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giovedì, 14 luglio 2016

STRAWINSKI di Alfredo Casella

letteratura-e-musicaNell’ambito del forum di Letteratitudine dedicato a “LETTERATURA E MUSICA“, ci occupiamo del volume “Strawinski”, di Alfredo Casella (Castelvecchi).

* * *

Recensione di Claudio Morandini

coperitna di StrawinskiStiamo assistendo a una sorta di renaissance di Casella: prima riscoperto come compositore, attraverso registrazioni di opere anche poco note e l’inserimento in cartellone (l’ultimo caso è “La donna serpente” riproposta dal Teatro Regio di Torino nella stagione 2015-16); poi, più recentemente, come infaticabile animatore culturale e scrittore di carattere. Abbiamo parlato qualche settimana fa della sua autobiografia “I segreti della giara” riproposta da Il Saggiatore; oggi ci dedicheremo a una ristampa altrettanto recente, lo “Strawinski” (sic) a cura di Benedetta Saglietti e Giangiorgio Satragni, con prefazione di Quirino Principe.
Che tra Igor Stravinskij e Casella fosse nata un’amicizia, sia pure non nutrita dalla frequentazione, è chiaro a chiunque legga “I segreti”; basterebbe ripercorrere il calendario delle esecuzioni con cui Casella ha ostinatamente e amorevolmente fatto conoscere al pubblico italiano sin dagli anni venti le opere del compositore russo (in particolare, ma non solo, il “Sacre” e “Les noces”, di ardua direzione per quei tempi) per rendersi conto della forte sintonia che l’italiano sentiva per le opere e il percorso stilistico e anche umano del compositore russo. Questa sintonia viene enfatizzata, anche a rischio di qualche forzatura, nel saggio su Stravinskij: questi è presentato come campione più autorevole di una modernità che parte dalle scuole nazionali, anzi in un certo modo le influenza, ma sa svincolarsene presto, e si emancipa da ogni debito nei confronti del passato ripercorrendolo liberamente alla ricerca di puri valori musicali; soprattutto, lo “Strawinski” secondo Casella è colui che sa coniugare la ricerca senza abbandonare la tonalità (a differenza di Schönberg, che da Casella è sempre stato studiato con grande interesse ma mai amato). (continua…)

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lunedì, 5 ottobre 2015

ALBERTO SPADOLINI

In collegamento con il forum di Letteratitudine dedicato a “LETTERATURA E MUSICA“, ci occupiamo del volume “Alberto Spadolinidi Ignazio Gori (Castelvecchi, 2015), con un’intervista all’autore a cura di Claudio Morandini.

***

“Alberto Spadolini” di Ignazio Gori – Castelvecchi, 2015

Conversazione con l’autore a cura di Claudio Morandini

Chi era Alberto Spadolini e perché ci siamo dimenticati di lui? Ignazio Gori, nel ritratto del “Danzatore, pittore, agente segreto” Alberto Spadolini (Castelvecchi, 2015), risponde a queste domande scegliendo la via del resoconto amabile e scrupoloso – in cui però, sottilmente, la reinvenzione letteraria ha una parte preponderante.
Sin da adolescente Alberto Spadolini (nato nel 1907) ha ammaliato pittori, scultori, artisti, ai quali è apparso come un’epitome di bellezza maschile; il suo mondo, tra l’Italia e la Francia con diramazioni negli Stati Uniti e altrove, era frequentato da nomi come Bragaglia, D’Annunzio, de Chirico, Bontempelli, Cocteau, Joséphine Baker, Picasso, Marlene Dietrich, Maurice Chevalier e molti altri. Nessuno di loro si è mostrato indifferente al fascino (artistico e umano) di questo personaggio: eppure, nonostante la vastità dei suoi interessi e l’impressione che suscitò ai suoi tempi, Spadolini è stato rimosso dalla memoria collettiva e ridotto a culto di una ridotta nicchia.
Gori evidenzia bene il vorace amore di Spadolini per la vita, l’entusiasmo mai disgiunto dalla ricerca della perfezione. Ne fa un personaggio complesso e sfuggente nella sua complessità, non contraddittorio ma articolato, mai caricaturale, nemmeno nei momenti in cui l’eccesso o l’improvvisazione sembrano togliergli spessore trasformandolo in un semplice corpo perfetto.
Che l’interesse per questa figura eclettica ed eccentrica sia frutto di passione autentica è chiaro sin dalla Premessa, in cui Ignazio Gori confida la scoperta della «bellezza» e dell’«eleganza» di Spadolini attraverso la visione di un’antica foto di Dora Maar, Uomo nudo con sfera in mano. Questa confidenza mi ha ricordato quell’altro romanzo biografico, anch’esso sottile gioco di invenzione e documentazione, che è il Riefenstahl di Lilian Auzas, in Italia pubblicato nel 2013 da Elliot.
Talvolta, nella ricostruzione d’epoca, Gori si concede qualche pennellata stilistica d’antan: ed ecco che la partenza del giovane Spadolini viene descritta con queste parole: «si sente libero di sciogliersi i calzari materni, di riempirsi il petto di giovane sparviero e d’involarsi lontano dalla sua dolce Ancona». In altri punti, l’ispirazione dell’autore, nella descrizione di pose e movenze di personaggi, sembra essere certo cinema muto dei primi decenni, ancora teatrale: così è nelle scene delle visite da D’Annunzio, o (e qui il riferimento al cinema muto è esplicitato) nella partenza alla stazione dopo la chiusura degli Indipendenti di Bragaglia, o nelle numerose altre scene di interni – quelle in cui Spadolini, con la sua bellezza e prestanza, seduce qualcuno magari senza volerlo.
Insomma, c’è materia sufficiente per una conversazione con l’autore Ignazio Gori. (continua…)

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mercoledì, 23 dicembre 2009

RECENSIONI INCROCIATE n. 10: Alessandro Cascio, Sergio Sozi

recensioni-incrociate.jpgQuesta nuova puntata de Le recensioni incrociate di Letteratitudine, trae origine da quest’altra che vedeva come protagonisti dell’incrocio Enrico Gregori e Francesco (Didò) Di Domenico. In quell’occasione promisi a Sergio Sozi e ad Alessandro Cascio un incrocio letterario (che avrà modo di svilupparsi – appunto - in questo post).
Devo dire che sono particolarmente lieto di questa combinazione, perché credo che Sergio Sozi e Alessandro Cascio siano molto diversi come approccio alla scrittura e come modo di scrivere. Ma quando le differenze diventano occasione di sano confronto – così come sarà nell’ambito di questa discussione -non possono che contribuire a una crescita comune.
I libri oggetto dell’incrocio sono “Menu” di Sergio Sozi (edito da Castelvecchi) e “Touch and splat” di Alessandro Cascio (edito da Historica).
Nemmeno a farlo apposta sembra che un libro faccia “il verso” all’altro (e viceversa). Se dal libro di Sozi emerge una sorta di condanna contro l’imbastardimento anglofono della lingua italiana (“parliamo una neolingua conosciuta come angloitalo“), il libro di Cascio risponde con un titolo in inglese (“Touch and splat“).
Colgo subito l’occasione, dunque, per introdurre i temi di discussione che vi propongo parallelamente a quello sui due libri.
Ecco le domande del post…

La lingua italiana rischia davvero di essere imbastardita dall’inserimento di termini provenienti da altre lingue?

Fino a che punto questa sorta di commistione può essere considerata contaminazione in senso negativo?

Qual è il discrimine e – soprattutto – chi (e come) dovrebbe decidere il limite entro cui tale commistione è arricchimento e normale evoluzione (superato il quale diventa, invece, svilimento della lingua)?

Certo, vedere la propria lingua perdere identità potrebbe generare anche rabbia…

E a proposito di rabbia (riferendomi al libro di Cascio) passiamo all’altro tema del post. E domando…

La società in cui viviamo è particolarmente rabbiosa? Più rabbiosa di quelle del passato?

Quale potrebbe essere un “giusto” antidoto contro la rabbia dilagante?

Seguono le recensioni incrociate di Alessandro e Sergio… più ulteriori recensioni dei due libri firmate da Salvo Zappulla (sul libro di Sozi) e Sacha Naspini (sul libro di Cascio).
Massimo Maugeri

(continua…)

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martedì, 26 maggio 2009

MONTEVERDE di Gianfranco Franchi

Di Gianfranco Franchi avevamo già avuto modo di parlarne qui, in merito ai volumi “L’inadempienza” e “Pagano“.
Torniamo a incontrare questo giovane intellettuale romano, nato a Trieste, classe 1978, creatore e gestore del popolare Lankelot, nonché scrittore e consulente editoriale di varie case editrici.
L’occasione ce la fornisce l’uscita del suo nuovo lavoro letterario: Monteverde, edito da Castelvecchi.

Trovo che la nota al libro sia molto intrigante. Ve la riporto di seguito: “Nella schiera degli antieroi che solo la migliore letteratura sa regalarci, ecco il protagonista di Monteverde, trentenne laureato e precario sempre in cerca di lavoro, e di volta in volta arbitro, giornalista-magazziniere, inseritore notturno, tirocinante, addetto allo sportello. Un nostalgico che seppellisce il suo vecchio palmare sotto la pianta di rosmarino, tifoso accanito della Magica, spirito rock, collezionista di mug. Un esule, un italiano, un letterato che rivendica orgogliosamente il suo ruolo. Uno a cui ogni tanto appare all’improvviso un cane, per strada, con un occhio più chiaro dell’altro. Ma chi è davvero Guido, che percorre avanti e indietro la sua isola, Monteverde, sulle tracce di Pasolini, e che fa strani incontri al cimitero, tra le tombe di Keats e Gramsci? Un duro o un romantico? Un asociale? Uno che si innamora? Ascoltalo: è tutto ciò che non ha patria e si ribella, e sembra non voler morire mai”.

Monteverde inizia con queste frasi:
Sono una foglia che pesa ottanta chili. Sogno refoli di vento.
Sono una batteria che si sta ricaricando. Voglio ricaricare in pace, senza sbalzi di corrente. Sono un navigatore senza programma, non so orientarmi con le stelle. Sono lo stipite stanco di una vecchia porta. Sono un contratto firmato in bianco, sono una lettera senza mittente. Sono una tela d’acqua su una cornice di carta, un telecomando che non spegne niente; se mi punto sul cielo m’accendo, funziono. Sono un orologio che batte secondi sulle tempie della sua cassa. Sono un pallone bucato.
Sono una sigaretta che non si spegne, fuma soltanto.
Sono queste mani che dovresti mutilare.

Guido Orsini è l’alter ego di Gianfranco Franchi. Un personaggio che ci fornisce alcune indicazioni sulla condizione di alcuni giovani intellettuali italiani.

Ho chiesto ad Andrea Di Consoli e a Barbara Gozzi di dire la loro su questo libro, e vorrei discuterne con voi insieme all’autore (che parteciperà al dibattito). E poi vorrei interrogarmi (e interrogarvi) sulla figura e sul ruolo dei giovani intellettuali oggi in Italia.

Così mi domando (e vi domando)…

Qual è la condizione dei giovani intellettuali oggi in Italia? Quale il ruolo?

Gli intellettuali trentenni di oggi, in cosa si differenziano da quelli di venti, trenta, quarant’anni fa? In cosa si assomigliano? I loro sogni sono uguali o sono cambiati?

Inoltre ho chiesto a Gianfranco di mettermi a disposizione uno dei bellissimi racconti di Monteverde. Ho scelto Catafalco (potete leggerlo in coda al post), per un motivo ben preciso. È un racconto che affronta il tema della morte dal punto di vista dei bambini. Un racconto che mi ha fatto tornare indietro nel tempo. Che mi ha fatto domandare: quand’è stata la prima volta che ho preso consapevolezza della morte?
Giro la stessa domanda a voi. E aggiungo quest’altra.
Secondo voi, è giusto parlare della morte ai bambini? E in che termini?

Ne approfitto per sottolineare che, oltre che con Monteverde, Gianfranco Franchi è in libreria con: “Radiohead. A Kid. Testi commentati” (Arcana).

Di seguito, le recensioni di Andrea Di Consoli e Barbara Gozzi.

Massimo Maugeri
(continua…)

Pubblicato in LETTERATURA DEI LUOGHI, SEGNALAZIONI E RECENSIONI   221 commenti »

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