.
Concordo quindi con la tua opinione.

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 23:24 da outworks110


@ Miriam
E t i m o logica mente Arte è mettere in ordine gli elementi ed è molto significativo come si avvicini al senso della creazione divina.

Non così è semplice cambiare indirizzo di posta elettronica. Ricevo molte e mails anche dall’estero ed ho contatti di lavoro.
Scusa Miriam ma è lui che deve smetterla … comunque ridiamoci sopra, è solo un esibizionista! Fra l’altro virtuale!
Ciao

Postato mercoledì, 13 febbraio 2008 alle 23:59 da Rossella


@ tutti
a proposito di arte e “follia” e vita degli artisti, volevo segnalarvi un video che ho appena visto su Undo.net: “Le strade in Festa,2006″. Festa sta per Tano Festa.

Postato giovedì, 14 febbraio 2008 alle 00:18 da miriam ravasio


Caro Luca, devo ringraziarti per la lunga e profonda riflessione che hai voluto condividermi. L’ho trovata molto vicina al mio sentire e forse anche al mio essere. Devo dirti che non ho mai provato quella delusione alla quale fai riferimento perché mi piace pensare che per poter scrivere bisogna prima essere e sentire. Dunque ho sempre vissuto un autore osservandolo con gli occhi dei suoi scritti. Se dovessi scoprire che mi sono sbagliato in effetti la delusione sarebbe grande.
Hai capito molto di quello che ho scritto e non dico tutto perché non privare del gusto della scoperta chi vorrà leggermi. Corro questo rischio solo perché qualcuno potrebbe ricordare nel tempo quelle pagine come una piacevole esperienza. Grazie ancora.

Postato giovedì, 14 febbraio 2008 alle 01:33 da eventounico


@ evento:
Ti ringrazio del libro. Ieri sera, tornato a casa all’una e mezza dopo il nostro incontro non ho potuto non iniziare a leggerlo e così cominciare ad incastrare finalmente quei pezzi che qui avevi anticipato nella logica di un discorso compiuto, in una storia in qualche modo narrata (se di storia si può parlare) che riguarda un personaggio, per quanto anonimo, e con lui una vita, che gira intorno alle parole, o meglio alla ricerca di parole che diano a questa vita, a questa storia, un significato. Forse riuscirò a dirti qualcosa di più compiuto quando l’avrò finito (e non è certo un libro da leggere “di corsa”), ma intanto la mia prima impressione è che se è questa la follia i veri pazzi sono assolutamente altrove.
Ciao Pasquà, alla prossima

Postato giovedì, 14 febbraio 2008 alle 12:10 da Carlo S.


Carlo… grazie

Postato giovedì, 14 febbraio 2008 alle 12:14 da eventounico


@Caro Luca Gallina,
i tuoi interventi mi inducono sempre alla riflessione sia per il garbo della forma e che per la profondità dei contenuti, di cui le tue domande alle quali proverò a rispondere cercando chiarezza anche dentro di me. In modo ordinato.

Partendo dall’argomento follia e dalla sua trasposizione nell’arte (libri, quadri, canzoni, etc.) è interessante capire che cosa accade quando ci si accorge di certi aspetti del bipede di cui bisogna essere mentalmente preparati e che ad essere insensata non è altro che la mancanza di logiche morali.
Rimanendo dell’opinione che ogni stato di anomalia mentale sia collettiva che individuale è strettamente connessa al mondo dello spirito e della coscienza, il pericolo intrinseco di certe scoperte è nell’impatto fra l’intelletto come ancora della ragione e la mancata logica dei fatti.
Le ragioni di ognuno, infatti, hanno sostenuto le scelte esistenziali, i valori, le fedi siano esse politiche religiose o semplicemente legate alla speranza di un ideale di miglioramento, di stabilità nel caso delle famiglie, e che quel regalo sotto l’albero che il bimbo aveva guardato con tanta gioia per come era impacchettato e infiocchettato e che sapeva di nuovo e di cambiamento per le speranze riposte riserva la malvagia sorpresa di una scatola vuota per mano di chi, non so se in maniera intenzionale o altro, non era quel che aveva fatto credere.
In quel momento tutte le ragioni reali non trovano il senso dell’agito, la crisi è soprattutto morale e non è priva di senso logico nella misura in cui la menzogna ha causato danni. Questo stato di cose aumenta d’intensità quando ci si accorge che le scuse non sono sufficienti a porre rimedio e che l’indifferenza ristagna.
Ho cercato di spiegare che cosa vuol dire essere autori del doppio così come era nel post da te scritto caro Luco per EventoUnico, il tipo di reazioni forse poco raziocinanti generate a loro volta da una mancanza di coerenza come conferma di ideale di saggezza. Se di delusioni parliamo.
Mi piace ricordare in proposito che qualche estate fa sotto l’ombrellone ho letto un articolo di prima pagina sul Corriere della sera dove a proposito della nostra nazione si citavano le classi dirigenti e gli addetti ai lavori facendoli rientrare nelle categorie degli immorali e degli amorali con tanto di differenziazione. I primi erano coloro che pur sapendo di comportarsi male continuavano imperterriti nelle loro azioni e per i quali rimaneva la flebile speranza della conversione un pò come gl’Innominati del Manzoni, mentre ai secondi fu riservata una bella terza pagina per evidenziare i Don Abbondi sul trespolo che desiderano tanto far qualcosa (in bene o in male) ma che rimangono ibridi personaggi del “che cacchio me ne frega”, altrettanto responsabili dell’andazzo. Entrambe le categorie, comunque, soggetti da gran sermoni sulla bocca con i quali la povera Italia deve fare i conti economici e morali, essendo l’uno l’effetto dell’altro.

Per concludere questa mia tesi che mette in relazione il senno e le sue motivazioni con le categorie del bene e del male viste oggettivamente, devo ringraziare qualche pagina del filosofo Roberto Gentile il quale, con laica chiarezza di idee, divide il concetto di anima inferiore da quello di anima superiore, escludendo al riguardo le commistioni che non portano la verità in ogni campo, sia esso individuale, religioso, politico e sociale con il relativo sviluppo nelle due direzioni.

Grazie per l’attenzione. Che ne pensi?
Rossella

Postato giovedì, 14 febbraio 2008 alle 12:38 da Rossella


A Dido’:
giusto, anzi giusterrimo!!!! Sul cocchio con Paganini starei ottimamente – sempre se la grappa c’e', ma C’E’ e quindi non mi lamento. Magari all’allegra-ebbra compagnia aggiungerei anche un’ombra invadente: quella di Plauto che prova a ribaltare la carrozza per alimentare la sua oramai striminzita ispirazione nel Regno delle Ombre Pagane Mai Convertite al Cristianesimo. Insomma nell’Ade.
Sergio

Postato giovedì, 14 febbraio 2008 alle 13:23 da Sergio Sozi


@ miriam:
sono sostanzialmente d’accordo con te. “L’urlo” è un quadro fisico, quello di Bosch è un dipinto psicologico. In un certo senso non sono paragonabili perchè si esprimono attraverso forme molto diversi. Apprezzare l’uno piuttosto che l’altro non può che essere questione di gusti

Postato giovedì, 14 febbraio 2008 alle 13:41 da Enrico Gregori


@ enrico:
si apprezzano entrambi! Secondo gli stati d’animo e le domande dello spirito. Non è una questione di gusto, o meglio, il gusto, per i sensibili, è sempre relativo. Ciaoooo

Postato giovedì, 14 febbraio 2008 alle 14:05 da miriam ravasio


SO BENE,IN QUALITA’ D’ARTISTA,CHE LE TRADIZIONI NON MUOIONO MAI,SE AFFIDATE ALLA FORZA DELL’IMMAGINE CHE LE FISSA COGLIENDO MOMENTI DI VITA,DESTINATI ALTRIMENTI AD ESSERE FAGOCITATI DAL TEMPO.IL NUOVO STILE ESISTENZIALE MINACCIA,INFATTI,DI FARE SPARIRE QUELLA SICILIANITA’ FRESCA E SPONTANEA CHE DEVE ESSERE CONSIDERATA COME PATRIMONIO UNICO ED IRRIPETIBILE DELLA CULTURA.SONO LE VARIE SPRESSIONI DELLA SICILIANITA’ IL SOGGETTO DOMINANTE DELLE MIE OPERE PITTORICHE CHE FOTOGRAFANO CON IMMEDIATEZZA DI TRATTO E FRESCHEZZA DI COLORE SCENE E PARTICOLARI DEL VIVERE QUOTIDIANO CHE SFUGGONO ORMAI ALL’UOMO MODERNO,TROPPO DISTRATTO DAL FRENETICO RITMO DELLE SUE ATTIVITA’.PER QUESTO MOTIVO DESIDERO RIVOLGERE IL MIO MESSAGGIO AD UN PUBBLICO ADULTO, AFFINCHE’ POSSA RITROVARE INSIEME ALLA MEMORIA DEI PADRI UNA PARTE INTIMA ED IRRINUNCIABILE DEL PROPRIO PATRIMONIO CULTURALE E AD UN PUBBLICO GIOVANE,AFFINCHE’ ABBIA L’OPPORTUNITA’ DI COGLIERE QUELLA SICILITUDINE”,DI CUI PARLAVA SCIASCIA,E RECUPERARE LE PROPRIE RADICI ,COMANDO QUELLE LACUNE CHE RISCHIANO DI FARLO SENTIRE ESTRANEO ALLA PROPRIA TERRA.LA GLOBBALIZZAZIONE,INFATTI NON DEVE ESSERE APPIATTIMENTO ED OBLIO,MA RISPETTO DEI VALORI E DELLE TRADIZIONI ANCHE FOLCLORISTICHE PROPRIE DELLA RICCHEZZA DI OGNI RAGIONE.IL MIO STILE,CARATTERIZZATO DELLA VELOCITA’ DELL’ESECUZIONE,VUOLE EVITARE D’ESSERE OLOGRAFIA PER PORSI COME GESTO FLUIDO CAPACE DI CATTURARE L’ETERNO PRESENE E CONSEGNARLO ALLO SPETTATORE.WWW.GAETANOPORCASI.IT CHI VUOLE SCRIVERE AL PITTORE PORCASI INFO@GAETANOPORCASI.IT

Postato mercoledì, 20 febbraio 2008 alle 00:11 da PORCASI GAETANO


Caro Porcasi,
condivido, in teoria, anche se non ho ancora visto i Suoi dipinti. Pero’ i principi sono giusti. Se poi Lei ha anche la mano buona, tutto combacia.
(Detto da un non-siciliano)
Saluti
Sozi
P.S.
La ”velocita’ dell’esecuzione”, comunque, non e’ mica molto parte delle tradizioni italiane in genere. I pittori di un tempo dipingevano con lentezza. Mi perdoni l’osservazione, che ho constatato nella bottega di mio padre. E’ osservazione amichevole e bonaria, la mia.

Postato mercoledì, 20 febbraio 2008 alle 00:45 da Sergio Sozi


”come pagina bianca” è un libro affascinante. un viaggio al centro della notte tra alchimia
e kabbalah, che evoca (ha ragione enrico) visioni inquietanti mutuate
dall’espressionismo tedesco.
dall’oscura palandrana nella torre che più che d’avorio è di gelida
pietra il protagonista passa al biancore del camice da ricoverato e
delle pareti della stanza-cella.
sempre prigione è, interiore o oggettiva. l’unico riscatto, l’unica
via d’uscita è l’amore, che forse non esiste, che forse è
irraggiungibile, che forse è ignaro.
un’illusione.
l’ultima, prima della cancellazione della memoria (centrale!) del sè
da parte del nemico. che è il mondo.
e l’unico personaggio quasi alleato è un essere muto, dai sentimenti
più neutri che solidali, che non giudica e (forse) ascolta. non si sa
se è empatia o solamente stolida simpatia. e diventa il recipiente
dell’estrema speranza di essere esistito.
non è un libro facile, e non è adatto a tutti.
per apprezzarne pienamente la poesia non bisogna temere di guadare la
palude, affondando per trovare l’ignoto.

Postato giovedì, 21 febbraio 2008 alle 13:56 da gea


Gea…l’alchimia dell’empatia

Postato giovedì, 21 febbraio 2008 alle 14:10 da eventounico


Evento,
scusami, non ho ancora potuto leggere il tuo ”Come pagina bianca” perche’ devo scrivere delle precedenti recensioni e… come tu sai io ho i miei tempi, vado lento. Scusami. Appena potro’ lo leggero’ con l’attenzione che merita: non intendo metterlo nei ritagliucci di tempo, ho bisogno di qualche ora buona. Anche se leggo velocemente, in genere (l’unica cosa che io sappia fare velocemente, Pasqua’!), voglio parlartene dopo aver sentito, provato e meditato. Senza influenze esterne e preconcetti, ne’ positivi ne’ negativi.
Sergio

Postato giovedì, 21 febbraio 2008 alle 16:00 da Sergio Sozi


Sergio, come già ho avuto modo di dirti, essere letti da te è un onore per me. Dedicare tempo a qualcosa è una forma di attenzione della quale non posso che esserti grato.

Postato giovedì, 21 febbraio 2008 alle 16:15 da eventounico


Egregio Porcasi,
sarà sicuramente al corrente che Pollock quando dipingeva come minimo eiaculava sulla tela. Il drippig infatti era anche questo.
Sarà altrettanto al corrente della brutta fine di Pollock che si drogave e beveva: si è schiantato contro un albero mentre le sue amiche lo scongiuravano di rallentare la velocità dell’auto che stava guidando, eccitato proprio dalla paura e dal terrore che riusciva a procurare premendo sempre più forte l’accelleratore.
Non le dispiacerà neppure ricordare Guttuso e la sua sicilianità politica, i corpi sinuosi delle belle donne ritratte, come quelle sensuali e voluttuose di Fiume, d’altra parte, pittore colto e ironico dalla zampillante fantasia e dalla tela gigante.
La pittura è meravigliosa proprio per l’ampio margine di libertà.

Postato giovedì, 21 febbraio 2008 alle 21:14 da Rossella


Egregio Porcasi,
sarà sicuramente al corrente che in Sicilia sono stati ignorati pittori di grandissimo talento dai quali sono uscite tele che per raffinatezza ed eleganza acquistano un valore universale al di là della sicilianitudine. Se le capita provi a guardare qualcosa di Aurelio Catti. Non se ne pentirà.

Postato giovedì, 21 febbraio 2008 alle 21:21 da Rossella


Ragazzi ciao a tutti, sono uno studente che quest’anno ha l’esame di maturià e mi affascina molto il tema della Follia, vorrei svilupparlo e portarlo come tesina d’esame ma non ho idee, qualcuno è in grado di consigliarmi qualcosa???
Grazie Mille in anticipo

Postato venerdì, 22 febbraio 2008 alle 00:20 da Demian


Faccio la proffy tanto per cambiare…
Storia dell’arte: Munch, Bosch e gli altri pittori qui citati possono esserti d’aiuto…
Italiano: Pirandello e la follia (la corda pazza eccetera…).
Diritto: le leggi come la 180…
Latino: perché non leggere qualche pagina sulle pazzie di Caligola e altri pazzi pazzi imperatori non ultimo Nerone? Tacito e compagnia bella ti possono ispirare…
Storia: un bel percorso su come è stata trattata la follia nell’antichità – ispirazione divina, segno di predilezione, infamia, lazzaretti, ospizi…
Psicologia etc: ça va sans dire.
Matematica: le “pazzie geniali” dei matematici antichi, rompicapo, assurdi logici, paradossi.
Ti ho confuso, vero? Come opere letterarie c’è di tutto in questo post, ma scrivi ancora se vuoi qualche altro suggerimento…
In bocca al lupo, Mary Lucy Proffy

Postato venerdì, 22 febbraio 2008 alle 00:33 da Maria Lucia Riccioli


Caro Demian, secondo me se leggi Dostoevskij ci scrivi un’enciclopedia. In bocca al lupo. E studia forte anche la Letteratura italiana, mi raccomando!
Sergio Sozi

Postato venerdì, 22 febbraio 2008 alle 01:51 da Sergio Sozi


@ Sergio
Temo che occorra fare delle distinzioni fra il concetto di materia, materialismo, determinismo economico.
Il tomo enciclopedico ha dedicato grandi pagine all’argomento. Provo a sintetizzare dicendo che la materia è facente parte dell’uomo, persino del suo stesso pensiero, e che nel non disprezzarla è contenuto anche il sentimento religioso. Quest’ultimo inizia ad essere scalzato dall’allungamento della parola materia + ismo, e giù attraverso i secoli filosofie e trattati economici, una barba che non finisce più!
Anche il paganesimo ha ampio spazio sul tomo, storia dei greci e dei romani prima dell’anno zero e comunque dedicato ai politeisti in antitesi al cristianesimo, che riconduce all’unità.
Se dunque la paganità è per il molteplice, “religiosamente” sarà ovviamente più vicina all’idea del materialismo piuttosto che il cristianesimo: a questo punto abbiamo l’obbligo di tacere sul concetto di trascendenza, al quale si rifà (come primo passo all’ordine dell’intelletto e quindi all’allontanamento della follia) quel lume razionalistico che si riconduce al Cristo.
So che mi risponderai.

Postato venerdì, 22 febbraio 2008 alle 21:59 da Rossella


Certo che ti rispondo, cara Rossella: finalmente ho trovato una persona con cui conversare su cose solide e non chiacchierare (per quello esiste il bar).
Comunque fa’ attenzione al linguaggio: prima cosa da curare quando si parla di cose serie – qualsiasi cosa, soprattutto la filosofia e la Letteratura. Hai detto cose che ho capito intuitivamente, ma, amichevolmente e con affetto, ti dico che potevi precisarle meglio, chiarirle.
Io saro’ dunque chiaro nel risponderti, seppur sintetico:
la molteplicita’ e’, si’, insita nel paganesimo, ma questa peculiarita’ greco-romana non per forza ci conduce molto fuori dal monoteismo, il quale, pur basandosi su un Dio unico, contempla la Santa Trinita’ e un ”esercito” di Santi e Beati – analogamente ai pagani che avevano Dei e Semidei, sacerdoti dalle doti sovrannaturali ed Eroi divinizzati (come Ercole, per esempio), oltre a divinita’ familiari come i Lares o i Penati. Altro punto di contatto fra Cristianesimo e Paganesimo occidentale e’ la concezione dell’Aldila’: Tartaro, Erebo, Ade per gli antichi e Paradiso, Inferno e Purgatorio per i Cristiani.
Vedi dunque, Rossella, almeno a livello di pratiche cultuali e di miti, quante affinita’ ci legano al nostro passato remoto? Inoltre, fino al Rinascimento (compreso, dopo un po’ meno), anche chierici e prelati, Papi e curati, avevano una solida cultura classica, e cio’ e’ evidente dalla loro conoscenza e considerazione approfondita del mondo Classico, seppur pagano. Dipinti, sculture e poesie, trattati su filosofi precristiani, eccetera, sono, – insieme alla celebrazione della Metafisica e della liturgia, del Verbo Cattolico e della sacralita’ della Bibbia – le costanti che hanno reso grande e anche artisticamente ammirabile la Religione Monoteistica del nostro Paese. Non dimentichiamoci di questo, altrimenti rischieremmo di isolare eccessivamente il Cattolicesimo dalla sua reale, complessa, vicenda storica e morfologia.
Inoltre, saprai bene che testi come la Teogonia di Esiodo ed altre teogonie, contengono passi come questo, che testimoniano di una sostanziale apertura al possibile monoteismo di fondo da parte della cultura pagana:
”(…) Per primo fu Caos, e poi Gaia dall’ampio petto (…) e Tartaro nebbioso (…) poi Eros.”
Caos vuol dire ”vuoto”. E nel vuoto ci puo’ essere anche un Dio originario, credo. E qui concludo: l’apertura mentale dei Pagani a mio avviso fu cosa invidiabile e forse purtroppo irripetibile nella Storia dell’Occidente. A loro manco’ solo un Testo Sacro di base come la nostra Bibbia e questo e’ l’unico spartiacque certo fra Poli- e Monoteismo occidentale: il Cristianesimo, appunto in virtu’ della Bibbia, e’ definito ”religione rivelata”, essendo la Bibbia una Rivelazione per i Cristiani, il loro testo unico sul quale fondare l’intera confessione.
Ciao
Sergio

Postato sabato, 23 febbraio 2008 alle 21:44 da Sergio Sozi


La tua risposta è molto colta ed ho l’impressione che anche tu rifletta costantemente sull’odierna caotica situazione generale in fatto di dottrine, falsi insegnamenti, religioni e relative crisi.
Il discorso è davvero molto ampio e occorrerebbe conoscere molto (almeno per quanto mi riguarda) sulla storia delle religioni e comunque saperne di storia in genere, per cui in questa sede riconduco il discorso al tema del post, cioè la follia fra i cosiddetti “pensatori di oggi” e che cosa ha causato questo stato di disordine mentale con il relativo disagio esistenziale delle generazioni.
Per riassumere: abbiamo parlato del materialismo come determinismo economico come la causa principale di perdite spirituali, la conseguente idolatria, tu mi hai scritto la tua tesi sul monoteismo ed il politeismo ed i relativi collegamenti, Zauberei la posizione della psicoanalisi come cannocchiale sulla personalità. Va tutto bene quando le persone si muovono con competenza nel proprio campo, solo che a me pare che l’uomo moderno si sia un po’ dimenticato di quella che era la parte divina dell’uomo ed abbia dedicato troppo tempo al molteplice, a quello che può cambiare a distanza di poco tempo e che, proprio per questa mancanza di Uno, si sia imbarcato in sentieri dispersivi per il suo essere. Di questo comunque ne sono in parte responsabili sia le Chiese e le loro politiche guelfe ormai poco convincenti, sia tutti questi sottoboschi di pseudo-religioni o comunque di forfettaria sostituzione alle tradizioni cristiane. C’è anche, se mi permetti, una sorta di miscuglio di morali, ognuno sostiene la propria come forma di riferimento in relazione al prossimo,qualcuno in pubblico fa una cosa ed in privato l’esatto contrario, qualcuno addirittura preferisce la coca cola ed i blue jeans disinteressandosi completamente di logiche morali e proponendo, come nel caso della pop art, l’alienazione oggettuale e l’oggetto come forma di benessere. Qui a mio avviso il vuoto è particolarmente sentito.
Voglio fare una cosa: prendiamo la macchina del tempo e facciamo un salto nel 1500: ti va?
Frà Tommaso Campanella (1568- 1639) era un monaco pensatore filosofo letterato che ebbe una vita travagliata ma molto affascinante. Scrisse, oltre a molti altri interessantissimi libri, il Reminiscentur, dove chiama alcune legazioni di uomini al riconoscimento di Cristo come lume di razionalità naturale e dunque come lume soprannaturale. Operazione, questa, che mirava a quel tempo a far prendere coscienza, nel confronto, le quattro nazioni, cristiana, gentile, ebrea e musulmana, su 12 punti fondamentali di cui te ne elenco soltanto cinque per ovvi motivi
Titolo delle questioni: 1. Discussione contro gli atei: se Dio esiste. 2) Con i Gentili: se Dio sia Uno 3) Se la Trinità delle persone sia incompatibile con l’Unità, come pretendono le altre nazioni contro i Cristiani 4) Se Dio abbia cura di tutte le cose, essendo onnipotente, onnisciente e onnivalente 5)Se abbia cura speciale del genere umano, e se lo abbia visitato, etc. etc.
Lo trovo eccezionale! Campanella chiede la verità anche al papato, tant’è che scrive persino un trattato pro Galilei e pro Copernico sostenendone le ragioni con un lume raziocinante che, se noi moderni ne avessimo soltanto un quarto, non staremo neppure qui a postare.
Avrai sicuramente capito la dinamica del mio ragionamento che non è poi così lontana dalla tua.
Ciao. Scrivi ancora, dimmi che ne pensi.

Postato domenica, 24 febbraio 2008 alle 23:57 da Rossella


La tua risposta è molto colta ed ho l’impressione che anche tu rifletta costantemente sull’odierna caotica situazione generale in fatto di dottrine, falsi insegnamenti, religioni e relative crisi.
Il discorso è davvero molto ampio e occorrerebbe conoscere molto (almeno per quanto mi riguarda) sulla storia delle religioni e comunque saperne di storia in genere, per cui in questa sede riconduco il discorso al tema del post, cioè la follia fra i cosiddetti “pensatori di oggi” e che cosa ha causato questo stato di disordine mentale con il relativo disagio esistenziale delle generazioni.
Per riassumere: abbiamo parlato del materialismo come determinismo economico come la causa principale di perdite spirituali, la conseguente idolatria, tu mi hai scritto la tua tesi sul monoteismo ed il politeismo ed i relativi collegamenti, Zauberei la posizione della psicoanalisi come cannocchiale sulla personalità. Va tutto bene quando le persone si muovono con competenza nel proprio campo, solo che a me pare che l’uomo moderno si sia un po’ dimenticato di quella che era la parte divina dell’uomo ed abbia dedicato troppo tempo al molteplice, a quello che può cambiare a distanza di poco tempo e che, proprio per questa mancanza di Uno, si sia imbarcato in sentieri dispersivi per il suo essere. Di questo comunque ne sono in parte responsabili sia le Chiese e le loro politiche guelfe ormai poco convincenti, sia tutti questi sottoboschi di pseudo-religioni o comunque di forfettaria sostituzione alle tradizioni cristiane. C’è anche, se mi permetti, una sorta di miscuglio di morali, ognuno sostiene la propria come forma di riferimento in relazione al prossimo,qualcuno in pubblico fa una cosa ed in privato l’esatto contrario, qualcuno addirittura preferisce la coca cola ed i blue jeans disinteressandosi completamente di logiche morali e proponendo, come nel caso della pop art, l’alienazione oggettuale e l’oggetto come forma di benessere. Qui a mio avviso il vuoto è particolarmente sentito.
Voglio fare una cosa: prendiamo la macchina del tempo e facciamo un salto nel 1500: ti va?
Frà Tommaso Campanella (1568- 1639) era un monaco pensatore filosofo letterato che ebbe una vita travagliata ma molto affascinante. Scrisse, oltre a molti altri interessantissimi libri, il Reminiscentur, dove chiama alcune legazioni di uomini al riconoscimento di Cristo come lume di razionalità naturale e dunque come lume soprannaturale. Operazione, questa, che mirava a quel tempo a far prendere coscienza, nel confronto, le quattro nazioni, cristiana, gentile, ebrea e musulmana, su 12 punti fondamentali di cui te ne elenco soltanto cinque per ovvi motivi
Titolo delle questioni: 1. Discussione contro gli atei: se Dio esiste. 2) Con i Gentili: se Dio sia Uno 3) Se la Trinità delle persone sia incompatibile con l’Unità, come pretendono le altre nazioni contro i Cristiani 4) Se Dio abbia cura di tutte le cose, essendo onnipotente, onnisciente e onnivalente 5)Se abbia cura speciale del genere umano, e se lo abbia visitato, etc. etc.
Lo trovo eccezionale! Campanella chiede la verità anche al papato, tant’è che scrive persino un trattato pro Galilei e pro Copernico sostenendone le ragioni con un lume raziocinante che, se noi moderni ne avessimo soltanto un quarto, non staremo neppure qui a postare.
Avrai sicuramente capito la dinamica del mio ragionamento che non è poi così lontana dalla tua.
Scrivi ancora, dimmi che ne pensi.

Postato domenica, 24 febbraio 2008 alle 23:59 da Rossella


Bene, benissimo, cara Rossella: il discorso prosegue – a strattoni ma comunque con robusta spina dorsale – sulla strada per me giusta e migliore: quella tendente a chiarirci le idee su questa pazzesca Italia del 2008 (perche’ altrove la gente non e’ mica sconclusionata come nel Belpaese, te lo dico vivendo in Slovenia da otto anni e avendo in precedenza vissuto in Germania e Inghilterra).
Dunque abbiamo limitato il campo: l’Italia del 2008. L’oggi.
Hic et nunc, allora, vediamo una cosa con gli stessi occhi: l’oblio italiano per la morale, ovvero per quanto derivi da quella che tu ottimamente definisci ”La parte divina dell’uomo”.
Perche’ questo sfacelo? Perche’ ce ne accorgiamo oggi? E prima com’era la nostra condizione morale – prima, intendo, solo anche venti trenta anni fa – ?
Le cause sono, a mio avviso, molteplici ma in fondo semplici (ma la semplicita’ e’ la cosa piu’ ”difficile” che esista, lo sappiamo entrambi).
Appena avro’ un po’ di tempo (in questi giorni sto lavorando ad un articolo di giornale e devo leggere dei romanzi per stenderlo come si deve) affrontero’ la questione con, spero, sufficiente esaustivita’ (io non sono relativista).
Per adesso ti ringrazio e i scuso per la telegraficita’ del commento, augurandoti la Buonanotte (l’autore della ”Citta’ del sole” e’ un grande: appena posso vado a ripassarlo).
A demain
Sergio

Postato lunedì, 25 febbraio 2008 alle 02:58 da Sergio Sozi


@ Sergio Sozi
Non è solo un problema della solita italietta dai cattivi costumi. La letteratura della follia scrive pagine di storia ( 20 30 anni ?) dove non è possibile non citare l’America sul primo piatto della bilancia e sul secondo il vecchio continente, le rivoluzioni sociali, le religioni, gli oceani non hanno diviso, spesso hanno unito! Eccome se hanno unito!
A presto

Postato giovedì, 28 febbraio 2008 alle 22:02 da Rossella


Rossella,
mi sei oscura: cosa vuoi dire? Che stati Uniti ed Europa sono la stessa cosa? Che l’Italia, la Slovenia e la Gran Bretagna sono uguali? Se intendi questo ti invito ad andare a vivere per almeno qualche mese all’estero, vedresti le differenze profonde tra l’immoralita’ italiana e la moralita’ degli ”altri”, almeno quelli europei. Non parlo per sentito dire. Mai. Negli altri Paesi europei la gente e’ moralmente piu’ salda di noi. Credimi. Ci metto la mano sul fuoco. La dispersione e la frammentazione, l’inimicizia e la cretineria malvagia che trovo in Italia – purtroppo: parlo da patriota – non l’ho mai incontrata altrove in Europa. Gli USA non saprei, non ci sono mai stato e li considero un ”immenso Paesello” da quattro soldi, con qualche eccezione. La scoppiata moralita’ statunitense mi disgusta quanto la palese immoralita’ italiana.

Postato giovedì, 28 febbraio 2008 alle 22:50 da Sergio Sozi


Egregio Sergio,
hai appositamente spostato i termini del tema “letteratura della follia” sulla politica italiana, cercando di creare i presupposti di un certo ragionamento: se nel politichese, consentimi, la mancanza di logiche morali sono solo un aspetto (per niente marginale) delle assurdità di chi pretende di governare, in altri settori la stessa mancanza di logica morale diventa il baratro dei vuoti esistenziali.
Il politico, il manager, chiunque ricopre posti di potere, di guida e soprattutto di alte posizioni spirituali, non può non possedere le qualità morali necessarie alla rappresentazione del ruolo che ricopre, in quanto è l’alto vertice di riferimento della piramide che sostiene. Altrimenti di cosa vogliamo parlare?
In questo senso la logica della morale (che si riferisce alla condotta individuale) possiede un carattere squisitamente pratico: se San Tommaso Campanella secoli fa portò avanti questo concetto accendendo la luce sull’autocoscienza riferita a Cristo come celeste medicina per il raziocinio dell’uomo, noi moderni, almeno, dovremo chiarire a noi stessi il concetto di libertà che fino ad aggi abbiamo perseguito.
Per farlo ci tocca capire se il valore della libertà non ha solo un valore teorico e se contiene i germi di quella verità – già nota all’intelletto – che per ottenere un valore pratico ha bisogno di affermazioni di carattere morale: se la libera scelta segue il presupposto trascendente la teoria della logica morale diventa pratica ed i risultati saranno ovvi. Per dirla con ulteriore semplicità: il valore di maggiore libertà si avrà quanto minore sarà stata l’indifferenza in cui l’uomo si è trovato.
Se la parola libertà non contiene questo senso, la direzione sarà opposta, s’interesserà del molteplice, degli oggetti in gran quantità e non mirerà all’unità come principio di autocoscienza.
Insomma se al tempo di oggi c’è follia e vuoto di senso la causa deriva anche da quel che ho cercato di spiegare. Mi auguro non invano.
L’America è interessante per molti aspetti e non la colpevolizzo come l’unica fautrice dei mali del mondo: anche la vecchia Europa l’ha scimmiottata dove ne vedeva le convenienze, l’identità culturale non è facile sostenere nella sua autenticità. Ciao.

Postato domenica, 2 marzo 2008 alle 23:41 da Rossella


Rossella e Sergio: bravi a parlare di massimi sistemi!
Vero è che la distinzione netta tra paganesimo e cristianesimo è sbagliata anche storicamente. Il cristianesimo si innesta su una base solida e ramificata di credenze e culti con cui fa i conti, convive, e che riesce a mediare, assorbire, o da cui si fa influenzare.
Il vero danno di oggi è l’ateismo materialista e consumista. Magari fossimo pagani! Ci pensate avere la poesia e il senso religioso della vita di un Virgilio? Sospirare per amore come Catullo e Ovidio?
Non abbiamo neanche capito che qui il problema non è più Europa America Asiarabia… è quella pallina blu spersa nel cosmo, è sempre quel muscolo rosso che ci batte nella cassa toracica.
Oggi il nostro sprezzo verso ciò che è buono vero e bello – cose che per me coincidono – è terribile. Ciò che mi spoetizza è il modo in cui è vista oggi la bontà. Minchioneria al cubo. Padre Pio diceva che se ognuno di noi facesse il suo dovere – a casa, nelle professioni – anche questa terra d’esilio sarebbe un Paradiso. Ma è più comodo inquinare, non pagare le tasse, non guadagnarsi lo stipendio, giocare a fotticompagno… guai antichi? Sfogo quaresimale… la primavera, come la Pasqua, tardano ad arrivare. Tutta la creazione geme e soffre le doglie del parto… ed è sempre più folle. Notte notte…

Postato lunedì, 3 marzo 2008 alle 00:48 da Maria Lucia Riccioli


Maria Lucia stiamo focalizzando proprio questo: la libertà è verità laddove è bontà, il valore teoretico diventa pratico. Se non c’è questo passaggio con l’introduzione nello spirito umano di uno spessore morale, la sterilità demagogica di chi aveva predicato bene e nei fatti ha dato scandalo, non ha funzionato e non funzionerà mai.
Ora siccome me ne frego anche di certi padri pii da circo orfei, preferisco la coerenza di colui che non solo opera una distinzione nelle funzioni, ma anche nelle categorie. Tanto per mettere le cose al loro posto con tanto di qualità morali e far felici un pò tutti.
Se di materialismo ateo vogliamo parlare possiamo iniziare a capire questo: il soggetto che si oppone all’oggetto ha innanzi a sè l’oggetto e non ha sè stesso. Il soggetto che non vede altro che l’oggetto non arriva alla pienezza dell’autocoscienza, quindi fa anche di sè un oggetto. Senza l’unità, che è proprietà dell’autocoscienza, non avremo neppure il conoscere come valore assoluto. L’unificazione di conoscere e volere, verità e bene, logica e moralità, rivendica la spiritualità legata sia all’immanentismo che al trascendente, ma la prospettiva deve essere rinascimentale, con tanto di punto di fuga al quale si ricongiungono tutte le parti del quadro. Il termine paganesimo come sistema religioso offre una denominazione comprensiva per tutte le correnti politeistiche dell’antichità, in antitesi al Cristianesimo che le vinse e le annullò, distinguendo il molteplice a condizione di unificarlo. Quindi, se mi permetti, è andato avanti rispetto a quel he c’era prima e rispetto a quel che c’è oggi.
* * *
A questo punto prendi le nuove generazioni e dimmi quali sono i loro punti di riferimento e se questi punti di riferimento hanno una loro logica morale alla quale poter credere.
Grazie per avermi ascoltata. Ciao

Postato lunedì, 3 marzo 2008 alle 14:55 da Rossella


@ Ancora Maria Lucia Riccioli
…volevo dirti che è la giustizia che tarda ad arrivare. E con lei la verità.
Per esempio tutto il mondo crede che Picasso sia stato un grande artista. Il più grande artista del novecento. Tutto il mondo è caduto nella menzogna che Picasso ha propagato rispetto alla qualità della sua arte.
“Per scatenarsi, il demoniaco di Picasso non ha bisogno del cenno divino; si sviluppa all’interno del corpo sociale, dello sconcerto delle sue funzioni, della stupida disumanità della sua condotta – Carlo Giulio Argan
Ma la domanda è se questo bisogno di provocare un azione violenta sullo spettatore, il bisogno di scandalo che ebbe Picasso fosse stato veramente dettato dall’esigenza di dare una scossa morale oppure fu soltato la scoperta di un linguaggio moderno in accordo col suo tempo e con le teorie dell’inconscio collettivo e dei suoi simboli formali. Un tutore del molteplice.
“Storicamente è l’atteggiamento di un anima bella: il desiderio di un compenso al materialismo e all’utilitarismo sempre più aspri nella vita pratica, cui ci si abbandona, e cui non si vuol porre od accettare alcun limite, sia pure di umana pietà” (C. G. Argan)
Nei fatti artistici mise le fondamenta dell’illogico.
Ciao

Postato lunedì, 3 marzo 2008 alle 22:37 da Rossella


Oh, no, Rossella, non credere che non abbia voluto risponderti!
Presa da mille altre cose e dai post sempre più incalzanti del nostro Massimerrimo non avrei potuto dare una risposta esauriente ai tuoi quesiti né tantomeno degna delle alte sfere a cui tu e Sergio siete assurti…
:-)

Sono reduce da un collegio docenti che mi avvilisce ogni riunione di più. Ci dicono di snellire i contenuti, di ricercare tutte le strategie per motivare aiutare trascinare anche i più recalcitranti, di promuovere “per non svilire la nostra immagine sul territorio”…
Non si capisce più che i ragazzi devono avere regole certe, assumersi responsabilità, non pretendere crediti formativi, il condono dei debiti, l’esame di riparazione che è il manto della carità.
Presidi e docenti devono salvare i posti e la pagnotta, questa è l’amara verità.
Le anime belle – io non lo sono, mi piacerebbe essere una bella anima – si sentono svilite e cercano nell’arte la compensazione a questa frustrazione continua e crescente. Vorrei però che la mia arte fosse di più, una ricerca di verità prima di tutto su se stessa e poi sul mondo e i massimi sistemi. Sì, io credo ancora che la bellezza salverà il mondo, credo nella bellezza come verità e umanità, pietas e contemplazione, compassione e comprensione. Altrimenti è uno sterile gioco verbale, un formalismo vuoto e alienato.
Perdona l’attesa e comunque non ritenere troppo coerenti le frasi precedenti! Con stima,
Maria Lucia

Postato venerdì, 7 marzo 2008 alle 23:20 da Maria Lucia Riccioli


A Maria Lucia e Rossella,
scusatemi entrambe se in questi giorni non posso – per motivi pratici: sto scrivendo – continuare il colloquio. Lo faro’ ben presto. Intanto pero’ continuate pure a discutere e a ragionare; appena potro’ dire cose sensate mi rifaro’ vivo qui. Qui, certo. Luogo che mi e’ caro e che spero vi portera’ a soffermarvi anche pazientando un po’!
Ciaobbelle
Sergio
P.S.
Maria Lucia:
io la scuola di oggi non la sopporto piu’: questi confusi affaristi che mi hanno ”diretto” per diversi anni non li voglio vedere piu’. Non li reggo. Mi sono antitetici. Io lavoro per cio’ in cui credo fuori da quel circo, per dare spinte esterne al ”crico” stesso acche’ ridivenga serio. Perche’ oramai l’abbiamo capito: o si torna ad esser seri, e lo Stato torna ad esser Stato sul serio, o la morte, la fine del centro naturale della cultura italiana. Tu tieni duro, Maria Lucia… ossia fregatene dei burocrati-politici-economisti che hai sopra come dei corvi. E vai avanti sul nostro terreno: la Patria e la sua Cultura. Questo ora e per sempre. Per il bene dei ragazzi e nostro.
Sergio

Postato sabato, 8 marzo 2008 alle 00:08 da Sergio Sozi


[...] su su “ascolta l’incipit”). Il libro affronta diversi temi. C’è il tema della follia, di cui abbiamo discusso altre volte. C’è il tema della precarietà degli equilibri [...]

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 07:33 da Kataweb.it - Blog - LETTERATITUDINE di Massimo Maugeri » Blog Archive » L’INDECENZA di Elvira Seminara: una moglie, un marito, una colf straniera


Quana passione per l’intersecazione tra letteratura, arte e follia! Tanti commenti. Ora non ho tempo,sono le 4 del mattino, ma vis criverò anch’io. Intanto sto cominciano a costruire un blog sul disagio mentale, visto che ho una figlia con tale problema. Non, non scappate come tutti!
Adesso vive la sua piccola vita benino, le piace qualcosina, è intelligente espiritosa, ben recupeata. Ma dopo di me?. E’ questo il tema che si affronta nel mio blog: http://www.dopodinoi.wordpress.com. Datemi una mano

Postato mercoledì, 10 settembre 2008 alle 03:13 da Gloria gaetano


Perchè èscomparso il mio commento. Perchè non sarà pubblicato. E’ tutto corretto. gloriapoetry@yahoo.it. Blog: http://www.dopodinoi.wordpress.com
Vi avevo chiesto di darmi una mano per il dopodime, con il disagio mentale. Che succede. Anche voi avete paura del vostro rimosso?

Postato mercoledì, 10 settembre 2008 alle 03:17 da Gloria gaetano


Non è stato preso in considerazione. e’ scomparso un’altra volta. Grazie

Postato mercoledì, 10 settembre 2008 alle 03:18 da Gloria gaetano


Cara Gloria,
benvenuta su Letteratitudine! E buona giornata.
Ti faccio tanti in bocca al lupo per tua figlia e per il tuo blog.
I tuoi commenti sono qui sopra. Cos’è che è stato rimosso? Ho cercato nell’antispam e non ho trovato nulla.

Postato mercoledì, 10 settembre 2008 alle 08:45 da Massimo Maugeri


[...] meccanismo è semplice e non l’ho certo inventato io: un paio d’anni fa sul blog Letteratitudine si è parlato, per esempio, di letteratura della follia. Ma io vorrei ampliare gli orizzonti. [...]

Postato mercoledì, 21 luglio 2010 alle 23:31 da Il gioco dei libri » Mente e psiche - Blog - L'espresso


Buongiorno. Posso segnalare un articolo che ho scritto sul legame tra Follia e Sacro?
http://librini.wordpress.com/2012/01/25/follia-e-sacro/

Postato lunedì, 6 febbraio 2012 alle 11:48 da Serena


Sei la benvenuta, cara Serena. Grazie per il tuo link.

Postato lunedì, 6 febbraio 2012 alle 21:47 da Massimo Maugeri



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